Charlie Watts: 12 canzoni dove il batterista dei Rolling Stones ha dato il meglio
Dalle registrazioni in studio alle versioni dal vivo, ecco alcuni dei momenti migliori di Charlie Watts dietro la batteria dei Rolling Stones
La scomparsa di Charlie Watts nella giornata di ieri, 24 agosto, ha davvero lasciato il mondo della musica senza parole. Il batterista dei Rolling Stones ci ha lasciati all’età di 80 anni in seguito a un’operazione d’urgenza subita al cuore. Per la sua band era una roccia, una figura fondamentale alla quale affidarsi e sulla quale si sosteneva tutta la musica degli Stones.
Una “sala macchine”, così come spesso lo definiva Keith Richards, con un savoir faire da jazzista e una brillante e sottile intelligenza. L’artista resterà senza dubbio nell’Olimpo dei drummer del rock al fianco di tanti altri prestigiosi colleghi.
Nonostante la presenza di una miriade di momenti nel catalogo dei Rolling Stones, tra registrazioni e musica dal vivo, che dimostrano quanto Charlie Watts sia stato vitale per la band, Billboard US ha selezionato dodici fra canzoni e momenti migliori, in ordine cronologico, per ricordare il batterista scomparso.
Get Off My Cloud (1965)
Questo prototipo di garage rock psichedelico – il secondo successo numero 1 degli Stones nella Billboard Hot 100 – è ricco di alcuni dei migliori giri di batteria di Charlie Watts, che guidano la struttura degli accordi. Dovremmo tornare indietro nel tempo per controllare, ma l’air drumming ha iniziato a diventare qualcosa anche grazie a questa traccia.
19th Nervous Breakdown (1966)
Per fortuna, nulla è andato a rotoli – sarebbe successo nelle mani del batterista sbagliato – per il seguito di Get Off My Cloud degli Stones. La velocità della canzone rende le cose complicate e Watts usa un’oscillazione perfetta per la sua andatura che non lo fa affatto sembrare rigido.
Paint It, Black (1966)
La crescente infatuazione di Brian Jones per i ritmi e gli strumenti orientali ha portato alcuni nuovi e graditi sapori nel mix degli Stones, e Watts è stato all’altezza dell’occasione in questa frenetica sfida.
Jumpin’ Jack Flash (1968)
Qui c’è tantissima dinamica, dall’apertura squillante, alle strofe e ai ritornelli carichi, per poi tornare al luccichio trippy della pausa. Charlie Watts alterna forza muscolare e accenti delicati e dettagliati per dare alla canzone una varietà di dimensioni sonore.
Stray Cat Blues (1968)
I testi lussuriosi della canzone potrebbero distogliere l’attenzione dalla spinta cruciale che Charlie Watts dà al brano. Tiene il tempo riempiendo i punti giusti e ci sono tutti i presupposti per costruire un grattacielo, altro che una canzone. Esiste una versione leggermente più slegata e libera sull’album live degli anni ’70 Get Yer Ya-Ya’s Out.
Sympahty For The Devil (1968)
Più cose accadono in una traccia, più apprezziamo la solida affidabilità di Watts. Qui si infila in una samba poliritmica, circondato da altri strumenti a percussione (Watts stesso suona il campanaccio) e una dinamica complicata. Charlie Watts incorpora subito elementi del Sud America e dell’Africa, cantando lui stesso alcuni dei “woo-woo” che accompagnano la voce di Mick Jagger.
Honky Tonk Women (1969)
Il lavoro di un maestro in poco più di tre minuti. Qui, l’arrangiamento degli Stones lascia molto spazio e Watts lo suona dritto ma con autorità, calciando la strofa nel ritornello con forza e tenendo testa al campanaccio onnipresente del produttore Jimmy Miller.
Live With Me (1969)
Fate attenzione a questa: c’è una parte della canzone, che esce dal primo ritornello, in cui Watts passa dal ritmo del doppio tempo a quattro battute di groove standard, poi torna a quello che stava facendo prima e rende tutto molto più difficile. Una parentesi musicale intelligente, ma cruciale, dell’album Let It Bleed.
Gimme Shelter (1969)
La tempesta è in arrivo e Watts incanala l’atmosfera oscura e inquietante di questa traccia di Let It Bleed con i suoi minacciosi colpi di rullante e gli accenti di tom. Le chitarre scendono a cascata intorno alla traccia, ma lui mantiene la rotta per tutto il tempo, come fa in numerose pubblicazioni dal vivo durante la carriera della band.
I Got The Blues (1971)
Questo è solo uno degli esempi in cui ci rendiamo conto di quanto Watts faccia bene il suo lavoro: è qui che appone moderazione discreta, dove la maggior parte dei batteristi avrebbe ritenuto, erroneamente, che fosse necessario di più.
Tumbling Dice – Live (1977)
Il produttore Jimmy Miller ha suonato la batteria nella coda della versione Exile on Main St., arrivato nei primi dieci posti della Hot 100 come primo singolo dell’album. Ma Charlie Watts è il protagonista assoluto su Love You Live del 1977 e, naturalmente, di tutte le esibizioni in cui Tumbling Dice è stato un punto fermo dal 1972. L’originale è fantastico, ma le versioni live lo rendono ancora migliore.
When The Whip Comes Down (1978)
Se i toni disco di Miss You hanno scioccato gli ascoltatori su Some Girls, When the Whip Comes Down ha assicurato di nuovo a tutti che gli Stones stavano ancora facendo rock, più forte che mai. Watts guida magistralmente questa gemma punk, che suona ancora meglio nelle riprese dal vivo (Sucking in the Seventies e Live Licks) di quando è uscita dallo studio.