“The New Abnormal”: gli Strokes dalla scena anni ‘00 all’auto-revival
Il 10 aprile torna con un nuovo album d’inediti la band che come poche altre ha segnato la scena del rock alternativo di inizio millennio. Ma dove vogliono andare Casablancas e soci?
Se n’è parlato parecchio nei mesi scorsi e l’aggettivo “atteso” in questo caso è di legittimo utilizzo. Il nuovo album degli Strokes, The New Abnormal (RCA / Sony Music) esce domani, venerdì 10 aprile. La band del carismatico Julian Casablancas non si è mai sciolta formalmente ma nel corso degli anni ’10 aveva rallentato di molto il proprio output artistico. Per questo il nuovo capitolo discografico ha tutto il sapore di un vero e proprio ritorno. Per meglio inquadrare la fisionomia di The New Abnormal, ripercorriamo allora le origini di una band a modo suo iconica e autenticamente rock and roll.
La scena “alternative” anni ‘00
Primi anni Duemila: letteralmente un altro mondo, anche per la musica. MTV è il medium musicale più seguito al mondo. L’hip hop non ha ancora conosciuto l’irraggiungibile esplosione commerciale a cui assistiamo oggi. La marea di Napster (con annessi derivati) ha lasciato dietro di sé una risacca che cambierà per sempre la pelle della fruizione musicale, che diventa sempre più digitale e quindi immateriale (all’epoca nessuno avrebbe scommesso un centesimo sulla rinascita del vinile).
È in questo contesto che fiorì l’ultima ampia, organica scena musicale di matrice rock and roll. Tuttavia, a differenza del passato, non si meritò un nome tutto suo – come punk, metal, grunge, crossover – ma solo un aggettivo: “alternative”, spesso contratto nella formula “alt-rock”. È un piccolo segnale dell’approssimarsi della scomparsa del rock dalle fasce alte delle classifiche, ma a quel tempo non ci si pensa.
Già, le classifiche: nei primi anni ‘00 è perfettamente normale che il disco di debutto di un gruppo alt-rock sfiori la Top 10 della Billboard 200, la chart americana degli album (tanto per fare un esempio, Highly Evolved dei semi-dimenticati The Vines si piazzò undicesimo). Oggi sarebbe una cosa quasi impensabile per un gruppo rock esordiente: solo un progetto altamente “revivalista” come quello proposto dai Greta Van Fleet è riuscito a raggiungere la terza posizione della medesima classifica.
New York City: The Strokes
La scena – come vuole la migliore tradizione del rock and roll – si differenzia al suo interno sugli assi cartesiani dello stile e della geografia. Facciamo una non esaustiva panoramica. Dalla Scozia i Franz Ferdinand, con un rock ballabile, che strizza l’occhio al dancefloor. Dal nord dell’Inghilterra gli Arctic Monkeys, con il loro garage rock dall’attitudine giovanilistica (perlomeno agli esordi). Da San Francisco i Black Rebel Motorcycle Club, con la loro vena dark. Da Londra i The Libertines, con la loro vena autodistruttiva. Dalla post-industriale Detroit il ruvido blues rock dei White Stripes.
New York City invece è dei The Strokes, che per certi aspetti rappresentano l’ideale baricentro fra i vari “poli” di cui sopra, e non a caso li ricordiamo oggi come uno dei gruppi più rappresentativi e influenti di quella scena. Il quintetto guidato dal tenebroso Julian Casablancas si dimostra abilissimo a ricollegarsi a quella tradizione “alternative” e decadente che a New York ha illustri antecedenti: Velvet Underground, Ramones.
Ma la posta in gioco non è una mera operazione di revival. I pezzi degli Strokes – che diventano presto inni generazionali: Last Nite, Someday, You Only Live Once – fanno bella mostra di alcune fra le soluzioni armoniche meno scontate di tutto il rock degli ultimi vent’anni. Un brano come Reptilia (dal secondo album Room on Fire, 2003) è una lezione di scrittura creativa di chitarra.
The New Abnormal: equilibrio fra conservazione ed evoluzione
Dopo qualche anno di rallentamento delle attività live e in studio (l’ultimo album, Comedown Machine, risaliva al 2013: sette anni fa) la band è tornata in grande stile. Nel mezzo di un grande “hype”, come si direbbe di questi tempi. Il nuovo album The New Abnormal vede finalmente la luce.
Una considerazione di massima: a un primo ascolto non è chiaro se Casablancas e soci preferiscano strizzare l’occhio alle cose vecchie (l’opening track The Adults Are Talking e la malinconica Why Are Sundays So Depressing ci catapultano come delle madeleine sonore a quei luminosi anni giovanili) oppure spingere verso il nuovo (per esempio con i falsetti di Eternal Summer e i synth retrò di At the Door e Brooklyn Bridge to Chorus, approcci mutuati dai tardi Arctic Monkeys). Come per il precedente Comedown Machine, gli Strokes hanno optato per un compromesso morbido fra la conservazione e l’evoluzione. Del resto, è ciò che la maggior parte dei fan si aspetta. Detto ciò, The New Abnormal è un disco fresco, scorrevole, che non delude le aspettative sul fatidico “ritorno”.
Inoltre, per gli amanti del vinile (se trovate il modo per farveli arrivare a casa), da febbraio sono disponibili le ristampe dei primi tre album: Is This It, Room on Fire e First Impressions of Earth.
A detta di molti, quest’anno (Covid-19 permettendo) dovremmo assistere a un massiccio ritorno della “guitar music” nel panorama mainstream: le reunion di My Chemical Romance e Rage Against The Machine, John Frusciante che ritorna nei Red Hot Chili Peppers, il nuovo album dei Pearl Jam. Ci mettiamo anche gli Strokes, certi che il loro piglio romantico e malinconico possa essere d’ispirazione per qualche ragazzino che da qualche parte sta inventando il rock di domani.