La classifica dei 20 migliori album italiani del 2024
Da Geolier a Emma Nolde, passando per il ritorno di Marracash e dei Club Dogo. Ecco i 20 migliori dischi italiani dell’anno appena trascorso
L’ultimo anno della nostra musica è stato come al solito affollatissimo. Anche nel 2024, gli album italiani sono i più ascoltati nel nostro Paese, molto poco esterofilo quando si parla di canzoni e dischi. Sceglierne solo 20 è stato complicatissimo, soprattutto tenendo conto non solo del cosiddetto ambiente mainstream, ma anche di tutto quel sottobosco alternative sempre più in ascesa.
Ecco allora i 20 migliori album italiani del 2024 scelti dalla redazione di Billboard Italia.
20. Maria Chiara Argirò – Closer
Pianista, produttrice e cantautrice, la storia di Maria Chiara Argirò, seppure con le dovute distinzioni, ricorda molto quella di Marta del Grandi. Italiana, romana per la precisione, trapiantata a Londra per studiare e fare musica, è cresciuta con il jazz, salvo poi rigurgitarlo sotto forma di un’elettronica ambient sofisticata, ma non per questo avara di emotività. Closer è un disco che si lascia ascoltare e ballare con facilità. Calamitanti le tracce più strumentali e ritmate, come Time e Koala, emozionanti quelle che lasciano entrare la melodia e cheì, a tratti, ricordano alcune trovate dei Radiohead post Kid A. Talento cristallino. (Samuele Valori)
19. Tananai – CALMOCOBRA
Mai come nel caso di Tananai la legge del secondo album, che dovrebbe essere il più difficile, era realistica. Il successo incredibile e quasi inaspettato con i due Sanremo e un primo disco che racchiudeva tutte le sue hit, necessitavano una conferma. Alberto si è fermato e, calmo come un cobra, ha scritto il suo primo album da zero. In CALMOCOBRA c’è tutto quello di cui avevamo bisogno: ballate innamorate e pezzi scatenati, solo apperentemente spensierati. BOOSTER colpisce fin dal primo ascolto, mentre la conclusiva RADIOHEAD, unica canzone prodotta da okgiorgio, è un inno elettronico dedicato a chi, tra la fine dei Novanta e l’inizio dei Duemila, per riuscire a sognare e a sperare in una vita diversa, bastava solo un’autoradio. (SV)
18. Geolier – DIO LO SA
Dopo la parentesi sanremese il “timore” latente era quello che il numero 10 della scena rilasciasse un disco pop, abbracciando sonorità più melodiche e estive, ma con DIO LO SA Geolier – al netto di qualche brano più dichiaratamente radiofonico la cui assenza (anche per snellire un album forse fin troppo lungo) gli avrebbe fatto guadagnare senza dubbio una posizione più alta nella nostra classifica – ha dimostrato che il rap è ancora il suo primo amore. Se Il coraggio dei bambini era una sorta di romanzo di strada neorealista su Napoli, DIO LO SA è un’istantanea sulla vita di Emanuele all’apice del successo travolgente, quando tutto cambia e rimanere fedeli a se stessi è la cosa più difficile, ma soprattutto quella più importante. (Greta Valicenti)
17. Coca Puma – Panorama Olivia
Se si presta attenzione, non ci si può lamentare della scena musicale italiana del 2024, soprattutto dal punto di vista delle artiste donne. Oltre a Emma Nolde e a Lamante, non si può non parlare dell’ottimo album di debutto di Coca Puma, al secolo Costanza, romana, classe ’98. Un debutto di cui si sono accorti in molti, tanto che è stata selezionata da Radar di Spotify e si è esibita alla festa di Equal in Triennale a Milano. Lei è multistrumentista, tastierista, producer e cantautrice e unisce generi diversi con una naturalezza unica: elettronica, nu-jazz, dream pop. Il cappellino sempre calato sugli occhi per far sì che ci si concentri sulla sua musica e non sulla sua persona. Ma in ogni caso di lei si parlerà lo stesso. Per fortuna. (Silvia Danielli)
16. Whitemary – NEW BIANCHINI
