The Sonos Guide: Third Man Records, la creatura mutevole di Jack White
Definirla solo “etichetta” sarebbe tremendamente riduttivo. È invece un piccolo impero governato con acume, passione, dedizione e la giusta dose di (lucida) follia. Ispirati dalle magnifiche stazioni radiofoniche e dai programmi originali di Sonos che vantano host di prestigio come Thom Yorke ed Erykah Badu, ecco il nuovo approfondimento, sulla scia del programma “Third Man Public Address System”
Nato John Anthony Gillis, il quasi quarantasettenne Jack White è un personaggio davvero fuori dal comune che tante ne ha combinate e che tante altre certo ne combinerà. Di lui non si può negare il ruolo fondamentale nel rock del terzo millennio. Per i White Stripes, per l’audace e brillante carriera da solista. Per i Raconteurs e i Dead Weather. E ancora, per l’attività di talent scout e produttore, per le riflessioni sull’industria discografica. Nonché, naturalmente, per aver dato vita a quella Third Man Records che è ormai un piccolo impero.
La nascita di Third Man Records
L’etichetta è chiamata così in omaggio al film noir britannico diretto nel 1949 da Carol Reed. La sua storia cominciò a prendere corpo nel 2001 quando White ne registrò legalmente il nome, senza però avviare alcuna iniziativa concreta.
Lo si chiami presentimento o rito propiziatorio. Nel periodo in cui aveva appena curato (e inciso a casa sua) la raccolta di artisti vari Sympathetic Sound of Detroit pubblicata dalla Sympathy For The Record Industry e stava conquistando la notorietà internazionale grazie a White Blood Cells dei White Stripes, il musicista americano già sapeva – o almeno si augurava – che un giorno ci avrebbe fatto qualcosa di serio.
Quel giorno giunse nel 2009 con la costituzione di una società assieme all’amico d’infanzia Ben Swank (ex Soledad Brothers, una delle band dell’antologia) e al nipote Ben Blackwell (già alla batteria nei Dirtbombs e factotum della Cass Records).
L’idea originaria prevedeva la semplice ristampa degli LP dei White Stripes. Ma in un lampo il progetto si fece assai più ambizioso, con l’allestimento in quel di Nashville di una vasta struttura che include un negozio, un locale per concerti, un laboratorio fotografico e logicamente gli uffici della compagnia con relativo magazzino.
In seguito sarebbero arrivati uno studio di registrazione e una sorta di museo di curiosi apparecchi legati alla musica. E ancora dopo l’apertura di succursali a Detroit (2015) – arricchita nel 2017 di una fabbrica per il pressaggio di vinili – e Londra (2021). L’uso del termine “piccolo impero” non è, insomma, la solita esagerazione sensazionalistica.
Il primato del vinile
In questo 2022, il catalogo della Third Man ha superato i settecentocinquanta titoli in larga parte solo in vinile. I 45 giri sono ben più numerosi degli LP. Alcuni di questi ultimi, quelli di maggiore appeal per le masse, sono stati confezionati anche in CD. Ma da una label che parecchio prima della cosiddetta rinascita del formato analogico aveva scelto come motto “Your turntable’s not dead” non ci si poteva certo attendere qualcosa di diverso.
Peccato, però, che la politica aziendale preveda la commercializzazione di un numero folle di edizioni limitate (e limitatissime) di album e singoli in colori diversi. Articoli quasi sempre concepiti per la platea dei feticisti/collezionisti. E quindi destinati ad alimentare speculazioni che consolidano la triste teoria per la quale i dischi fisici sono ormai più gadget che strumenti di ascolto.
Presumibilmente, il fine era un po’ ludico e un po’ “promozionale” per il supporto allora considerato desueto. Ma oggi si può affermare che le cose siano sfuggite di mano e che la produzione della Third Man sia tanto frastagliata da lasciare spiazzati. Ci sono alcune decine di libri (tra i quali la biografia degli Stooges raccontata da Iggy Pop), la rivista Maggot Brain e mercanzie di ogni tipo. Molte di queste sono in giallo/nero come i colori sociali: abbigliamento, accessori, oggetti di uso comune, apparecchi per creare musica e per goderne.
