Gli Psicologi si riprendono il futuro della loro generazione. L’intervista
Dall’importanza degli amici al rapporto con la Chiesa, nel nuovo album di Drast e Lil Kaneki c’è davvero tutto
A Napoli si dice “tutto a posto e niente in ordine”. Ed è anche quello che si potrebbe dire di Trauma, il nuovo album degli Psicologi, prodotto da Bomba Dischi, in uscita venerdì, 29 aprile.
Nel nuovo progetto di Drast e Lil Kaneki c’è tutto. Dalla voglia di libertà al desiderio di rivalsa, dal superare i due anni della pandemia più o meno indenni all’affrontare i propri demoni, reali o astratti che siano. Gli Psicologi cantano anche quella sana e giusta voglia di mandare affanculo tutti. Di riprendere in mano il proprio futuro e guardare alle cose davvero importanti della vita, senza paura.
Ecco cosa ci hanno raccontato Drast e Lil Kaneki su Trauma, dall’importanza degli amici, fulcro del progetto, fino al rapporto con la Chiesa e ad alcuni brani che sembrano allegri, ma forse non lo sono poi così tanto.
Siete in un posto che vi sta a cuore nella cover dell’album?
Drast: In realtà no, ci avrebbe fatto piacere, ma eravamo davvero troppi. Poi i nostri amici sono sia di Napoli che di Roma, quindi per farlo in un posto che ci sta a cuore avremmo dovuto mobilitare troppe persone. Sicuramente è una giornata che ci sta a cuore, questa è la cosa importante.
Avete catturato un attimo bello. E i vostri amici sono protagonisti anche del corto che avete pubblicato su Instagram, dove sono riusciti a toccare tutte le tematiche che affrontate in Trauma.
Kaneki: Sai, è figo perché non c’era la pretesa di tirare fuori determinati argomenti, hanno fatto tutto da soli. Questo vuol dire che il pensiero è collettivo. A differenza della cover, tutti i video sono girati in luoghi che a noi e soprattutto a loro stanno a cuore.
Quando c’eravamo sentiti per Fiori Morti avevamo parlato della direzione che avrebbe preso l’album. Dopo Millennium Bug siete tornati con un progetto meno arrabbiato, ma i testi continuano ad essere pesanti.
D: Sì, siamo contenti che questa cosa venga fuori. Non abbiamo una linea guida per fare i nostri dischi, ma volevamo mettere insieme le canzoni con un filo logico. Trauma è meno una “playlist” rispetto a Millennium Bug. Il nostro debutto comprendeva canzoni scritte negli anni e poi arrivato il covid nel momento clou di creazione. Qui invece siamo riusciti a lavorare come volevamo.
Uno dei vostri amici nel corto, parlando di andare a vivere da solo, dice: “Da solo sì, ma non completamente”. Dopo la pandemia abbiamo un po’ il terrore di rimanere completamente da soli. Ci si vuole allontanare dal “nido”, ma mai da soli.
K: Più che allontanarsi dalla famiglia, credo che si vogliano vivere delle esperienze diverse, iniziando un nuovo capitolo per responsabilizzarsi, per dire.
D: Anche noi abbiamo dei coinquilini. Io quando lui non c’è e torno a casa e vado a dormire, mentre quando c’è faccio le 4, giocando alla PlayStation e facendomi le canne (ride, ndr.).
Drast: «Abbassare le aspettative è una soluzione palliativa»
In Pagine dite: “Abbassare le aspettative sperando che farlo renda tutto migliore”.
D: È importante parlare di questo tema, molto ricorrente in tutte le persone della nostra generazione. Sai, se hai aspettative alte la vita ti delude sempre, c’è poco da discutere. E come quando non vuoi fare serata e ti diverti e quando invece parti tutto gasato è una merda. Io tendo ad andare sempre di più nei posti che non mi piacciono per questa teoria (ride, ndr.)
Ma non è strano? Cioè, non dovrebbe essere il contrario? Siamo ancora al punto per cui dobbiamo continuare a tenere le aspettative basse?
D: Sì è una soluzione palliativa, finché non troveremo una nuova consapevolezza.
