Mahmood fa i conti con se stesso in “Inuyasha”. Nel bene e nel male
Il nuovo brano di Mahmood non ci farà ballare, ma rinsalda il legame con il pubblico a caccia di emozioni e delle debolezze d’artista
Sgombriamo il campo. Mahmood non è un one hit wonder, e questo lo abbiamo capito da tempo. Dai pezzi di bravura firmati nei ritornelli del rap italiano – Doppio Whisky su tutti – a successi come Dorado, passando per la Milano cantata in Gioventù Bruciata, il cantante meneghino ha dato più volte prova di avere la stoffa da prima voce dell’urban italiano al di là del singolo exploit.
I clap di Soldi non lo hanno frastornato; semmai, gli hanno dato la possibilità di portare il talento su palchi più grandi. Nonostante la maggior parte del pubblico generalista non abbia speso troppo tempo ad interrogarsi sull’autentico significato della hit, grazie a quello che Mahmood e il suo team hanno ricamato attorno al trionfo sanremese è emerso comunque un capitale artistico e umano che vale la pena preservare.
C’è una voce, capace di aprirsi importanti finestre sul mercato – anche quello in lingua spagnola, che lo apprezza da tempo. C’è uno stile, che ben si presta a sperimentare i tagli musicali alla moda che stanno facendo grande l’urban europeo. Chi in Italia più azzeccato di lui in questo momento per un feat con Rosalía?
Ma c’è anche una formula testuale “da musica italiana” sui generis che lo rende accattivante a chi conosce poco il mondo del rap, con cui Mahmood mantiene comunque un legame indissolubile. Va dunque sottolineato lo sforzo lirico di far convivere in maniera orecchiabile i propri vissuti con riferimenti a diverse culture e sottoculture pop e street che vivacizzano il tutto in maniera unica. E non si tratta solo di lessico.
Inuyasha, il brano uscito oggi, ne è la riprova. La quote al manga (che molti ricordano per la versione anime) apre al pezzo la strada verso un mondo di appassionati vastissimo, che ha fomentato vari urban artist internazionali a includere nel proprio immaginario la creatività giapponese (pensiamo a Lil Uzi Vert).
L’apertura rivolta verso il proprio pubblico di aficionados è all’insegna della condivisione. Se volessimo inquadrare questa release, ci troveremmo senz’altro più vicini a Rapide che a Soldi. Non perché nel pezzo del Festival mancassero i vissuti personali, ma perché il catchy costa massicci spostamenti di attenzione verso altri passaggi ed elementi.
Rapide è forse il brano che meglio esprime il valore e il potenziale di Mahmood. Ci restituisce tutta la sensibilità del ragazzo e dell’artista in una forma accattivante che non diluisce il contenuto. Dire qualcosa in un pezzo che funziona non è facile. Inuyasha sembra seguire la stessa strada.
Forse non darà vita a coreografie virali, e magari non raggiungerà l’orecchio di nostra nonna. Ma dal ritornello ai cambi di beat, dalla chitarra alla voce, ci sono tutte le carte in regola per invogliare migliaia di ascoltatori a rifugiarsi nel suo ascolto. Per lasciarsi emozionare, ma anche per scoprire qualcosa in più su Mahmood, che ci ha messo dentro anche il suo peggio, le ombre, i fantasmi, il male di cui è stato capace. Lo fa da tempo, ed è per questo che non sarà mai solo “quello di Soldi“, ma un polo in dialogo (e in confessione) con un altro.
Mahmood e Dardust hanno insistito ancor di più su questo aspetto, e a ragion veduta. È inutile negarlo, ce lo diceva Piotta qualche giorno fa. Quando l’artista si mostra debole, lo sentiamo più vicino. La perfezione non abita la nostra pelle.