Rock

“Unlimited Love”, l’amore infinito dei Red Hot Chili Peppers per John Frusciante (e viceversa)

Da oggi è finalmente disponibile il nuovo album della band losangelina insieme allo storico chitarrista: diciassette brani con alti e bassi, ma dominati da una ritrovata freschezza di approccio

Autore Federico Durante
  • Il1 Aprile 2022
“Unlimited Love”, l’amore infinito dei Red Hot Chili Peppers per John Frusciante (e viceversa)

Red Hot Chili Peppers (fonte: ufficio stampa)

La domanda non era affatto peregrina e – come riportato dalla bella cover story di NME – se l’è posta lo stesso diretto interessato. Dopo oltre un decennio trascorso a produrre esclusivamente musica elettronica, John Frusciante sarebbe stato in grado di tornare a scrivere un album rock? Dopo un attento ascolto di Unlimited Love, il nuovo album dei Red Hot Chili Peppers in uscita oggi (venerdì 1 aprile) per Warner Music, possiamo rispondere che l’antico smalto è rimasto intatto.

Frusciante e Rubin: un doppio ritorno in grande stile

Ripetiamo l’ovvio per chi si fosse perso qualche passaggio. Lo storico chitarrista mancava dalla band dal 2009, quando cedette l’ambito ruolo al suo giovane “pupillo” Josh Klinghoffer (che già suonava come turnista nei live). Ma il suo ultimo disco con i Red Hot risaliva all’ormai lontanissimo 2006, con il fortunato doppio album Stadium Arcadium.


Ecco perché l’annuncio del suo rientro nella band prima e dell’arrivo di nuova musica poi ha elettrizzato i fan della band, che ormai abbracciano più generazioni. Trattasi di vera e propria reunion: anche se i RHCP non hanno mai interrotto l’attività, è chiaro a tutti che Frusciante costituisce l’insostituibile forza motrice della band (oltretutto gli album di maggiore successo coincidono con la sua presenza nella formazione).

La ciliegina sulla torta? Un altro ritorno: quello del grande Rick Rubin, collaboratore di vecchissima data dei Red Hot (dai tempi di Blood Sugar Sex Magik, anno 1991). Il suo ultimo lavoro di produzione con loro era l’album I’m with You del 2011 (il successivo The Getaway del 2016 fu prodotto da Danger Mouse).


Va da sé che il doppio “ricongiungimento” rappresenta già di suo una grande occasione. Vediamo come i quattro Peperoncini l’hanno approcciata.

Unlimited Love, una panoramica preliminare

Prima ancora della musica, il primo aspetto di Unlimited Love che coglie l’attenzione di chi conosce la discografia della band è di carattere strutturale. Sembra di intravedere dei rimandi – voluti? Chi lo sa… – ai grandi album di cui John Frusciante è stato protagonista. Diciassette tracce, come Blood Sugar Sex Magik. Apertura con il lead single (Black Summer), come in By the Way (dove era la title track) e in Stadium Arcadium (Dani California). E chiusura in acustico (Tangelo), come in Californication (lì era la bella Road Trippin’).

Nella lunga carrellata dei brani (un’ora e un quarto di ascolto, ma tutti i dischi con Frusciante hanno estensioni del genere) manca forse un collante sonoro, un’unità di ispirazione. Da un punto di vista prettamente stilistico, infatti, l’album tende a disperdersi in tanti rivoli diversi. Si tratta di una caratteristica storica dei grandi album dei Red Hot Chili Peppers – lasciamo a voi giudicare se buona o cattiva.

Semmai il collante è da ricercare nel sound: in particolare, il basso ha quell’evidente timbro “legnoso” da Fender Jazz Bass che Flea usa così estensivamente ormai da svariati anni; per non parlare del suono Stratocaster di Frusciante e dei suoi riconoscibilissimi interventi, soprattutto solistici. Caratteristica, quest’ultima, davvero d’altri tempi, quando bastavano poche note di assolo per capire chi stesse dietro lo strumento. Oggi succede qualcosa di analogo con le barre dei rapper.


Le tracce di Unlimited Love

Come detto, si parte con Black Summer, che ci vediamo bene come apertura in un live. Nulla di pirotecnico, ma la potenza è quella giusta. Colpiscono l’assolo un po’ “spaghetti western” (non abuseremo del termine “morriconiano”) di Frusciante e l’incedere del testo, che ricorda quello di Californication per la sua giustapposizione di riferimenti criptici: “A lazy rain am I, the skies refuse to cry / Cremation takes its piece of your supply / The night is dressed like noon, a sailor spoke too soon / And China’s on the dark side of the moon”. La struttura inusuale del brano, con l’assolo subito dopo il primo ritornello, contribuisce a dargli quell’atmosfera sospesa che il testo evoca.

Nella sua semplicità (non si tratta certo di uno dei pezzi forti), la successiva Here Ever After suona fresca e invita al riascolto. Il suono di basso plettrato ricorda quello della vecchia Fortune Faded, mentre il finale “a caso”, tipo sala prove, è un vezzo stilistico naif e forse evitabile.

Piacevoli le atmosfere eteree di Not the One. Ma nel complesso – nonostante sia uscita come singolo – la canzone suona quasi come riempitivo. Si ha l’impressione che potesse essere sviluppata maggiormente. Per groove e giro armonico, il funk lento di Poster Child pare una rivisitazione di Walkabout (da One Hot Minute, 1995, periodo con Dave Navarro alla chitarra).

