Rock

L’ululato della chitarra di Jimi Hendrix a 50 anni dalla morte

Il leggendario chitarrista lasciava questo mondo il 18 settembre 1970. Solo fisicamente, perché la sua straordinaria eredità artistica è ancora oggi incontrastata

Autore Federico Durante
  • Il18 Settembre 2020
L’ululato della chitarra di Jimi Hendrix a 50 anni dalla morte

Foto di David Redfern / Getty Images

Il 18 settembre 1970, cinquant’anni fa esatti, il corpo senza vita di James Marshall Hendrix (meglio noto come Jimi Hendrix) veniva ritrovato nell’appartamento del Samarkand Hotel di Londra che aveva preso in affitto dopo l’esibizione al Festival dell’Isola di Wight. Un’asfissia causata da un’overdose di barbiturici strappò a questo mondo uno dei chitarristi elettrici più geniali della sua generazione, per non dire di tutti i tempi. Aveva 27 anni e appena quattro di carriera discografica alle spalle, che però gli bastarono per passare come un tornado nel panorama musicale del suo tempo, e non solo.

In occasione del mezzo secolo dalla prematura scomparsa, abbiamo voluto riscoprire la potente creatività di Hendrix valorizzando le tante “anime” che convivevano nel suo spirito artistico. La musica di Jimi Hendrix infatti non è un monolite ma un crocevia in cui confluivano quasi tutte le tendenze musicali degli anni ‘60. Dipanando la matassa vi si può leggere in filigrana la grande ricettività di Hendrix nei confronti di proposte musicali di cui si trovò ad essere talvolta interprete e talvolta pioniere, sempre con una vena personalissima.

Ecco allora cinque “percorsi ragionati” che individuano altrettanti filoni del catalogo di Jimi Hendrix nei tre album realizzati con la Experience (Are You Experienced?, Axis: Bold As Love, Electric Ladyland). Tutte le immagini di questo articolo sono tratte dal libro Jimi Hendrix. Suoni e visioni di Ernesto Assante (ed. White Star), il quale ha compilato per noi un ritratto che potrete leggere sul numero di ottobre del magazine.

Jimi Hendrix
© King Collection / Photoshot / Getty Images

1. Reinventing the blues

Selected tracks: Manic Depression, Fire, Hey Joe, Stone Free, You Got Me Floatin’, Crosstown Traffic, Come On (Let the Good Times Roll), Still Raining, Still Dreaming

Punto di partenza e pietra angolare di tutta l’architettura musicale di Jimi Hendrix era il blues elettrico, da cui proveniva la gran parte del fraseggio, delle tecniche chitarristiche, del suono, oltre che delle idee melodiche e armoniche. La sua sensibilità musicale era profondamente radicata nel genere, che si esprimeva in lui non solo attraverso precise ricostruzioni del sound classico (come nel caso dell’ottima Red House) ma anche – come del resto era ampiamente diffuso nella seconda metà degli anni ’60 su entrambe le sponde dell’Atlantico – con una decostruzione e un riassemblaggio più o meno ardito degli elementi fondamentali di quella “grammatica” musicale. L’uso estensivo della scala pentatonica minore si ibridava allora con i linguaggi e i suoni di una contemporaneità ormai prossima all’esplosione del Flower Power.

2. Psychedelic soul

Selected tracks: Love or Confusion, May This Be Love, Are You Experienced?, Castles Made of Sand, Have You Ever Been (To Electric Ladyland)

L’altra grande vena espressiva di Jimi Hendrix era appunto quella legata a quel tipo di sensibilità musicale della seconda metà degli anni ’60 che va genericamente sotto il nome di psichedelia. Raramente lui viene ricordato come uno dei pilastri di quel sound, forse perché il mito del “chitarrista più grande della storia” tende a mettere in ombra tutte le altre sfumature di senso. Tuttavia la chitarra di Hendrix espresse alcune fra le più stupende invenzioni psichedeliche, complici anche idee di produzione e tecniche di mixaggio allora di moda come il panning e i celebri assoli “reversed”. Ma anche spogliati dei loro trucchetti da studio di registrazione, questi brani veicolano una qualità melodica che comunica dritto all’anima delle persone.

3. Proto-heavy

Selected tracks: Foxy Lady, Purple Haze, Spanish Castle Magic, Little Miss Lover, Voodoo Child (Slight Return)

Non c’è chitarrista solista dagli anni ’70 in poi che non citi Jimi Hendrix come fonte di ispirazione. In quanto chitarrista rock par excellence, Hendrix ha sempre esercitato un fortissimo ascendente su tutto il mondo del rock pesante a venire. Pur non essendoci traccia, nel suo repertorio, di pezzi che si possano sensatamente definire hard rock o heavy metal (si mantenne sempre nell’alveo del blues rock; la barricata sarà poi saltata da band come Deep Purple, Led Zeppelin, Black Sabbath), l’inclinazione “heavy” di Hendrix è chiarissima sin dall’incipit dell’album d’esordio. Foxy Lady, con il suo intro di feedback e un riff che farà scuola, ne è già la perfetta esemplificazione. Ma è con il granitico sound di Voodoo Child (Slight Return) che questo lato della sua musicalità darà il suo frutto più maturo.

4. Sixties pop

Selected tracks: Remember, Wait Until Tomorrow, She’s So Fine, One Rainy Wish, Little Miss Strange, Long Hot Summer Night

Nonostante il forte retaggio blues, Jimi Hendrix non era affatto insensibile al fascino delle proposte più in voga della pop music degli anni ’60. Lo testimoniano la profonda stima per Bob Dylan e le cover di pezzi come Wild Thing dei Troggs. E il catalogo hendrixiano – altra circostanza poco osservata – è costellato di pezzi che in alcuni casi non stonerebbero in una compilation di Mersey Beat. A volte tale filiazione è palese (come in She’s So Fine, scritta non a caso dal bassista Noel Redding, inglese), altre volte si basa su un più generico songwriting pop e “catchy” (come forse lo definiremmo oggi) che non disdegna le pose più “commerciali” e da classifica della musica anni ’60.

© David Redfern / Getty Images

5. Cosmic visions

Selected tracks: Third Stone from the Sun, If 6 Was 9, Voodoo Chile, Burning of the Midnight Lamp, 1983… (A Merman I Should Turn to Be), All Along the Watchtower

In alcuni casi l’afflato psichedelico di Jimi Hendrix, inizialmente nato sulla spinta delle tendenze di quegli anni, è talmente visionario che finisce per anticipare sonorità che nel decennio successivo sarebbero state chiamate “cosmiche”. Questo è un marchio sensibilmente pervasivo nell’ultimo lavoro con la Experience, Electric Ladyland, ma già presente nell’esordio Are You Experienced?. La “schizofrenica” Third Stone from the Sun, con i suoi repentini cambi di atmosfere e gli inquietanti ululati di feedback, è davvero un viaggio dei sensi in giro per il sistema solare, andata e ritorno.

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