California dreamin’: il viaggio di Giuliano Sangiorgi alla scoperta della West Coast
Quando esce un nuovo album di un gruppo importante come i Negramaro le attività di promozione sono una vera e propria tabella di marcia: di conseguenza non sorprende che alla prima occasione di “libertà” Giuliano Sangiorgi si sia concesso una vacanza fra la fine del 2017 e l’inizio del 2018
Quando esce un nuovo album di un gruppo importante come i Negramaro le attività di promozione sono una vera e propria tabella di marcia, al punto che la notte può sembrare giorno e viceversa: tante le interviste, le ospitate, i firmacopie che si susseguono senza il tempo per riposare. Di conseguenza non sorprende che alla prima occasione di “libertà” Giuliano Sangiorgi si sia concesso una vacanza fra la fine del 2017 e l’inizio del 2018, l’anno che lo vedrà impegnato con l’Amore Che Torni Tour negli stadi italiani.
Com’è andata quest’avventura?
Io ho sempre viaggiato per fare musica, così tanto che mi è venuto il dubbio che facessi musica per poter viaggiare. Mi piace imbattermi nelle cose belle di una città, scoprire i monumenti, i musei, tutto quello che c’è di diverso. A San Francisco mi sono trovato per sbaglio nel bar Vesuvio dove è passata la Spaghetti Poetry e dove scriveva Kerouac: è stupendo ritrovarsi nel mondo. Non sono un turista che programma tutto e non riesco ad esserlo: vorrebbe dire riproporre un aspetto “tecnico” che invece abbandono ogni volta che torno a casa. Terminato il periodo di tour e promozioni io scappo a casa perché per me è il viaggio più bello. Da qualche settimana sono entrato nei 39 (anni, ndr) e mi sono accorto che la mia vita è sempre un viaggio: per me l’anormalità è la casa. Vivo intensamente cose come andare in moto dal macellaio o fare una passeggiata. Io abito in un posto bellissimo a Roma, per cui la notte se mi va prendo la mia testa e la porto a spasso come un cane ai Fori Imperiali. Quando sono a casa vivo quel momento come quando da ragazzino “viaggiavo” leggendo libri e ascoltando musica. Doors e U2 mi avevano già fatto scoprire la Death Valley e il Joshua Tree, avevo già visto questi posti con gli occhi di Oliver Stone, ero stato allo Zabriskie Point. Quest’ultimo è stato incredibile: ho immaginato Antonioni mentre girava quelle scene ma la macchina da presa non riesce a riprodurre tutto quello c’è lì. La cosa più bella di questo viaggio è la sensazione infinita di storia, addirittura di preistoria: mi sembrava di essere tornato nel mondo incontaminato. L’augurio più grande che posso fare a una persona è di fare il lavoro che ha sempre sognato di fare da quando aveva tre anni. Io faccio musica e come un profumo è una cosa che ti resta addosso anche quando finisci di lavorare. Quando mi sento spento è un bel danno.
Ti è mi capitato?
Sulla scrittura no perché scrivo sempre. Per il resto credo di avere questo problema che si ripete da quando abbiamo fatto il primo San Siro. Più cose belle facevamo, come l’Arena di Verona e San Siro, più io mi sentivo niente. È una cosa strana ma è proprio così. “In bilico” è la locuzione che mi si addice maggiormente e l’avevo già scritta in Estate.
George Harrison conobbe l’India, se ne innamorò e cambiò il suo modo di scrivere. Gli U2 viaggiarono negli Stati Uniti e il risultato fu Rattle and Hum. Tu cos’hai imparato?
Io ho capito per la prima volta il titolo di Where the Streets Have No Name e With or Without You. Solo lì succede che le strade non abbiano un nome. Al Joshua Tree non è così: lì sensazione è che il mondo sia una lunga strada. A Los Angeles o in altri posti mi sono sentito meno piccolo nel mondo, anzi ho sentito che il mondo era più vicino: allora capisci che le notizie “lontane” appartengono anche a te. Viaggiare facendo quello che ami ti permette di imbatterti nella bellezza del mondo senza doverla pianificare. Io per caso mi sono trovato nella Death Valley quasi per caso, girando in macchina e vedendo oltre al Joshua Tree anche l’Area 51. Abbiamo fatto un bagno nelle acque termali del deserto alle Hot Springs con la gente che aspettava la luna e mi sono trovato casualmente lì nel momento esatto in cui il sole tramontava. A un certo punto è venuta fuori una luna che era un sogno, piano piano, mentre tutti pregavano ognuno in modo diverso.