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I Violent Femmes compiono 40 anni: 5 curiosità sul disco d’esordio della band più sgangherata degli anni ’80

Il primo album fu pubblicato il 13 aprile 1983, ma non ricevette alcun riscontro da parte del grande pubblico, rimanendo ai margini delle classifiche per via della sua eccessiva stravaganza

Autore Billboard IT
  • Il13 Aprile 2023
I Violent Femmes compiono 40 anni: 5 curiosità sul disco d’esordio della band più sgangherata degli anni ’80

Dettaglio dalla copertina del primo album dei Violent Femmes

Nella loro formazione originale i Violent Femmes erano un folle trio di punk-folk, composto da tre ragazzi di Milwaukee che non avevano nulla in comune se non la passione per la musica. E manco la stessa.

Il cantante Gordon Gano era figlio di un predicatore e di un’attrice di teatro. Ma solo dopo essere stato a un concerto di Johnny Thunders, insieme al fratello maggiore, capì la sua strada e trovò un modo per convogliare tutte e tre queste influenze familiari nella scrittura di canzoni che mescolavano fede religiosa, ribellismo giovanile ed eccentricità teatrale.


Il bassista Brian Ritchie, invece, era una sorta di fricchettone appassionato di etnologia e Sun Ra. Mentre il batterista di origini siciliane Vicor De Lorenzo – nove anni più grande di Gano – era una sorta di altro fratello maggiore, amante del jazz.

Il loro disco d’esordio omonimo fu pubblicato il 13 aprile 1983, ma non ricevette alcun riscontro da parte del grande pubblico, rimanendo ai margini delle classifiche per via della sua eccessiva stravaganza. Canzoni folk suonate con attitudine punk o canzoni punk suonate con chitarra acustica. Basso mariachi e una batteria fai da te, costruita con un secchio di metallo. Il tutto abbinato a un canto a tratti sguaiato e a tratti melodico.


Il disco, però, ebbe lo stesso una lenta e notevole diffusione carbonara attraverso il passaparola e la registrazione di cassette pirata, finendo per diventare un piccolo fenomeno nel circuito delle radio universitarie americane. Ecco allora cinque curiosità sul disco di debutto della band rock più sgangherata degli anni ’80.

5 curiosità sul primo album dei Violent Femmes

1. Il nome della band “Violent Femmes” è uno scherzo finito bene

Quale sia il vero significato del loro nome è ancora oggi motivo di discussione. Alcuni sostengono che si riferisca ad una marca di assorbenti, altri ad un’espressione dello slang cittadino di Milwaukee, usato per indicare i travestiti che si prostituivano per strada.

In realtà pare che la tesi più accreditata sia quello dello slang, ma usato con il significato di “pappamolle”. Qualcosa di simile al nostro “femminuccia”, quindi una sorta di ossimoro traducibile come “le Femminucce Violente”.

L’unica cosa certa è che il nome è stato inventato da Brian Ritchie mentre stava raccontando una cazzata all’amico Jerry Fortier dei Ruthless Acoustics: “Mentre eravamo a casa sua, mi disse che aveva un fratello che viveva ancora a casa. Gli ho chiesto: ‘Cosa fa tuo fratello?’. E lui ha risposto: ‘Beh, mio fratello è molto figo, ha una band chiamata Violent Femmes’. Stava raccontando una bugia sul fatto che suo fratello fosse figo, mentre in realtà non lo era affatto. Si è inventato tutta la storia, ma poi ha tenuto il nome perché ne aveva trovato davvero uno bello così su due piedi”.


2. Dal fare i busker per strada al salire su un palco importante senza passare dal via

Uno degli aneddoti più famosi quando si parla dei Violent Femmers è quello che riguarda la loro leggendaria apertura del concerto dei Pretenders. Era la sera del 23 agosto 1981.

Vista la stranezza della loro proposta musicale i Violent Femmes facevano molta fatica a trovare dei locali in cui esibirsi. Per cui suonavano spesso come musicisti di strada. Quel giorno decisero di piazzarsi proprio fuori dall’Oriental Theatre di Milwaukee per raccattare qualche soldo, sfruttando il pubblico della band di Chrissie Hynde.

Secondo la leggenda fu proprio il chitarrista della band, James Honeyman-Scott, a notarli e a fare in modo che salissero sul palco la sera stessa per suonare un set di tre canzoni. Pare che i tre ragazzi furono fischiati dopo la prima canzone, applauditi dopo la seconda e osannati dopo la terza.

