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Il domani di Beabadoobee è già qui

Nel suo terzo album “This Is How Tomorrow Moves”, la cantautrice britannica di origine filippina per la prima volta si lascia andare a una scrittura introspettiva che si riflette in un sound più elaborato. Alla produzione c’è Rick Rubin

Autore Samuele Valori
  • Il9 Agosto 2024
Il domani di Beabadoobee è già qui

Foto di Jules Moskovtchenko

È raro che si arrivi subito al punto. Gli album, premesso che qualcuno ancora li ascolti per come vengono pubblicati, di solito tracciano un percorso che al centro della tracklist – o poco prima – trova compimento con un brano rivelatorio. Beatrice Laus, forse proprio perché viviamo in un mondo che non ha tempo, va dritta e, non solo lancia come primo singolo Take a Bite, ma lo posiziona anche come traccia di apertura di This Is How Tomorrow Moves. Il terzo album dell’artista britannica di origini filippine è un taglio col passato: non c’è più la ragazzina estroversa di Fake It Flowers e Beatopia, ma una Beabadoobee che è dovuta crescere in fretta dopo il successo. Una maturità artistica, oltre che personale, frutto di un equilibrio raggiunto dopo un anno complicato.

Fuori dalla Beatopia

Non dev’essere stato facile scrivere e soprattutto registrare un brano come Take a Bite per Beabadoobee. È la stessa artista a rivelare quanto all’inizio si vergognasse della canzone. Il ritratto introspettivo che apre This Is How Tomorrow Moves è quello di una donna che ricade spesso – da qui la metafora biblica del titolo – nei propri comportamenti tossici. «È trovare conforto in un luogo familiare, trovare conforto nel caos, perché è quello che conosco. Quindi lo porto in ogni aspetto della mia vita, specialmente nelle relazioni» ha raccontato a NME. Questo segna uno scarto rispetto al passato della cantautrice che mai aveva lasciato così spazio al suo lato interiore.

L’ultimo periodo vissuto dall’artista è stato in qualche modo rivelatorio. Il tour, la fine di amicizie e relazioni e infine il fidanzamento con Jake Erland. Ma sia chiaro, è tutto merito suo. È sempre lei che guida e suona la chitarra con cui sa essere ancora spietata e sarcastica come in Real Man. Un brano pop sbarazzino, quanto elegante, che pullula di influenze. La più evidente, nella metrica dei versi e nei pizzicati di pianoforte, è Fiona Apple. La velocità di una vita a cento all’ora fatta di concerti e lavoro è invece descritta alla perfezione dal suono pop rock nostalgico del secondo brano California.

La presa di coscienza va di pari passo con una produzione molto più nitida che stupisce solo chi non è al corrente di chi sia il produttore del disco. Beabadoobee ha infatti registrato l’album con Rick Rubin a Shangri La. La mano di uno dei gotha della produzione si nota maggiormente in brani come One Time dove è impossibile non essere trasportati altrove durante l’esplosione sonora del bridge e il breve e distorto assolo di chitarra elettrica.

La collaborazione con Rick Rubin è nata per caso. Beabadoobee ha tentato di raccontarla in Beaches, canzone scritta a Malibu e ispirata alle fasi in studio con lo storico produttore. Un periodo magico in cui, come rivelato al Guardian, ha anche incontrato Nick Cave. Proprio Beaches, insieme all’altro brano più debitore degli anni ‘90/’00 Post, è quello in cui l’apporto di Rubin emerge in modo inequivocabile. Ancora una volta basta far caso al suono delle chitarre elettriche.

Tra amore e autostima

Traccia dopo traccia Beabadoobee alterna meditazioni sul suo modo di vivere e interpretare le proprie emozioni a piccoli quadretti semi acustici. In quest’ultimi prevale il sentimento più forte di tutti: l’amore. Non serve andarsi a recuperare le ultime interviste rilasciate dalla cantautrice, che la nuova relazione abbia un ruolo decisivo nel filo narrativo e sonoro del disco è indubbio. I brani in cui la voce di Beatrice si fa più delicata, accompagnata principalmente dalla chitarra acustica, sono quelli in cui racconta del suo nuovo equilibrio sentimentale. Come nel secondo singolo Coming Home, idealmente il seguito folk di California, che è stato scritto in un attacco di nostalgia di casa – e dei suoi due gattini Kimichi and Miso – in una camera d’hotel a Los Angeles durante il tour.

Beatrice è abile nel descrivere quella quotidianità che, da lontano nel tempo e nello spazio, assume un sapore e un colore diversi. Gli ottoni che compaiono nel finale donano un tocco emotivo in più. Così come gli arpeggi di elettrica che condiscono l’innamoratissima Everything I Want. Tuttavia, il momento migliore del disco è anche uno dei più sperimentali. Ever Seen racchiude tutti i colori dell’album. Inizia come un brano dei Big Thief e, in un crescendo sonoro che segue il racconto del superamento di una crisi, si aggiungono percussioni e synth che però non coprono l’anima folk primordiale da cui nasce il pezzo.

La fragilità di cui Beabadoobee non fa di certo mistero in questo album disarma l’ascoltatore con Girl Song. Il brano più lungo posto al centro della tracklist. Una ballata piano e voce in cui Beatrice mostra le sfumature R&B della sua voce e parla di quanto sia complicato riconoscersi nelle difficoltà e ritrovare fiducia in se stessi. Sembra invece tentare di liberarsi di un peso nella precedente Tie My Shoes. Altra canzone che ripropone uno schema collaudato in cui l’artista sembra sguazzare a meraviglia. Siamo nei territori di Clairo.

This Is How Tomorrow Moves

Il ritmo di A Cruel Affair che evoca gli attimi rilassati di un bicchiere di vino con la propria metà dopo un litigio, potrebbe apparire come un altro dei piccoli episodi sparsi qua e là nel disco. Eppure, le note distanti di chitarra elettrica sembrano disegnare i sorrisi al pensiero di come certe cose possano sembrare così complicate. E allora si comprende il titolo dell’album e il percorso che Beabadoobee ha immaginato per l’ascoltatore. Guardare al passato, farci pace, o almeno accettarlo, per iniziare a comprendere quale possa essere la strada futura.

Dopo l’idillio notturno The Man Who Left To Soon, che avrebbe meritato qualche secondo in più di durata, ci si lascia andare nel finale dal titolo emblematico This Is How It Went. «Writing ‘cause I’m healing, never writing songs to hurt» canta Beatrice. Una rivelazione e una dichiarazione d’intenti allo stesso tempo. Dolce, delicata e intrisa di un invidiabile coraggio. Ora che si è chiuso un capitolo della sua vita e della sua carriera, c’è il domani è già qui ad aspettarla.

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