A proposito di Poster Child, una breve digressione sugli assoli di Frusciante: da qualche tempo nella community dei chitarristi si è diffuso il concetto di “boomer bends” (felice espressione coniata da Tim Henson, virtuoso chitarrista dei Polyphia). Il bending è la tecnica che consiste nel “tirare” una corda per passare da una nota all’altra, con un effetto simile allo slide. In sostanza i “boomer bends” sono quelli tipici del lessico blues, poi passati in toto al classic rock: soprattutto quelli dalla quarta alla quinta e dalla settima minore all’ottava in una scala pentatonica minore. Stilema effettivamente “da boomer” (agli occhi dei giovani chitarristi) che però Frusciante sposa senza indugi.


One Way Traffic suona vagamente come la vecchia (e dimenticata) Show Me Your Soul. Comunque, con la spacconeria del suo testo che racconta le peripezie di una giornata on the road, rimane uno dei pezzi più divertenti della scaletta. E finalmente sentiamo un assolo di basso di Flea, anche se suona troppo improvvisato e troppo poco “scritto” (quello del sotto-arrangiamento di certe sezioni è un altro vezzo evitabile).

Forse The Heavy Wing è una delle cose migliori dell’album. Se non altro una delle più autenticamente rock, con quegli ululati di feedback e di whammy bar di Frusciante, che dà anche prova delle sue ottime doti di vocalist nel ritornello. Tangelo è una dolce ballad d’amore che chiude l’album con un sorriso: una chicca acustica che siamo felici non sia finita nel calderone dei brani da repack o edizioni speciali del disco.

Red Hot Chili Peppers - Unlimited Love - 3
Red Hot Chili Peppers (fonte: ufficio stampa)

Qualche pollice verso

In un’ora e un quarto di tracklist non sempre il livello si mantiene eccellente. Per esempio non si capisce perché Flea debba suonare in slap nella lenta e introspettiva It’s Only Natural e non in altri pezzi dal gusto decisamente più funky. Buono però il lavoro sugli accordi di basso nel ritornello di She’s a Lover.

Il piglio a metà fra disco music e reggae di Let ‘Em Cry non rientra fra i momenti memorabili. Francamente bruttina These Are the Ways, così come i synth di Bastards of Light (dove intuiamo lo zampino del Frusciante “elettronico”, che qui non convince).


Curiosamente una cosa in cui i Red Hot non hanno mai eccelso sono i pre-chorus. In pezzi come Black Summer e Poster Child il passaggio è costituito da un semplice accordo di settima con un crescendo molto elementare. Siamo decisamente lontani dall’esemplarità di una canzone come Livin’ on a Prayer dei Bon Jovi, in cui – come sottolinea il produttore e youtuber Rick Beato – il pre-ritornello è catchy e memorabile quanto il ritornello stesso.

L’abilità di scrittura di Kiedis

Un plauso speciale va ad Anthony Kiedis, che in Unlimited Love dimostra di aver ritrovato una freschezza di scrittura degna di Californication e persino di Blood Sugar Sex Magik. Ci sono tanto il già menzionato senso di mistero di Black Summer quanto gli ammiccamenti sexy di She’s a Lover e One Way Traffic.

Ma sono soprattutto Aquatic Mouth Dance e Poster Child a rivelare la sua bravura come lyricist. Entrambi i pezzi si reggono infatti su un’infilata (persino spiazzante) di una miriade di riferimenti culturali più o meno autobiografici.

Un paio di esempi: “Lookin’ back at the years gone by / When The Message changed my life / Heavy metal, the nest was dead / Well, and the rappers gave delight / But I don’t know who / Was looking out for anyone like me and you / A-maybe here with Siouxsie Sioux”. Oppure: “Parliament’s Atomic Dog, thе hats were filling up with fog / Talk about the lifе and death of every penny analogue / The seventies were such a win, singing the Led Zeppelin / Lizzy looking mighty Thin, the Thomson’s had another Twin”. Cogliete tutti i riferimenti? Da far girare la testa.


In conclusione

Per essere che aspettavamo un disco dei Red Hot Chili Peppers con John Frusciante dal 2006, si poteva fare qualcosa di più. Le diciassette tappe di Unlimited Love non resteranno come le migliori produzioni della band ma perlomeno il disco suona fresco e vitale.

Ad ogni modo, il bello dei RHCP è che sono una band autentica. Nessuno di loro ha mai lontanamente pensato di anteporre le proprie attività parallele al main project (inimmaginabile un Kiedis in veste solista; e i progetti solisti di Frusciante sono stilisticamente molto distanti e di nicchia). Ognuno di loro dà il meglio di sé quando suona insieme agli altri tre, e lo sanno bene.

Non ci resta che vederli, finalmente, dal vivo. La band porterà con sé degli ospiti di notevolissimo livello in alcune date selezionate, tra cui Anderson .Paak, A$AP Rocky, Beck, HAIM, King Princess, St. Vincent, The Strokes e Thundercat. Il 18 giugno saranno in Italia per il Firenze Rocks.

Ascolta Unlimited Love dei Red Hot Chili Peppers

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