Un catalogo vastissimo
La stessa sensazione di stordimento si avverte quando, nel consultare la sezione “Artists” del sito ufficiale, ci si trova davanti un elenco prossimo ai trecento nomi. Molti di essi sono presenti con un unico lavoro, ma non c’è affatto da stupirsene: al di là dei gruppi e dei solisti posti sotto contratto, alla fine non numerosissimi, all’etichetta sono lieti di sponsorizzare operazioni “one shot” come quelle degli LP dal vivo incisi nelle sedi di Nashville o Detroit (collana “Live”), dei 45 giri di musicisti di passaggio per Nashville prodotti per l’occasione da Jack White (la collana “Blue Series”) e degli altri singoli – la “Green Series” – con conversazioni tra l’ospite di turno e lo stesso White.
Aggiungiamo a ciò i dischi di comici, le compilation, le colonne sonore, le ristampe e gli album assemblati con reperti di archivio. L’ampiezza e l’eclettismo del quadro appariranno in modo ancor più evidente.
Orientarsi in questi meandri non è facile, ma la fatica sarà senza dubbio ripagata delle belle sorprese. Ad esempio, tra le decine e decine di “Live” ci si imbatte in performance – tutte catturate rigorosamente in analogico – di esponenti del miglior indie rock quali Parquet Courts, Broken Social Scene, Shins e Kills, di cantautori come Bill Callahan e Father John Misty, dei profeti del garage/grunge Mudhoney, dei punkettari Hives, dei più tradizionalisti Alabama Shakes e Drive-By Truckers. Ma anche di un autentico monumento del rock’n’roll dei ’50 quale Jerry Lee Lewis e addirittura di una stella del moderno pop come Billie Eilish.
Il logo della Third Man su un proprio disco è dunque un motivo di vanto dovuto alla credibilità di Jack White. La lusinghiera reputazione della quale il Nostro gode gli ha permesso di marchiare A Letter Home (l’album “lo-fi” di Neil Young) e l’edizione in doppio LP di Magna Carta… Holy Grail di Jay-Z. Oltre che di ripubblicare il leggendario Trout Mask Replica di Captain Beefheart, il debutto da solista di Caetano Veloso o Van Lear Rose della regina del country Loretta Lynn.
Le ristampe di Third Man Records e i best seller
Nell’esteso settore “Reissues” c’è comunque di tutto. Rock alternativo/indie (Laughing Hyaenas, Melvins, Detroit Cobras, Boris, Redd Kross…), blues storico (John Lee Hooker, Mississippi John Hurt, Lead Belly, Blind Willie Johnson, Charley Patton, Blind Willie McTell…), cantautori (Leon Redbone), country (l’immensa Patsy Cline, Carter Family), pop francese (France Gall), garage dei ’60 (Monks), oscure formazioni punk/wave/sperimentali americane dei tardi ’70 (Algebra Mothers, Static), artisti “one of a kind” come Screamin’ Jay Hawkins, il jazzista Albert Ayler, il soulman David Ruffin… e quant’altro, compresi svariati 45 giri di soul/R&B (Supremes, Miracles, Barret Strong, Marvin Gaye) e rock’n’roll delle origini (Elvis Presley, Chuck Berry, Roy Orbison, Jerry Lee Lewis, Johnny Cash).
Sul piano dei “numeri”, il cuore della Third Man Records è però nei lavori che hanno a che fare direttamente con Jack White. Lo dimostra il fatto che i primi cinque gradini dei “best sellers” sono occupati da altrettanti album dei White Stripes. Nell’ordine: Greatest Hits, De Stijl, Elephant, Icky Thump e White Blood Cells. E tra i primi trenta della graduatoria figurano Lazaretto, Blunderbuss e Acoustic Recordings di Jack White, Horehound e Dodge And Burn dei Dead Weather, Consolers of the Lonely dei Raconteurs e ulteriori White Stripes (l’omonimo, Get Behind Me Satan, The Complete John Peel Sessions e Under Great White Northern Lights, più alcuni singoli); Boarding House Reach di Jack White e Help Us Stranger dei Raconteurs seguono comunque a ruota.
Dopo ormai tredici anni di vita, la quasi-holding Third Man Records è insomma una realtà affermatissima e unica nel suo genere. A dispetto di qualche scelta forse opinabile e di una certa tendenza a “esagerare” suscita la massima simpatia. E, soprattutto, non delude quanti ritengono che la musica debba andare a braccetto con la qualità. In questo mondo digitalizzato e per lo più “liquido” c’è ancora spazio per un approccio tattile, emozionale e magari romantico al rapporto con il disco.
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