La Musica Che Gira chiede la riforma che non c’è (ancora)
Il dialogo fra i protagonisti del settore dello spettacolo e le istituzioni sembra non essere andato a buon fine, finora. Ci sono ancora molte lacune da colmare: parla La Musica Che Gira
Dall’inizio della pandemia, il coordinamento composto da lavoratori, artisti, imprenditori e professionisti della musica e dello spettacolo uniti sotto il nome di La Musica Che Gira non si è fermato un momento. Da Bauli in piazza, a tante altre manifestazioni a sostegno dei lavoratori dello spettacolo. Dai colloqui con il Ministero alla battaglia per un concreto aiuto economico al settore, sono innumerevoli le iniziative messe in campo e alle quali il gruppo ha partecipato, cercando di far valere i propri diritti per una riforma radicale del sistema Cultura nell’era del Covid.
Da più di un mese, il Ministero della Cultura parla appunto di una riforma storica che rivoluzioni il settore e il codice dello spettacolo. Il problema al momento presentato da La Musica Che Gira è nel dialogo per la ricerca di una riforma definitiva. Il Ministero dichiara di interloquire costantemente con gli operatori del settore, ma nel concreto, le riforme non rispecchiano ciò che il settore ha richiesto attraverso osservazioni e proposte. È una riforma che non c’è.
Un disappunto forte nei confronti di una serie di palliativi che non cancelleranno le fragilità strutturali che hanno martoriato il sistema durante la pandemia, con misure distribuite in modo disorganico che, di fatto, non hanno risolto il problema.
La Musica Che Gira, diversi punti ancora da chiarire
In particolare, La Musica Che Gira ha commentato i risultati ottenuti dal dialogo con le istituzioni, precisando i punti deboli di ogni misura messa in campo. Fra queste, una distribuzione imprecisa del sostegno economico temporaneo (SET), che dovrebbe riconoscere il carattere discontinuo di chi lavora nel settore e che invece si riduce alla disoccupazione. Un Registro Nazionale dei Lavoratori dello Spettacolo che non influisce in maniera incisiva sulla mappatura del settore e sull’emersione del lavoro nero.
Proseguendo nei punti elencati, si legge l’inaugurazione di un Osservatorio dello Spettacolo che favorirà attività di ricerca e formative. Poi, ancora, l’aggiornamento del portale INPS che, ad oggi, non ha integrato nuove funzioni ad hoc.
«Se questa è una rivoluzione dobbiamo ammettere di non averla compresa. ll Ministero della Cultura ci incontra per poter dire che lavora con gli operatori del settore, ma non ci ascolta», dichiara La Musica Che Gira. «Ci aspettavamo una riforma che in maniera coraggiosa partisse da un foglio bianco per scrivere una storia diversa, ci siamo trovati di fronte a una serie di palliativi, a un sistema di riconoscimento dei contributi ancora troppo complesso, a una definizione del settore vecchia e incompleta, a un sostegno al reddito strutturato in misure che non dialogano tra loro e che partono dal presupposto che il lavoratore sia un monolite».
Misure non rivoluzionarie come avrebbero dovuto essere, quindi, quelle ottenute ad oggi dal settore. La Musica Che Gira continua la propria battaglia in rappresentanza dell’intero tessuto di lavoratori dello spettacolo nel nostro paese, ribadendo la disponibilità al confronto in un momento storico particolare. La richiesta è quella di evitare misure basate sugli errori del passato. Ed aggiunge: «Ci opporremo strenuamente usando tutte le nostre forze e le nostre capacità di farci ascoltare dalle istituzioni, dalla politica, dall’opinione pubblica».