NEW BIANCHINI è una deliziosa opera di musica da club, dove la cassa dritta c’è (Oh! Ma dai e Un’esercitazione) e fa da collante a una produzione sofisticata, leggera, senza mai cadere nella superficialità. Biancamaria (qui la nostra cover story) possiede la leggerezza dei beat e vocale di Charlotte Adigéry, la sfrontatezza ma non esagerata di Marie Davidson e il coraggio di mettersi in gioco, anche ballando mentre suona. Adesso è l’ora di vederla dal vivo con le sue macchine e le sue idee in musica. Vogliamo avere più Whitemary in Italia. (Tommaso Toma)
15. Post Nebbia – Pista nera
Quando parte Leonardo e la voce con spiccato accento padano dell’altoparlante introduce la strumentale dal tono drammatico sembra di essere proiettati in uno dei campi larghi dei Fratelli D’Innocenzo. La provincia stavolta però, oltre a essere quella della Pianura padana, rimane ancor di più sullo sfondo, lasciando spazio alla disillusione nei confronti della contemporaneità. I Post Nebbia traducono tutto con un suono stratificato, dove le chitarre si mescolano ai synth psichedelici. Rispetto ai lavori precedenti, Pista nera è un album molto più suonato, pensato per travolgere gli spettatori dal vivo. Il disco della maturità per una delle band più rilevanti del nostro panorama musicale. (SV)
14. Papa V – Trap fatta bene
Cruda, tagliente, dissacrante, sporca, estremamente identitaria, che non scende a compromessi per piacere a tutti e proprio per questo finisce per farlo: sono questi gli ingredienti principali della Trap Fatta Bene di Papa V che ad aprile ha pubblicato uno dei migliori album rap del 2024 a mani basse e per questo merita un posto in classifica. L’accoppiata con Fritu è vincente, le collaborazioni sono poche e coerenti con l’immaginario del rapper di Pieve Emanuele (Nerissima Serpe in primis, con un’entrata in Mattone già destinata a rimanere un culto). Con TFB Papa V ha portato un nuovo credo nel rap italiano e con l’uscita di Mafia Slime 2 prevista per il 17 gennaio i suoi proseliti sono destinati a moltiplicarsi. Amen. (GV)
13. Delicatoni – Delicatronic
Uscito adesso, arriva senza alcun indugio a occupare una posizione di rilievo tra gli album del 2024. Un attestato non solo di fiducia e stima per questo quartetto vicentino (qui la nostra cover story), grazie alla loro bravura e poliedricità, ma anche di ammirazione per il coraggio che i Delicatoni hanno saputo mostrare, mescolando il loro sofisticato pop venato di soul jazz con la pc-music e i freddi suoni della drum machine come accade nelle tracce La stessa cosa assieme e in Passo dopo Passo. E la sfida è stata vinta alla grande. (TT)
12. Mahmood – NEI LETTI DEGLI ALTRI
Quasi un “ritorno alle origini”, ai tempi di Gioventù Bruciata, (Tutti contro tutti). Poi c’è la magia che sgorga nella potente PARADISO, dove Mahmood lascia la scena a Chiello e Tedua, BAKUGO (non poteva mancare un rimando ai manga…), che cambia ritmo ben tre volte e c’è l’ombra di un synth glaciale, anni ’80. NEVE SULLE JORDAN è il brano più latino del disco… Senza dimenticare il tormentone per grandi e piccini TUTA GOLD. Mahmood è diventato adulto definitivamente con uno degli album italiani migliori del 2024. (TT)
11. Generic Animal – Il canto dell’asino
Dovremmo tutti chiedere scusa agli asini. Fin dall’infanzia, complici Pinocchio e Carlo Collodi, siamo spinti a considerarli erroneamente animali di serie b: poco intelligenti, a tal punto da non essere neppure certi che siano in grado di provare emozioni, e utili solo al lavoro sporco. Un po’ come si sente chi, come Luca Galizia, si ritrova alla soglia dei trent’anni con ben poche certezze. Il canto dell’asino è l’album della (mancata) maturità espressa in un mix di generi e strumenti – dall’elettrica all’autotune – tenuti insieme da una scrittura essenziale e commovente. Generic Animal ci ha regalato il disco per accettarci così come siamo: irrisolti, profondamente inadeguati e per questo speciali. Come una serata in un bar Karaoke con Marta del Grandi. (SV)
