Lianne La Havas, vicina alle grandi del R’n’B anni 90 e a Prince
Da poco è uscito lo stupendo terzo album in studio della londinese Lianne La Havas. Ne abbiamo parlato con lei, dopo una performance intima e toccante
Figlia di una giamaicana e di un greco appassionato di musica, un’eleganza innata nel portamento e una voce sublime nel panorama r’n’b anglosassone. Lianne La Havas è incredibilmente poco conosciuta in Italia, ma vero oggetto di culto in UK, voluta – ancor debuttante – da Bon Iver in tour e apprezzatissima da Prince che addirittura suonò nel suo appartamento. Ha aspettato ben 5 anni per dare vita al suo terzo album che ha chiamato semplicemente Lianne la Havas (Warner Music), tanto per dimostrare che quella che sentite suonare è una schietta e autentica autrice che s’ispira – convincendoci al primo ascolto – alle grandi voci del genere degli anni ’90.
Noi di Billboard abbiamo avuto il piacere di ammirare il suo concerto in streaming dove si è presentata (quasi) da sola e ci ha offerto un taglio diverso delle sue nuove canzoni che sul disco eccellono anche per ricchezza nella produzione.
Hai dichiarato di aver nutrito la tua creatività ispirandoti alla natura e ai suoi cambiamenti. Mi pare anche un’attitudine perfetta, pensando al periodo storico che stiamo vivendo. Come si è fatta avanti questa idea?
Penso che ogni atto artistico è sempre connesso con la natura. Nel mio caso ho guardato con attenzione alla metamorfosi stagionale della natura intorno all’area in cui vivo, mentre erano in corso degli importanti cambiamenti nella mia vita privata e mentre davo vita a questo album. E ho trovato linfa ispirativa anche disegnando fiori.
Ho piacevolmente assistito al tuo concerto in streaming che hai tenuto a metà luglio nello storico The Roundhouse di Londra. All’inizio della tua performance ho percepito un leggero senso di tensione.
Oh, è stata un’esperienza nuova ed emozionante che ricorderò per sempre. Penso che a un certo punto mi sono abituata a suonare senza pubblico…
C’eri tu e la tua chitarra. Mi ha colpito il palco scarno, illuminato solo da alcune lampadine e poi un giradischi, un divano pieno di fiori e bene in evidenza una foto in bianco e nero. Chi era?
Il motivo per il quale mi sono esibita da sola con la mia chitarra è che ho cercato la semplicità e un modo diverso di presentare le mie canzoni. Alla fine l’impianto scenico mi è piaciuto così tanto che vorrei anche casa mia sistemata cosi (ride, ndr). Quella accanto a me è la foto di mia nonna. Era il mio “tocco” personalissimo e il mio porta fortuna.
A un certo punto accanto a te è comparsa una corista davvero cool, non la conoscevo. Bravissima.
Sì si tratta di Frida, è la mia favolosa backing vocalist nella band! Nell’intervallo del concerto ho messo sul giradischi la sua musica, la sua band si chiama Native Dancer.
Venendo al tuo terzo album in studio mi ha sorpreso con quanta grande qualità tu sia riuscita a recuperare una certa sensibilità femminile R’n’B anni ’90. Parlo di artiste come Jill Scott, India Arie e Lauryn Hill.
Questo è il complimento migliore che tu mi potessi porgere! Amo queste tre artiste sin da quando ero bambina. E sono onorata di essere accostata a loro in una conversazione, significa molto per me, perché non solo apprezzo il loro modo di cantare ma anche la sincerità che hanno sempre espresso tramite la loro musica.
Tu hai collaborato con Bon Iver, quando lo hai conosciuto?
Era il 2011 e ci conoscemmo durante lo show TV Later With Jools Holland (programma UK di culto condotto dall’ottimo pianista ed ex Squeeze, Jooz Holland, ndr) e pensa che era la mia prima apparizione in TV in assoluto. La cosa buffa è stata che appena è finito lo show, Bon Iver si è avvicinato a me e mi ha chiesto di accompagnarlo nel suo tour.
So che hai una passione per Joni Mitchell, quale fase della sua vita artistica ami di più? Quella folk della prima parte della sua carriera o quella venata di jazz e funk della fine anni ’70 inizio ’80?
Per me è una delle più grandi artiste viventi. Amo il suo periodo folk e tutto quello che ha fatto nei Settanta. Lei è così libera e sembra che abbia fatto tutto senza sforzo, incredibile!
Bittersweet è nata dopo la fine di una storia d’amore, giusto?
Sì, è nata dopo che avevo capito che avevo bisogno di fare grandi cambiamenti nella mia vita per sentirmi felice e libera.
Mi colpisce quel suono vagamente tropicalista di Sour Flower, com’è nata questa canzone?
Ha questa metrica irregolare in 5/4 e volevo che sembrasse una traccia suonata dal vivo con la mia band, all’inizio abbiamo anche utilizzato il canto di alcuni uccelli, che rendeva Sour Flower molto fresca, come la primavera, periodo in cui è stato scritto il brano.
Tu sei metà giamaicana e greca, musicalmente possiamo sentire le radici giamaicane ma musicalmente ti porti dentro anche una sensibilità mediterranea?
Sì, forse questa mia attrazione per i cambiamenti delle stagioni… e anche per alcuni inusuali tempi musicali che vado a cercare?
Per concludere, non posso esimermi dal chiederti un tuo ricordo di Prince.
Prince era un caro amico e un grande sostenitore del mio lavoro. Mi incoraggiava sempre a fare ciò che volevo fare musicalmente ed essere sempre autentica. Era il più grande di tutti i tempi e la sua eredità rimarrà per sempre.