Musica

I Vanishing Twin hanno la batterista italiana che il mondo arty pop c’invidia

Pugliese di nascita ma oramai londinese di adozione Valentina Magaletti è una delle protagoniste di una delle band che nel panorama dell’indie UK si è ritagliata uno spazio particolarissimo, proprio come negli anni ’90 avevano fatto gli Stereolab o i Broadcast agli albori del nuovo millennio

Autore Tommaso Toma
  • Il30 Ottobre 2021
I Vanishing Twin hanno la batterista italiana che il mondo arty pop c’invidia

Vanishing Twin, foto di Arthur Sajas Da sinistra: Zongamin, Valentina Magaletti, Cathy Lucas, Phil M.F.U.

Indefinibili per le loro traiettorie sonore, a prima vista e ascolto i Vanishing Twin potrebbero cadere nella sindrome degli artisti tout court eccentrici. In realtà il quintetto mostra una ricchezza di suoni e di idee davvero intrigante.

Sarà per la multietnicità del gruppo (che sorte ironica ai tempi della Brexit) o l’ampia curiosità di tutti loro, dalle passioni accademiche per i temi socio-politici della cantante e poli strumentista Cathy Lucas alle pulsioni sperimentaliste a avanguardistiche proprio della batterista Valentina Magaletti. Senza contare che all’interno della band c’è anche un grande producer nipponico, Zongamin.


Il loro terzo album in studio è un passo deciso nell’evoluzione stilistica. Ooki Gekkou (Fire Records / Goodfellas) va oltre l’ambizioso e riuscitissimo secondo album del 2019 The Age of Immunology. Presenta uno spettro iridescente di derivazioni e influenze: musica space e afro, exotica, jazz, funk astrale, la scuola (elettronica) di Dusseldorf, melodismi pop inediti e accenni di gamelan.

Ne parliamo proprio con l’italiana del gruppo, Valentina Magaletti che, nonostante il periodo pandemico, si è esibita anche in altri contesti della scena sperimentale UK ed europea ed è apprezzatissima dalla stampa internazionale. L’intervista completa è disponibile sul numero di ottobre.


La nostra intervista a Valentina Magaletti

Io sono cittadina inglese e abito a Londra da 20 anni ma durante il lockdown sono stata in Puglia, sai, sono barese di nascita e mi ritengo una persona estremamente privilegiata, avendo vissuto quel periodo tra i trulli, il mare e la campagna…

Ah, certo non sapevamo nulla di Covid tra il 2018 e il ’19, e la pandemia ha contribuito non poco a interferire nel processo operativo della band anche se il nostro modus operandi per fortuna non è stato intaccato. Per fortuna, già prima dei lockdown del 2020 noi avevamo preparato singolarmente una serie di basi e Cathy si è trovata così a disposizione tanta musica per poter scrivere testi e arrangiare delle melodie vocali. Siamo riusciti poi ad affittare nel settembre del 2020 per due giorni interi il Café OTO, luogo a me caro, e abbiamo portato l’orchestra e lavorato su due tracce in particolare, ospitando anche Letitia Sadier degli Stereolab (presente nel brano Wilder Than Itself, ndr). Poi a dicembre eravamo tornati anche nel nostro piccolo studio a Londra che si chiama Pensiero Magico ma la post produzione è stata completata in remoto.

Noi suoniamo tutto, il bassista è anche un ottimo percussionista, Cathy suona divinamente il violino, ci s’intreccia, moltissimo.

Mmm… penso che hai un po’ di ragione, forse anche nella traccia iniziale non sono “inquadrata” nel ritmo, non è un 4/4. In Cucina è in effetti molto percussiva, in fondo è una jam in stile afro funk, ricorda – certo sono paragoni ambiziosi – le cose registrate dalla Sun Ra Arkestra. Zuum è abbastanza il mio stile, quando più o meno suono quel genere di cose, tipo Planète Sauvage che era nel precedente album. Però noi come band siamo molto liquidi, non ci sono regole rigide per ognuno di noi.


Se i Vanishing Twin fossero un colore, quale sarebbe?

The Lift sicuramente si differenzia dal resto dell’album, anche perché è il nostro Phil M.F.U. (Philip Bearwalde tastierista e chitarrista, ndr) protagonista alla voce. Quella storia vera, che ha trovato nelle sue letture la nostra Cathy, è un po’ la metafora delle donne durante la pandemia. Sono state in grado di affrontare una calamità e di adattarsi a scenari nuovi, imprevisti, uscendone incolumi o rafforzate. Un’analogia interessante. È Cathy che si occupa da sempre dei testi. Lei ha un approccio accademico influenzato anche dal fatto che lei studia senza sosta, soprattuto temi legati alla geopolitica, a proposito del saggio The Age of Immunology

Ma è sempre stato il sogno di Cathy portare le suggestioni della musica afro nei nostri album. Deriva soprattuto dai suoi interessi anche come consumatrice di musica afro beat, Tony Allen, anche io però ne sono sono avida.

Purtroppo abbiamo dovuto declinare adesso le offerte dall’Italia, non è chiara la situazione del mio Paese di origine. Siamo molto curiosi di intraprendere il tour. Non ti nego che c’era un poco di frustrazione tra i componenti della band nel non poter tornar a suonare. Io sono stata “privilegiata” con i miei progetti ho già fatto delle performance con i miei progetti più di nicchia – e poi non siamo mai stati negli States, stavamo per fare il tour in USA nel marzo del 2020…

Posso utilizzare “in modo originale”, l’arcobaleno già adottato da tanti? Di sicuro per il suo significato “acquisito” di inclusività: musicale, culturale e poi tutti i componenti provengono da nazionalità diverse, da influenze artistiche differenti con approcci diversi, dal punk all’accademico… quindi noi siamo un arcobaleno.


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