10. Club Dogo – Club Dogo
L’abbiamo desiderata, anelata, voluta, e alla fine il sogno di ogni zanza si è avverato davvero: il 2024 è iniziato sotto il segno del Cerbero e la reunion di Guè, Jake La Furia e Don Joe non poteva che concretizzarsi con un album che ci ha ricordato perché i Club Dogo sono ancora una delle cose migliori accadute al rap italiano. Autocitazioni, richiami al passato nelle sonorità e nei testi, sample accurati, pochi feat ma giusti (su tutti quello con Marra in Nato per questo). Insomma, un progetto davvero realizzato dalla gente per la gente, la propria. E sullo sfondo quella Milano che non è più nemmeno lei quella di Mi Fist, ma che non smetterà mai di accogliere i suoi king. (GV)
9. Cosmo – Sulle ali del cavallo bianco
Cosmo ha imparato a volare alto sulle ali del pop. Per la prima volta l’artista di Ivrea ha dato forma a un lavoro “classico”, con canzoni dove il pop viene scandagliato nelle sue mille sfaccettature, dai richiami al cantautorato italiano anni ’70 alle semplici melodie della dance progressive che sbancava le classifiche negli anni ’80. Bella anche la complicità con Alessio Natalizia. Adesso ci aspettiamo altre sorprese da Cosmo, e siamo sicuri che non ci deluderà. (TT)
8. Emma Nolde – NUOVOSPAZIOTEMPO
Multistrumentista, cantautrice, produttrice: una fresca classe 2000 che affronta i temi della contemporaneità con profondità e intelligenza, senza mai eccedere. Di Emma Nolde si ha un enorme bisogno. Certo anche perché di cantautrici e – soprattutto produttrici – non possiamo annoverarne molte in Italia. Quindi il fatto che con un certo coraggio lei riesca a definirsi tale è una spinta per tutte le giovane donne che possono avere dei modelli di riferimento (e lei lo ha raccontato di aver avuto difficoltà all’inizio). Con leggerezza Emma ci parla di pressioni e aspettative e sembra (sembra!) sopportarle e superarle. Forse il contatto con la vita delle persone comuni del suo paesino in Toscana, che non ha voluto abbandonare, può essere in parte la sua soluzione. (SD)
7. Nayt – Lettera Q
Come si fa a rompere le catene in cui la società in cui viviamo ci imbriglia e oltrepassare così i confini della nostra mente? In che modo il cerchio in cui siamo racchiusi può essere spezzato come quella piccola barretta fa con la O, trasformandola in una Q? Cosa siamo noi in relazione agli altri? Sono queste – oltre a molte altre – le domande che Nayt si è posto in Lettera Q. Un disco in cui William fa una cosa preziosa nell’era del superficiale: mettere e mettersi in discussione con l’acume di chi non vuole farsi sfuggire nessun particolare, spingerci a delle riflessioni con brani che richiedono un ascolto vero. E ci riesce perfettamente. (GV)
6. ANNA – VERA BADDIE
Finalmente una “girl che conta” (passaggio di testimone da MYSS KETA ad Anna), e noi lo abbiamo capito subito, perché il fenomeno Bando non poteva finire lì. Ma nello stesso tempo Anna è anche una “tipa come noi”, lo sberluccihìo del mondo bling-bling annega nel rosa delle camerette di qualunque ragazza post Barbie e Bratz. Non c’è status ma presenza, democratica. E Anna con le sue canzoni, e sorridendo al mondo, ci trascina tutti in un mondo migliore. (TT)
5. IRBIS – Lacrime e cemento
IRBIS mancava dalle scene da quattro anni e nella primavera del 2024 è tornato con un album potentissimo e urgente che racconta quello che probabilmente è stato il periodo più difficile della sua vita in cui è successo di tutto, tra cui incomprensioni che hanno disgregato il suo vecchio gruppo, una casa in fiamme e l’incontro con Ceri e Colombre, che hanno preso la rabbia di Martino e l’hanno catalizzata in quello che è uno dei dischi migliori dell’anno, di quelli che nel marasma del nulla o quasi da dire restano impressi e che riescono nell’impresa di coinvolgere tutti quei diversi che si sentono sbagliati, esclusi, dimenticati e incompresi. Ma per una volta, forse, meno soli. (GV)
