Settembre: «Sono onorato di esibirmi al Vitae Fest Roma, la musica veicola messaggi»
Sabato 25 ottobre approda nella capitale il festival che unisce musica arte e riflessione spirituale. Sul palco saliranno diversi artisti della scena musicale contemporanea

«Il rapporto tra la musica e l’impegno sociale è importante perché la musica veicola dei messaggi», commenta Settembre per parlare della sua partecipazione al Vitae Fest Roma. Il festival unisce musica, arte e riflessione spirituale in una serata che ha l’obiettivo di “superare le barriere, costruire ponti e creare connessioni”.
Sabato 25 ottobre, l’evento internazionale farà tappa proprio nella capitale, al Parco Schuster dalle 19 alle 23:30. L’iniziativa è promossa dalla Vitae Global Foundation, organizzazione non profit nata nel 2012 che collabora con artisti e professionisti di livello internazionale. «Vitae Fest è un’esperienza che tocca i cuori e invita i giovani a diventare ponti di pace, speranza e riconciliazione in un mondo sempre più polarizzato e frammentato», ha dichiarato Luis Quinelli, fondatore e presidente della Vitae Global Foundation.
La serata è a ingresso gratuito e sul palco salirà, per l’appunto, Settembre, vincitore delle nuove proposte di Sanremo 2025 con il brano Vertebre. Oltre a lui si esibiranno anche Padre Guilherme, Benji & Fede, Aka7even, Mimì, Lowrah e w1nk0. La conduzione sarà affidata a Mariasole Pollio. Il festival è parte del programma ufficiale del Giubileo 2025. Lo scopo è quello di promuovere messaggi di riconciliazione, dialogo e coesione sociale anche attraverso il linguaggio dell’intrattenimento e dello spettacolo.
L’intervista a Settembre
Come ti senti per la tua partecipazione al Vitae Fest Roma?
Sono onorato di essere parte di questo grande evento sabato 25 ottobre. È un periodo per me pieno di musica, positivo. Sono molto emozionato e non vedo l’ora che sia sabato.
Che significato ha per te esibirsi al festival, in uno scenario dedicato a superare le barriere e a ricucire le distanze?
Significa tanto, è molto importante. Non sono adesso io a dirlo perché lo stiamo vivendo, ma siamo in un momento storico veramente complesso, difficile e triste. Quindi è importante il fatto di poterci unire con altri artisti e con tutta la gente che ci sarà, proprio per mandare un messaggio anche di speranza. Un messaggio positivo non può che far bene se mandiamo queste vibes nel mondo.
In che modo il tuo repertorio si lega al tema dell’inclusione e dell’incontro? Ad esempio, mi viene in mente Vertebre.
Io, soprattutto in Vertebre, parlo anche della difficoltà di sentirsi appartenenti a qualcosa. Ovviamente lo faccio in una chiave legata più alle situazioni di vita quotidiana di un adolescente, o comunque di un ragazzo della mia età. In generale però parlo del senso di non appartenenza e di non inclusione come critica. Nelle mie canzoni parlo anche della ricerca dell’inclusività in un contesto sociale, perché io in primis, spesso, mi sento anche poco appartenente a qualcosa, a un gruppo sociale. Mi sono accorto che, in un mondo in cui ci si sbatte per l’inclusività, poi alla fine sono pochi quelli che veramente lo fanno.
Cioè.
Parlo di inclusività e di appartenenza a qualcosa nel senso più ampio possibile, parlo anche solo banalmente di interessi. Io faccio musica, ma nella mia comitiva di amici, ad esempio, sono l’unico che fa questa cosa qui. Però allo stesso tempo mi sento fortunato ad avere degli amici che sono molto inclusivi con me anche se io sono un po’ diverso da loro. Questa è la cosa più stupida ma va in una scala ampia. L’inclusività va da dalle cose più piccole alle cose più grandi e ci troviamo in un mondo, secondo me, che ci fa sentire un po’ inadeguati, anche alcune volte semplicemente per i nostri sentimenti, alcune volte perché piangiamo troppo o perché parliamo troppo. Ci può far sentire fuori luogo. Anche questa è inclusività: abbracciare tutte le personalità e tutti i modi di essere.
A te succede?
Tantissimo. Da piccolo ero un bambino molto euforico, e per questo ero sempre quello un po’ strano. Poi a 12 anni facevo i video su internet, quindi ero un po’ diverso rispetto agli amici che organizzavano la partita di calcetto o cose del genere. Ma ho imparato a convivere con questa cosa e ne ho fatto un punto di forza. Poi ho capito che siamo tutti diversi ed è bello così.
Che cosa ti aspetti dal pubblico?
Sono sicuro che incontrerò delle persone con una mentalità molto aperta, pronte a battersi per tutti questi bei messaggi di cui stiamo parlando e dei quali il festival se ne fa promotore. Sicuramente sarà un bel pubblico accogliente, caloroso. Ricambierò.
Come ti prepari tu a livello di performance per questo festival?
In generale prima di un’esibizione cerco di concentrarmi, di prendermi un po’ di momenti per me stesso e canalizzare tutte le energie. Devo dare a tutta quella gente l’amore e le energie che si merita.
Come vedi il rapporto tra la musica e l’impegno sociale?
È un rapporto importante perché la musica veicola messaggi. Non bisogna mai smettere di battersi per tematiche sociali, perché sono quelle che fanno la differenza.
Pensi che il Vitae Fest Roma possa influenzare il modo in cui gli artisti vivono, sentono e interpretano la musica su questo palco?
Spero di sì, ma non ho la presunzione di dire come ognuno deve vivere il proprio mestiere. È un auspicio, perché comunque parliamo di messaggi importanti che in questo momento storico è fondamentale sottolineare. Mi auguro che tutti sposino comunque una causa così bella come questa.
Quale messaggio vorresti trasmettere?
Uno è poco, ne vorrei trasmettere tanti. Sicuramente l’unione. Il messaggio che sento è che l’unione fa la forza. Se ci uniamo tra di noi e cerchiamo di portare messaggi positivi nel mondo tutti insieme, forse un cambiamento lo possiamo fare.