Le dinamiche del K-pop e l’Italia
Il pop sudcoreano è esploso negli ultimi dieci anni diventando uno dei mercati discografici più redditizi al mondo. Il suo modello è replicabile? Se n’è parlato a Linecheck 2023
Si sente sempre più spesso parlare di K-pop e ormai, anche in Italia, il fenomeno ha preso piede e i fan sono aumentati notevolmente: l’edizione 2023 del Linecheck Festival ha scelto di dedicargli un incontro per spiegarne le dinamiche. Protagoniste del meeting sono state la giornalista Vittoria Brandoni, Rebecca De Filippis, social media manager di Universal Music Group e Sara Maurizio di Kpop Show Time. Si è parlato delle strategie di mercato e della possibilità o meno di importare il modello nel nostro Paese.
Il K-pop, come suggerisce il nome, apparentemente non è nulla di così strano: pop coreano. E allora dove sono le differenze rispetto al pop del resto del mondo? Si deve partire dalla mentalità e dal modo di approcciare al mondo della musica, e dello spettacolo in generale, da parte delle giovani aspiranti star del Paese asiatico. «I ragazzi coreani hanno insito nel loro modo di essere il senso del sacrificio. Gli idol si formano con lunghe sessioni di allenamento» spiega Rebecca De Filippis.
Come vi avevamo già accennato qui, il cammino di chi vuole intraprendere la carriera da star, sia in Corea, ma anche in altri stati dell’Asia, per esempio la Thailandia, deve superare delle dure selezioni ed entrare nelle agenzie. Quest’ultime spesso svolgono molti compiti che in Occidente sono propri delle etichette discografiche.
Un altro grande segno distintivo del K-pop è ovviamente il rapporto tra gli artisti e i fan. La relazione è viscerale, ma sono gli stessi idol a stimolarla e alimentarla con incontri, prodotti pensati ad hoc e un utilizzo capillare dei social network. «La cosa più interessante di questo aspetto è che a noi sembra assurdo il comportamento degli appassionati, ma la realtà è che le motivazioni sono le medesime dei fan occidentali. Questo è forse uno degli aspetti del K-pop più facilmente esportabili, riproponendo per» continua De Filippis.
«Per esempio, si dovrebbe ripensare al packaging. In Corea vendono moltissime copie fisiche perché con lo stesso prezzo acquisti molti più accessori e gadget» aggiunge Sara Maurizio. Tuttavia, in questo caso va prea in considerazione la differenza dei costi delle materie prime.
Linecheck 2023, è possibile esportare il modello K-pop?
Una delle questioni affrontate nel corso dell’incontro dedicato al K-pop del Linecheck 2023 ha riguardato l’eventualità capacità europea di riproporre il medesimo modello coreano. «Di sicuro, tentare di creare una band o un idol K-pop, al di fuori della Corea, porta con sè il rischio di generare un effetto “cringe”» racconta Sara Maurizi. «Ci sono gruppi inglesi che hanno provato persino a cantare in lingua originale e magari sono arrivati pure in Asia. Tuttavia, dopo una prima ondata di fama, poi il riscontro da parte del pubblico scema. Credo perché in fin dei conti stai imitando un modello».
Un altro dei motivi del fallimento dei progetti di esportazione e imitazione è dovuto al fatto che spesso molti artisti partono con l’idea di voler diventare idol. Senza avere però le stesse motivazione e la medesima predisposizione al sacrificio. Per Vittoria Brandoni le dinamiche da imitare sono quelle relative alla musica. «Una delle caratteristiche del K-pop è la fluidità e la non incasellabilità. Gli artisti dovrebbero imparare questa elasticità stilistica e cercare nuove idee. Non fare solo la trap o affidarsi ai revival, ma crearsi uno stile ibrido» suggerisce la giornalista.
Nel corso del 2023, come racconta Rebecca De Filippis durante l’incontro organizzato da Linecheck, HYBE ha dato il via al progetto di “costruire” una band K-pop estera. Si tratta dell’esperimento delle KATSEYE, realizzato dall’agenzia coreana insieme alla Geffen Records, che verrà raccontato su Netflix a partire dalla prossima estate.