4. Kid Yugi – I Nomi del Diavolo
Se con The Globe Kid Yugi aveva attirato l’attenzione della scena, del pubblico e della critica che lo ha eletto a nuovo prodigio assoluto del rap italiano, con il suo secondo album, I Nomi del Diavolo, il rapper di Massafra ha confermato una penna come la sua si vede davvero una volta ogni vent’anni. Nel disco Francesco racconta con una lucidità e una profondità di analisi rare il male che si annida delle piaghe scoperte della società e in quelle più nascoste dell’essere umano, tra la mancanza di prospettive che scompaiono dietro ai fumi tossici dell’Ilva, la disillusione che arriva quando i sogni si scontrano con la realtà, la paura di non sentirsi mai all’altezza delle aspettative e quella di non lasciare una traccia di sé. (GV)
3. Lamante – In Memoria Di
Guerra e pace, rabbia e amore, presente e ricordi, tutto filtrato da un suono ruvido e raffinato allo stesso tempo. Come gli ottoni di Non chiamarmi bella o i tratti orientaleggianti di Rossetto. Giorgia Pietribiasi firma il debutto italiano dell’anno. Un album, prodotto da Taketo Gohara, che è la dimostrazione che in Italia è possibile anche un altro genere di musica, ma per far sì che essa “accada” servirebbe più coraggio da parte delle case discografiche. Up Next Italia di Apple Music l’ha scelta tra gli artisti emergenti del 2024, ma non basta. Abbiamo bisogno di voci non accomodanti, di suoni spigolosi e parole che graffiano come quelle di Lamante. (SV)
2. MACE – MĀYĀ
Fino al 13 dicembre quello di Mace è stato per chi scrive l’album italiano dell’anno. E non è facile, anzi, tutt’altro, riuscire a realizzare un producer album coeso e con una spinta creativa così forte. Ma Mace c’è riuscito. Molto probabilmente grazie alla sua personalità così accesa ma così versatile da riuscire a mettere insieme artisti top del pop italiano come Marco Mengoni e del rap come Guè, Fabri Fibra, Noyz Narcos. Senza dimenticare la sua enorme bravura a far brillare emergenti come centomilacarie o Marco Castello e a dare attenzione anche a bravissime cantautrici come Joan Thiele, Altea e a rapper come Ele A. Forse anche perché l’atmosfera creativa che pare sia riuscito a ricreare in un casolare in Toscana sembra quanto di più lontano ci sia dalla fast-music di oggi. E così, l’album di Mace diventa un meraviglioso viaggio psichedelico dove ogni traccia trova il suo spazio e il suo perché ben preciso. (SD)
1. Marracash – È FINITA LA PACE
Lo diciamo subito e senza mezzi termini: chi trova delle critiche a questo album lo fa giusto per volersi distinguere. Se arte è riuscire a esprimersi con sincerità estrema, arrivare a tutti (generazioni molto diverse comprese), trovando anche le basi musicali perfette, È FINITA LA PACE unisce queste 3 componenti. Marz e Zef (con il contributo di Fritz Da Cat in Crash) producono in modo magistrale, i sample di Firenze (Canzone Triste) di Ivan Graziani e Uomini soli dei Pooh sono come ciliegine su una torta più che perfetta, senza bisogno di aggiungere alcun feat. Il tutto su testi che sono oggettivamente uno schiaffo per chiunque. Nessuno assolto. Performattivismo, ansia per il futuro, rapper tutti uguali che parlano solo di cose superficiali. È arrivato tutto senza preavviso, la mattina del 13 dicembre da parte del nostro Kendrick Lamarra. Che sicuramente ha chiuso il cerchio di Persona e Noi, loro, gli altri ma in fondo è tornato anche agli argomenti di Status di 10 anni fa. E ha fatto ancora più male. Ma la domanda vera è: ci sveglierà almeno in parte? (SD)