La Roma caput mundi di Achille Lauro: «Con “Comuni Mortali” mi sento finalmente felice»
Ieri è stata una giornata memorabile per l’artista romano: prima la presentazione del suo settimo album, il disco della completa maturità, e poi uno show spettacolare a Piazza di Spagna. E Lauro è stato anche in grado di fermare la pioggia…

Achille Lauro, foto di Giulia Parmigiani
Achille Lauro ha scelto la sua città, Roma caput mundi, per parlare con la stampa del suo prossimo album, Comuni Mortali, in uscita il Venerdì Santo, e per regalare ai suoi fan un secret show da favola sulla Scalinata di Trinità dei Monti ieri sera. Dieci canzoni tra vecchi e nuovi successi, compresa la prima volta live del prossimo singolo Amor in uscita venerdì e un omaggio ad Antonello Venditti con Notte prima degli esami. Dopo una certa attesa e la pioggia capricciosa, Achille Lauro si è palesato in total black con accompagnamento al pianoforte a mezza coda bianco e chitarrista (con Stratocaster bianca).
Sì, era visibilmente emozionato ma nonostante la serata sia stata non la migliore dal punto di vista meteo, la pioviggine si è fermata proprio quando la band di Lauro ha attaccato a suonare Dannata San Francisco. Le ragazze e i ragazzi, chiusi gli ombrelli, hanno dato spazio anche alle loro ugole cantando in coro tutte e dieci le canzoni presentate. Un’apoteosi della romanità e del romanticismo di Achille Lauro, questo mini show che poi replicherà questa estate in versione gigantesca al Circo Massimo.
Achille Lauro racconta il nuovo album “Comuni Mortali”
Il grigiore del cielo non ha mai fermato l’entusiasmo di Achille Lauro. Neanche nel tardo pomeriggio, quando si è presentato nel rooftop dell’Hotel Valadier per la conferenza stampa di presentazione del suo settimo album. Come tutti i fan di Lauro sanno, s’intitola Comuni Mortali (Warner Music Italy) e la popstar romana la si vede ritratta nella copertina in bianco e nero, con una farfalla che gli copre un occhio. «Mi sono appassionato alla ricerca delle varie simbologie che evoca la figura della farfalla», ci fa notare Lauro. «E il titolo del disco è anche legato ai ragionamenti fatti su questo magnifico essere della natura che ha una vita brevissima ma intensa e nasce da un fuco. Poi la farfalla rappresenta anche lo spirito delle persone che non ci sono più e che ci vengono così a trovare».
Al centro di questo nuovo album di Achille Lauro ci sono storie di amore incondizionato, di fragilità. Testi ispirati dalle persone a lui care. E poi c’è Roma: «L’ho guardata con l’occhio del documentarista, l’amo profondamente dalle periferie al suo centro. Amor è dedicata a Roma e devo dire per sempre “grazie” alla mia città. Ma questo album per certi versi è stato anche un lavoro sofferto. Nonostante mi abbiano alimentato le varie esperienze fatte nel mio giro nella West Coast. Non volevo fare un album pop “di plastica”, pensato per essere passato facilmente in radio».
La distanza dall’Italia
«Anche per questo motivo sono stato lontano dall’Italia», continua, «per evitare di cadere in certe dinamiche troppo commerciali. A Los Angeles alcuni produttori sono stati piacevolmente sorpresi da pezzi miei come Rolls Royce, li hanno trovati non banali. Certo il cantato in italiano mi restringe il campo di azione, ma sto pensando che prossimamente – ma non chiedetemi esattamente quando – farò un singolo in inglese. Voglio provarci».
Musicalmente è un album ben delineato nei generi che Lauro ha voluto esplorare. Ci sono le ballate con la ricchezza strumentale dell’orchestra, come ci aveva già abituato a farci ascoltare con i singoli precedenti Amore disperato e Incoscienti giovani, e su tutte svetta la notevolissima Amor. Ma poi troviamo un funk rock, che sembra essere uno dei risultati del viaggio di Lauro lungo la West Coast, nella trascinante Fiori di papavero, che di sicuro la vedrei come singolo estivo. E anche in Walk of fame, cantata ieri sera in Piazza di Spagna.
Ci sono anche tracce di un rap classico e accade per due grani dai testi molto “forti”. Cristina, dedicato alla madre e Barabba III dove protagonista è la periferia e i suoi personaggi perduti. «Cristina è nata in 10 minuti, all’inizio del brano rappo», ci svela Achille Lauro. «Oserei dire che questo è un brano “transgenerazionale”, che può piacere ai giovani ma anche ai più grandi. Mia madre è stata una figura importante ma abbiamo anche un rapporto discreto. Non cerchiamo di essere invasivi entrambi e devo ammettere che lei non ha ancora ascoltato questo brano, accadrà venerdì, solo in quel momento, nel caso conoscerò la sua reazione».
Barabba invece è la closing track. «Anche questa canzone è dedicata a una persona ed è una storia vera, piena di dolore e non è mia intenzione mitizzare nulla e nessuno. Purtroppo leggo spesso negli occhi dei ragazzi che vivono nelle periferie, un certo vuoto. Per creare vere emozioni, non dettate dalla frustrazione, ci vorrebbe una educazione migliore, anche nelle scuole e non solo nelle famiglie. Ci dovrebbe essere più amore e attenzione per i ragazzi che arrivano dalle periferie».
Forse molti di loro dovrebbero imparare a coltivare grandi ambizioni come fa Achille (ma anche una fetta della nuova generazione di giovani rapper). «Mi tormento da sempre ragazzi», ammette il nostro a fine incontro. «Ho il tormento dell’ambizione, e non vedo l’ora di stupire anche con i concerti al Circo Massimo. Ma sapete però una cosa? Finalmente con questo album mi sento al mio posto, ho capito finalmente chi sono e mi sento bene».
Non poteva finire meglio questo incontro con Achille Lauro, che si gira verso una cameriera che compare alle sue spalle con un enorme vassoio colmo di shottini di tequila, lo afferra al volo e li porge a tutti noi. Non poteva finire meglio questo pomeriggio uggioso, in attesa di una spettacolare performance a Piazza di Spagna.