K: Sinceramente penso che neanche questa sia una soluzione. Forse dovremmo riflettere sul fatto che l’amor proprio è la cosa più giusta. Le persone vogliono che abbassiamo le nostre aspettative e molti lo fanno, rimanendo in silenzio, e questo sicuramente non è ciò che vogliamo.
D: È una frase al passo con i tempi. Il concetto è lo stesso di riflettere sulla propria vita, capendo se ci si vuole rinchiudere da soli in prigioni mentali, che sfociano in una sorta di filosofia disinformata, oppure andare a bere con gli amici, non pensarci e abituarti a non farlo. Dopo un periodo riflessivo come quello che abbiamo passato direi che è una frase emblematica, che riassume tutta la situazione.
Come dicevate, è un po’ quello che qualcuno ci ha imposto di fare, abbassare le aspettative per provare a stare meglio.
D: Sì, prendiamo ad esempio i concerti. Se avessimo avuto delle aspettative reali, alla terza volta che ci dicevano “ricominciate a suonare” ci saremmo dovuti uccidere.
Dalle positive vibes ai testi pesanti di Trauma: la visione degli Psicologi
Settimana scorsa Blanco ha cantato per il Papa. Un momento suggestivo e sicuramente non scontato. Una sorta di apertura verso i giovani dal punto di vista della Chiesa. Questo punto viene toccato anche nel vostro corto. Un vostro amico dice che molti si professano atei e scoprono poi con il tempo che non è così.
D: Sai, credo sia un modo per spegnere una sorta di interruttore e avere un’altra cosa in meno a cui pensare. Noi abbiamo visto l’esibizione di Blanco, e preso atto di quello che dicono i nostri amici, noi non l’avremmo fatto, perché è un mondo che non ci appartiene. Però davvero, bella per chi ha voglia di avere a che fare con quell’universo lì.
Parlerei di due brani in cui esce il vostro lato più “spensierato”, Umore e Colore.
K: Colore è figlio delle influenze del mondo dance napoletano e del fatto che il gruppo dei miei amici, sempre per tornare alla trama di questo disco, è diviso tra chi balla la techno e chi invece la disco. Volevamo esplorare questo mondo, perché ci fa prendere bene, lavorando insieme a Golden Years, che quest’estate sarà con noi in tour.
D: Umore invece sono pure positive vibes. Insomma, una canzone tranquilla e felice, che ci è sembrato giusto inserire per rispettare il momento di felicità in cui l’abbiamo creata. Volevamo immortalare l’istante. Poi, il testo in realtà è abbastanza pesante, e quindi speriamo che chi l’ascolti pensi: “Se si sono presi bene con un testo così, c’è speranza”.
I testi di Trauma sono molto consapevoli. Quello di Medicine in particolare, soprattutto nell’intro: “Il mio Paese crede più negli angeli e nei farmaci che nelle persone”.
D: Volevamo sottolineare come si preferisca credere a delle cose astratte, più che a quelle concrete. Il punto è: non redimersi. C’è una protesta importante e speriamo che arrivi il messaggio, chi deve capire capirà…
Invece 1312 ho scoperto che significa ACAB. Com’è nata questa traccia?
D: Vuole essere un semplice racconto di un venerdì sera nelle rispettive città. Il titolo fa riferimento a qualcosa che accomuna Napoli e Roma, ovvero la vita dei ragazzi nel centro storico by night. 1312 lo si legge su tutte le pareti ed è ormai diventato il credo comune dei ragazzi, perché siamo arrivati a doverci difendere dai difensori.
“In bilico in un bilocale senza ossigeno, non vorrei stare qui, da un po’ non mi sento libero”. Questa frase, da Libero, rimarca ancora la dualità di cui parlavamo all’inizio, tra il desiderio di libertà e la solitudine opprimente.
D: Quello di libertà è un concetto estremamente labile, e il punto è proprio questo. Libero parla di irrequietezza, dell’eterno bisogno di avere sempre qualcosa in più rispetto a quello che hai già. Il focus è proprio questo: voler scappare da qualcosa, sapendo che poi vorrai scappare anche da ciò che verrà dopo.