Rock

Any Other ci racconta “stillness, stop: you have a right to remember”: il track by track

Adele Altro pubblica oggi il suo terzo lavoro discografico, il primo elaborato e prodotto insieme a Marco Giudici

Autore Billboard IT
  • Il26 Gennaio 2024
Any Other ci racconta “stillness, stop: you have a right to remember”: il track by track

Any Other, foto di Ludovica De Santis

Adele Altro, come il suo cognome, è tante cose: una ragazza di Porta Venezia, un’anima internazionale e una cantautrice dalla penna tagliente come la sua voce. stillness, stop: you have a right to remember è il suo terzo album come Any Other, un disco pensato ed elaborato nei minimi dettagli, che arriva a sei anni di distanza dal precedente Two, Geography.

Prodotto e arrangiato con Marco Giudici, l’album stillness, stop: you have a right to remember ci regala un quadro introspettivo di Any Other. Nonostante il titolo faccia riferimento al meccanismo della negazione mentale con cui spesso si cercano di superare i traumi, non si tratta di un’opera cupa. Lo si percepisce fin dal piano sbarazzino della prima traccia Stillness, stop che ricorda vagamente l’ultima Aldous Harding, quella dello stupendo Warm Chris.

La malinconia fa capolino insieme agli archi qua e là, come nel primo singolo estratto Awful Thread. Any Other con l’album stillness, stop: you have a right to remember affronta se stessa e intraprende un percorso di autoaffermazione che ovviamente passa dai ricordi, anche quelli più dolorosi con cui, prima o poi, arriva il momento di scendere a patti.

Any Other Stillness album
La cover di stillness, stop: you have a right to remember

Any Other, il track by track di stillness, stop: you have a right to remember

Stillness, Stop: È un pezzo che ho scritto durante la pandemia, ero davvero stanca, triste e affaticata. Non potevo suonare, non capivo chi fossi e sentivo un forte bisogno di rottura emotiva rispetto a dov’ero in quel momento. Mi sembrava che, sia il mondo esteriore, sia il mio mondo interiore, fossero a un punto di stallo. Volevo ripartire.

Zoe’s Seed: È un pezzo nato nel 2015, avevo litigato con la mia migliore amica per via del suo ragazzo di allora ed ero molto triste. Non ci siamo parlate per un anno. Mi sentivo tradita e arrabbiata, ma ero decisamente troppo orgogliosa per scriverle. Allo stesso tempo mi mancava tantissimo. Infatti, ho sempre voluto far passare un senso di “delicatezza” per far capire quanta tenerezza e affetto ci fosse comunque da parte mia. Alla fine ci siamo ravvicinate di nuovo e non ci siamo più perse.

Awful Thread: Questo è stato il pezzo più difficile di tutti da chiudere. La “sfida” è stata trovare un buon equilibrio tra strumenti acustici e layer di elettronica. Detto così può sembrare molto banale, ma era importante riuscire a farlo rispettando l’anima introversa di questo pezzo. Abbiamo fatto una cosa come tre versioni complete di questa canzone, ma alla fine ce l’abbiamo fatta. Il testo è rivolto ai miei genitori.

If I Don’t Care: Questo è il pezzo più “scassone” del disco e, di fatto, parla di come ho dovuto imparare a gestire la rabbia e a lasciar andare (anche fregandomene) di tante cose che mi fanno appunto arrabbiare. Non è sempre facile e, di sicuro, non riesco ancora a farlo in automatico, ma continuo a lavorarci su. Volevo che un tema così “caldo” avesse anche molta leggerezza e secondo me siamo riusciti a comunicarla.

Second Thought: All’inizio era un pezzo con un arpeggio di chitarra acustica e voce, ma poi è stato stravolto ed è diventato un canone a più voci, divise in tre sezioni: registro alto (Arianna Pasini e Cecilia Grandi), registro medio (Lorenzo Urciullo, Marco Giudici), registro basso (Jacopo Lietti, Andrea Poggio). Il testo parla di quella sensazione un po’ angosciante e claustrofobica per cui inizi a provare una certa repulsione per cose che fino a quel momento hai sempre voluto o creduto di volere. Dal punto di vista della strumentale, la reference (se così si può chiamare) era il tema di Fairy Fountain da The Legend of Zelda: A Link To The Past.

Need of Affirmation: Come da titolo, parla del mio bisogno di auto affermazione. Nella prima parte, in quanto persona non binaria nella cornice di una relazione con un uomo eterosessuale, e nella seconda rispetto al “mondo” in generale. Anche questo pezzo, un po’ come If I Don’t Care, riprende in qualche modo il mood del primo disco, (infatti la seconda parte era stata abbozzata sempre nel 2015), con un suono indie rock e un lungo assolo alla fine.

Extra Episode: È un pezzo che parla di crescita, di voler lasciar andare alcuni pezzi ma di volerne recuperare degli altri. In qualche modo chiude il cerchio che si era aperto con Stillness, Stop. Infatti nel testo dico “let go eventually / just know that you have / a right to remember the good and bad”. Volevo che dal punto di vista del suono rimanesse acustico e intimo, ma che fosse anche forte e deciso. Un po’ come prendere con fermezza una decisione tra sé e sé.

Indistinct Chatter: Questo pezzo vuole un po’ sciogliere la tensione e un po’ lasciare le cose in sospeso, aperte, con uno sguardo verso il futuro. Indistinct Chatter è il chiacchiericcio di fondo. (Si legge spesso nei sottotitoli di film e serie per indicare delle conversazioni poco importanti, appunto di sottofondo). Allo stesso tempo volevo che ci fosse una sorta di malinconia per un senso di perdita, ma senza volerlo dare del tutto a vedere.

Anche qui avevo due riferimenti. Uno è stato ビンクスの酒 (Binks’ Sake), un pezzo cantato dai pirati dell’anime One Piece, autocelebrativo e triste allo stesso tempo. Il secondo è il tema di Lavandonia dai primi Pokémon Rosso e Blu, che al contrario di Indistinct Chatter è super creepy. Volevo recuperare un mimino di sensazione grottesca. Gak Sato ha aggiunto i sintetizzatori al pezzo, che gli hanno dato questa spinta di fondo in più. Secondo me hanno reso il tutto molto più tridimensionale.

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