Spotify sotto attacco: milioni di dati rubati
Un gruppo di hacker ha diffuso metadata di circa 86 milioni di brani presenti nella piattaforma di streaming musicale
Foto di Cezar Sampaio / Unsplash
Spotify è stato attaccato. L’applicazione di streaming musicale ha subito un attacco pirata da parte di un gruppo di hacker. Il collettivo di attivisti, inoltre, avrebbe diffuso una grande quantità di dati appartenenti alla piattaforma di streaming musicale per un quantitativo di metadati di circa 86 milioni di brani. La segnalazione arriva dal blog del motore di ricerca open source Anna’s Archive. Stando a quanto riportato, l’attacco avrebbe strappato via circa 256 milioni di righe di informazioni e 86 milioni di file audio, per un volume totale stimato intorno ai 300 terabyte. Al momento, i file audio non risultano ancora accessibili.
L’attacco a Spotify
L’hackeraggio a Spotify non è di certo passato inosservato. Il gigante dello streaming avrebbe confermato l’incidente con una nota ufficiale, spiegando che un soggetto terzo ha effettuato uno scraping non autorizzato di dati pubblici. Non mancano di circolare già le prime ipotesi riguardanti la vicenda. E se adesso ci fosse uno Spotify gratuito? Questa è solo una delle domande che proviene anche da Yoav Zimmerman, CEO e cofondatore di Third Chair, startup che sviluppa strumenti legali basati sull’intelligenza artificiale per le aziende media.
Infatti ha sottolineato come, almeno per vie teoriche, i dati potrebbero essere usati per realizzare una versione personale e gratuita di Spotify valida fino al 2025, utilizzando ad esempio un server domestico con software come Plex. Restano tuttavia rilevanti gli ostacoli legali, legati soprattutto al diritto d’autore e al rischio di contenziosi.
Nonostante la cifra di dati rubati sarebbe impressionante, rappresenta solo una porzione dell’intero catalogo appartenente a Spotify. Dall’altra parte Anna’s Archive avrebbe chiarito che l’iniziativa si inserisce nella missione del progetto, orientata alla preservazione della conoscenza e della cultura umana. Lo scraping dei dati di Spotify viene quindi presentato come un tentativo di creare un archivio musicale con finalità prevalentemente conservative. L’episodio solleva interrogativi di rilievo in materia di sicurezza, tutela della proprietà intellettuale e modalità di accesso ai contenuti digitali.
