LP: «Il successo può distruggerti, per me è solo essere ascoltata»
La vulcanica cantautrice americana ha appena pubblicato il singolo One Last Time, che anticipa un nuovo album che dovrebbe uscire quest’anno. L’abbiamo raggiunta telefonicamente durante un suo soggiorno messicano
«Di solito quando faccio interviste con l’Italia e dico che non parlo italiano mi rispondono: “Ma come?”». Un equivoco in parte giustificato, visto il nome all’anagrafe che più italiano non si può: Laura Pergolizzi. Barriere linguistiche a parte, nelle conversazioni LP è un fiume in piena di parole e di entusiasmo. La raggiungiamo telefonicamente mentre – beata lei – si trova in vacanza in Messico. L’occasione trae spunto dall’uscita del suo nuovo singolo, One Last Time, canzone di struggimento sentimentale e di ricordo nostalgico di una relazione finita, caratterizzata dal suo inconfondibile timbro vocale e da un piglio vagamente più folk che in passato (ma sempre con un approccio molto ballabile). Inevitabile, poi, allargare lo sguardo su tanti temi: il nuovo album in arrivo, TikTok, l’idea di successo, le identità LGBT+, il nuovo corso della politica americana.
La chitarra acustica è sempre stata presente nella tua musica, ma One Last Time ha un piglio più marcatamente folk. È così che l’hai intesa quando l’hai registrata?
Sì, io e Mike (Del Rio, produttore, ndr) eravamo in tour, la sua band apriva i miei live. Alex, il mio chitarrista, si trovava a Cipro per uno show acustico. Così ci siamo incontrati in Grecia e siamo rimasti lì insieme per una settimana. Mike aveva con sé un mandolino e lì abbiamo scritto il ritornello. Ci sembrava che avesse una bella vitalità, con un sound al contempo vecchio e nuovo. Abbiamo scritto le strofe qualche mese dopo, quando ci trovavamo a San José del Cabo in Messico, dopodiché abbiamo finito tutto a Los Angeles. È stato un processo articolato, mentre di solito scrivo la maggior parte delle mie canzoni in un giorno o due.
Il singolo farà parte del tuo nuovo album che dovrebbe uscire quest’anno. Cosa ci puoi anticipare?
Ci saranno molte più canzoni, una decina in più del solito. E saranno molto variegate. Per cui spero che dia alle persone qualcosa da ascoltare per un bel po’! Penso che sarebbe un ottimo album anche se il mondo non si fosse fermato, ma d’altra parte presenta aspetti che non ci sarebbero mai stati se non fossi stata a casa tutto il tempo. Ho scritto un sacco di canzoni l’anno scorso, cosa che del resto faccio sempre ma in questo caso abbiamo molto più tempo per rifinire tutto, proprio come nel caso di One Last Time.
L’anno scorso sei stata fra i primi artisti internazionali a sperimentare con i concerti in livestream. Qual è il tuo bilancio sull’esperienza?
Non è stato semplice, da un certo punto di vista sembrava di fare delle prove. Nella performance c’è comunque un elemento di recitazione, per cui ho cercato di portarlo nel livestream, immaginando di stare davanti a un pubblico caloroso.
Hai cominciato di recente a sperimentare TikTok. Come ti trovi sulla piattaforma?
Non sono ancora sicura di capire in che modo qualcosa diventi virale o meno su TikTok, ma è sempre interessante quando provi a spingerti in nuovi territori. È divertente, è un nuovo paradigma di espressione e ci trovi persone di ogni età. Soprattutto oggi, in tempi di pandemia.
Non tutti sanno che come LP fai musica dai primi anni Duemila, anche se hai avuto la tua prima hit qualche anno fa con Lost on You. È una questione di perseveranza? Era un obiettivo a cui puntavi?
Sai, continuavo a ottenere contratti discografici con etichette importanti, di quelli che ti danno subito anticipi consistenti, che magari non vanno come speravi però poi si evolvono in accordi editoriali e allora scrivi per altri artisti e così via. Le mie canzoni arrivavano un po’ dappertutto (ha scritto brani per Cher, Rihanna, Backstreet Boys, Céline Dion, Christina Aguilera, fra gli altri, ndr). Per cui, come molti songwriter, non ero necessariamente famosa o ricca, ma mi consideravo comunque fortunata, anche prima di Lost on You.
Il songwriting è una delle mie più grandi passioni e guadagnarmi da vivere con quel mestiere già mi rendeva felice. Viviamo in un mondo ossessionato dalla fama, per cui se non sei noto non sei nessuno, soprattutto nello spettacolo. Ma uno dei miei mentori è Billy Steinberg, che nessuno conosce ma ha scritto pezzi come True Colors e Like a Virgin. È stato un modello molto affascinante per me.
Quindi come definiresti il successo, a livello sia musicale che personale?
È la sensazione di avercela fatta. Non voglio paragonarmi a nessuno, ma per me il fatto di scrivere e cantare canzoni per le persone che le vogliono ascoltare è un dono. Molte persone si lasciano distruggere dall’idea di successo, perché niente gli basta mai. Ma per me è continuare a fare quello che mi piace.
Parlando dell’uso dell’espressione “artista LGBT” da parte della stampa, in un’intervista hai detto: “C’è grande diversità fra le persone ed etichettando qualcuno solo tramite il suo orientamento sessuale è come dire che ciò è l’unica cosa che quella persona ha da offrire”. Cosa suggeriresti a noi giornalisti per avere una comunicazione più equilibrata su questo aspetto?
È difficile a dirsi. Non voglio suonare ipocrita, ma c’è anche bisogno di un po’ di categorizzazione per aiutare la gente a capire meglio la questione. Non so quando potremo abbandonare quell’etichetta. Mi rendo conto che spesso è usata con sincero rispetto. Non mi dà fastidio, vorrei soltanto che non fosse l’unica cosa da dire. È solo una caratteristica, come l’avere occhi azzurri. Io spero che arrivi prima la mia musica che la mia identità. Lo vedo che spesso alcuni notano solo quello, del tipo: “Wow, guarda che lesbicona”. Bravi, avete riconosciuto una lesbica, che perspicacia! Non dico di nasconderlo, certo, ma senz’altro non rispecchia la mia totalità come persona.
LP, in passato sei stata molto critica nei confronti di Donald Trump. Cosa ti aspetti dalla nuova presidenza e dal nuovo clima politico negli Stati Uniti?
Prima di tutto un nuovo senso della decenza. Un minimo di decoro. E combinarlo con la diversità: non dovrebbe essere prerogativa solo dei bianchi sopra una certa soglia di reddito, per esempio. Ci sono diversi movimenti che puntano a ciò, preoccupati soprattutto sulle tematiche dell’uguaglianza e del clima. Il nostro presidente di prima era la persona più divisiva che ci fosse. Adesso si ha la sensazione di essere tornati alla normalità. In un certo senso, Trump ci ha reso un buon servizio nel farci capire quali sono tutte le schifezze che bisogna migliorare.