3. Dai Mixtape al Mainstream

Per tutti gli anni ‘80 la circolazione della musica dei Violent Femmes avvenne soprattutto attraverso le radio universitarie e lo scambio di cassette e mix tape pirata tra studenti. Ma negli anni ’90 le cose iniziarono a cambiare e la band uscì dal sottobosco per entrare nel mainstream.


Il merito fu soprattutto di Blister in the Sun, che non era stato pubblicato neanche come singolo. Ma è ancora oggi il loro brano più famoso, con un’ intro che ormai è entrata a far parte del pantheon del rock indipendente di quegli anni. La sua pervasività commerciale è stata tale da essere utilizzata negli spot pubblicitari e in Italia persino come stacchetto de Le Iene su Italia Uno. Ma naturalmente i Violent Femmes sono entrati a far parte dell’immaginario collettivo anche e soprattutto grazie a film e serie TV.

Blister in the Sun, ad esempio, è stata utilizzata in una commedia romantica del ’97 con John Cusack intitolata Grosse Pointe Blank (in Italia L’ultimo contratto). Mentre in Reality Bites (in Italia Giovani, carini e disoccupati) abbiamo visto Ethan Hawke cantare una versione accellerata di Add It Up per ferire Winona Ryder, in quello che è a tutti gli effetti uno dei film cult della generazione X.

Last but not least, i Violent Femmes hanno fatto anche una vera e propria apparizione in un episodio della serie Sabrina, vita da strega, cantando Please Do Not Go a mo’ di serenata.

4. Le cover di Gone Daddy Gone

Il singolo vero e proprio del disco – Gone Daddy Gone – si distingueva dal suono del resto dell’album per via di un particolarissimo assolo di xilofono. Col tempo divenne tanto iconico quanto l’intro di Blister, ma comunque non abbastanza da farlo entrare in classifica. Almeno non nella sua versione originale, al cui interno era contenuta anche una citazione leggermente modificata di un verso tratto da I Just Want to Make Love to You di Muddy Waters. Forse una vecchia reminiscenza degli ascolti del padre di Gano: I Tell by the way you that you switch and walk / I can see by the way that you baby talk / I can know by the way you treat your man / I can love you baby til it’s a cryin’.


Ad entrare in classifica, invece, sarà la cover del brano realizzata nel 2006 dal duo soul Gnarls Barkley. Era contenuta all’interno del loro album di debutto – St. Elsewhere – e accompagnata da un originalissimo video animato.

In precedenza, il brano era stato coverizzato anche dai nostri Prozac + in una versione molto più punk che nel suo piccolo merita comunque un ascolto.

5. La bambina sulla copertina del disco

Molti dei giovani studenti che hanno ascoltato il disco piratato negli anni ’80 non avevano potuto vedere una delle copertine più belle di quel periodo.

L’immagine ritrae una bambina scalza, vestita di bianco e dall’aspetto innocente, intenta a spiare dentro una casa buia e fatiscente attraverso una finestra. La bambina in questione si chiama Billie Jo Campbell . Fu scoperta all’età di soli 3 anni mentre camminava con la madre per le strade di Los Angeles.


Un fotografo, colpito dalla dolcezza della bimba, chiese alla signora se non le sarebbe dispiaciuto farla partecipare a un servizio fotografico in una casa di Laurel Canyon. La madre acconsentì senza fare troppe domande. Soltanto in seguito scoprì che il servizio era per la copertina dell’album di un gruppo punk sui generis.

Crescendo, Billie Joe dichiarò di esserne orgogliosa. Ma, come ha fatto notare Steven Hyden su Pitchfork, sul momento né lei né la madre avevano la più pallida idea di quanto questa foto fosse una metafora visiva perfetta delle canzoni sghembe contenute all’interno del disco. Canzoni che, mischiando le frustrazioni dell’adolescenza con uno strano modo di vivere la fede religiosa, catturano quel preciso momento in cui l’innocenza infantile si affaccia sulle ossessioni del mondo adulto.

Violent Femmes, un classico senza tempo

La bellezza di questo disco è che non si tratta di un viaggio di sola andata, ma di un dialogo costante che prevede un flusso circolare continuo di andata e ritorno tra la fanciullezza e l’età adulta. Per questo a quarant’anni di distanza continua ad essere un classico senza tempo.

Per citare lo stesso Gano in una recente intervista al Los Angeles Times: “La gente lo sta ancora scoprendo come se fosse appena uscito!”. E ancora: Io ho appena preso una bella copia de Il ritratto di Dorian Gray. Forse lì dentro ci sono cose che riguardano la mia vita. Mentre io invecchio, le persone che ascoltano la mia musica continuano a diventare più giovani”.


Articolo di Andrea Pazienza

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