Yungblud: «Siamo la generazione che cambierà il mondo»
Il rocker britannico ha da poco pubblicato il suo secondo album, Weird!, subito balzato in cima alla classifica UK. L’abbiamo intervistato
Ogni conversazione con Yungblud è punteggiata da una miriade di “you know what I mean?” usati come intercalari, che nel suo forte accento del nord dell’Inghilterra suonano più o meno “inó-amìn?”. Dominic Harrison parla velocemente perché pensa in fretta. Nella sua mente si rincorrono e si intrecciano costantemente – al punto che è difficile dire dove finisca una e cominci l’altra – una potente creatività artistica e una fortissima coscienza delle battaglie socio-culturali portate avanti dalla generazione a cui appartiene. Gender equality, libertà sessuale, salute mentale, sensibilità ambientale, antirazzismo.
È una concezione attivistica della musica che pare quasi un retaggio d’altri tempi e che invece nel suo caso gli ha garantito la stima di una vasta fanbase (o “community”, per usare il suo linguaggio), fatta perlopiù di giovanissimi che come lui pensano di poter davvero cambiare il mondo. Da poco è uscito il suo secondo album, weird! (andato direttamente alla #1 in UK), in cui come di consueto Yungblud riattualizza una grammatica essenzialmente rock and roll con una produzione e dei contenuti al passo coi tempi. Ecco un estratto dell’intervista che trovate integralmente sul numero di dicembre-gennaio di Billboard Italia.
Hai detto che questo secondo album rappresenta “un disco della maturità” per te. In che senso?
Volevo scrivere un album sugli anni bizzarri delle nostre vite, a prescindere dalla pandemia che il momento sta attraversando in questo momento. Volevo parlare di come sia giunta l’ora di comprendere le nostre identità, i nostri gender, le nostre sessualità, le droghe, l’amore, i cuori spezzati, la depressione… In giro per il mondo ho conosciuto moltissime persone che mi hanno toccato il cuore e ispirato. Stiamo diventando grandi tutti insieme, affrontando ogni giorno questa cosa fottutamente strana che è la vita. E ho voluto scrivere un album sincero su questo.
Trovo che il titolo riassuma alcuni aspetti fondamentali della tua musica: celebrare le nostre “stranezze” è una parte importante del tuo modo di comunicare, no?
Assolutamente. Si tratta dell’essere fondamentalmente sempre noi stessi, a prescindere da quello che gli altri potrebbero dire. Perché mai dovresti essere l’80% di te stesso? Così troverai solo persone che vanno bene all’80% per te. Volevo fare un album che avesse un suo posto preciso. Per me è stato pazzesco trovare la mia community: mi ha consentito di non nascondermi dietro a questa insicurezza piena di rabbia. Posso finalmente parlare delle mie emozioni, e questo album è di carattere piuttosto emozionale.
Dave Grohl ha detto che tu sei la prova che il rock and roll non è morto. Immagino che saprai che in generale molte persone ti considerano un bagliore di speranza per la sopravvivenza della cultura rock. Quanto vedi te stesso in quest’ottica?
Adoro il rock and roll. È il mio sangue, è ciò con cui sono cresciuto. Per me è tutto. Perché il rock and roll è senso di libertà e di ribellione, e questo mi esalta da morire. Voglio suonare il rock così come dovrebbe essere suonato. Voglio essere una rock and roll star! Non mi interessa essere una popstar o un rapper. Il fatto che Dave Grohl, che è una delle ragioni per cui mi sono messo a suonare la chitarra, abbia detto una cosa del genere è un sogno divenuto realtà. Sai, il rock è diventato così “educato”… è fatto da idioti che mangiano troppo guacamole e bevono troppa acqua frizzante, che scrivono musica che non parla di nulla.
Mars mi sembra un brano molto centrale per l’album. Il tema dell’accettazione di sé è sempre presente nella tua musica: come prende luogo in quella canzone in particolare?
Per me è la canzone più importante dell’album. L’ho scritta perché mi è esplosa fuori. Parla di una ragazza trans che ho conosciuto nel Maryland. Si è rivolta a me per dirmi che la sua famiglia non poteva accettare l’idea che era, ed era sempre stata, una ragazza. Lo sapeva nel profondo della sua anima, ma i suoi genitori pensavano solo che si trattasse di una “fase”, di una ricerca di attenzione. Questo mi ha rattristato molto.
Poi ha detto che voleva solo che i suoi genitori venissero a un mio concerto, così avrebbero visto altre persone come lei e avrebbero capito che non si trattava semplicemente di una fase, che lei è parte di una comunità. Così ha messo soldi da parte e ha comprato lei i biglietti, in modo che non avessero scuse. Loro sono venuti al concerto e hanno visto le altre persone come lei, accettandola per quello che è.
Questa è la grande potenza: Yungblud non sono io, è una community. E il fatto che questa community abbia un impatto del genere sulle vite degli altri mi rende fiero di farne parte.