In “Hit Me Hard And Soft” Billie Eilish colpisce in modo brutale con una delicatezza disarmante
Il nuovo album della cantautrice uscito oggi conferma che alla base dell’arte più sentita le mezze misure non sono contemplate, ma c’è sempre un dolore lacerante che deve essere vissuto visceralmente per poter essere lasciato andare
Fino a poco meno di 48 ore dall’uscita, del suo nuovo album Hit Me Hard And Soft Billie Eilish non aveva rivelato praticamente nulla. Nemmeno un singolo per intero (ma – diciamoci la verità – quanto è molto più coinvolgente ascoltare un disco completamente al buio, immergendosi a fondo nel viaggio di un artista senza saltare nemmeno una tappa?), e per una scelta precisa. Disimparare a decontestualizzare in un mondo iperconnesso ma sempre più frammentato e distrattamente veloce. In cui una canzone viene recepita come un’effimera entità a sé stante e non come parte di un tutto più complesso.
Billie Eilish ha infatti custodito il suo nuovo album con cura, come si fa con i segreti più delicati, profondi e talvolta dolorosi. Di quelli che devono essere svelati con cautela, al momento e alle persone giuste. Perché mostrano la nostra parte più fragile e hanno bisogno di tempo per essere compresi. Ad anticipare il suo terzo progetto, solo un’unica, lunga, intervista rilasciata a Rolling Stone US. In questa, la cantautrice simbolo di una generazione al collasso e in continua lotta con i propri demoni, con una sola frase riassumeva il concetto che sottende Hit Me Hard And Soft. E, più in fondo, un preciso modo di concepire l’arte e di vivere la vita. «Se faccio una cosa e non soffro, mi sembra di non farla bene».
La sofferenza fisica di Billie Eilish per lo scatto della copertina del nuovo album
E infatti è proprio ad una prova estrema di resistenza e conseguente sofferenza fisica che Billie Eilish sottopone il suo corpo senza organi – o, più banalmente, quello proprio del masochista – per scattare la copertina del suo album migliore, più importante e vero. Quello che «riflette esattamente chi sono oggi». Dodici interminabili ore ripetutamente immersa in una piscina in una fredda e piovosa giornata a Los Angeles, con un peso sulle spalle che la tiene sul fondo.
«Non ho mai sofferto così tanto in vita mia. Un dolore atroce e straziante per dare vita alla copertina di un grande album», confiderà ad Angie Martoccio. Confermando dunque che alla base dell’arte, quella vera, le mezze misure non sono contemplate. Ma c’è sempre un dolore lacerante che deve essere necessariamente vissuto visceralmente per poter essere lasciato andare.
Sopra di sé, una porta aperta che si riflette sull’orlo dell’acqua, la sua più grande paura quando era bambina. Un’immagine che ricorre spesso nelle dieci tracce di Hit Me Hard And Soft e l’emoji con cui Billie lo descriverebbe. Una probabile metafora dell’aprire le porte della parte più intima di sé (come ci ha abituati sin dagli inizi). Ma – ad un’altra lettura – una sorta di via di fuga dalle aspettative. Da quella zavorra schiacciante chiamata successo che negli anni ha reso Billie «fortunata ma infelice» e l’ha costretta in un personaggio che non le apparteneva. E di cui gradualmente sta cercando di svestire i panni per ritornare alla sé del 2019. Quella di When We All Fall Asleep, Where Do We Go?, ancora genuinamente inconsapevole.
Il peso schiacciante del successo e delle aspettative
E quando la fama ti travolge ancora molto giovane, facendoti crescere più in fretta del dovuto, non ci vuole molto affinché il suo lato oscuro metta a repentaglio la tua salute mentale. Portando pericolosamente la tua psiche in abissi da cui è difficile guardare cosa c’è al di là.
Per questo per ritrovarsi Billie Eilish ha dovuto perdersi tra l’ossessione di essere cool e misteriosa a tutti i costi, anche quello di annullare la sua esistenza là fuori («ne ero ossessionata. Non volevo che qualcuno mi conoscesse. […] Avrebbero saputo chi sono e lo trovavo terrificante. E se poi non fossi piaciuta?») e lo sfinimento che deriva dall’avere gli occhi di tutti pronti a giudicare tutto ciò che fai. Senza esclusione di colpi. Gli stessi con cui Billie Eilish nel suo nuovo album ci percuote in modo impietoso e brutale, ma senza mai perdere la sua delicatezza disarmante.
Non è un caso, dunque, che Hit Me Hard And Soft si apra con Skinny («il primo brano che ho scritto per questo disco. Ancora prima di What Was I Made For?», racconta), una ballad minimale e allo stesso tempo sontuosa (l’intero lavoro di produzione di Finneas è a dir poco superlativo) in cui tira le somme di ciò che è stato (un periodo di blackout totale dopo il compimento dei suoi 21 anni. Quando all’apice del successo ha dovuto sottrarsi allo sguardo indiscreto del mondo. L’errato sillogismo per cui “le persone ti credono felice solo perché ti vedono più magra”) e di ciò che è (l’idea che forse quella che vuole essere è quella che era prima. Di ritrovare l’adolescenza perduta. E il pensiero ossessivo di essere “already on the way out”).
Sulla stessa scia soft si inseriscono Wildflower e soprattutto The Greatest. In cui Billie Eilish afferma di star “facendo del mio meglio per soddisfarti (un concetto disseminato spesso qua e là nel disco, ndr) ma tu non vuoi sapere quanto sola sono stata”. Come canta con voce flebile e quasi rarefatta per poi esplodere in un climax esasperato e penetrante. Un dualismo su cui è costruita la maggior parte delle tracce.
Nel nuovo album di Billie Eilish c’è spazio anche per l’amore
Ma oltre alla contemplazione e all’autoriflessione, in Hit Me Hard And Soft c’è anche spazio per l’ossessione sinistra e fatale (The Diner) e l’amore. A tratti sussurrato e malinconico, tormentato e disperato (Bittersuite e Birds of feather), ironico e quasi disinteressato (L’amour de ma vie). Poi carnale e disinibito, sfacciato, dirompente e finalmente libero. Come accade in Lunch. Un sexy e scintillante midtempo che l’ha aiutata a riconoscere ciò che è veramente e ad esplorare la sua sessualità senza timori. Il brano è infatti dichiaratamente rivolto a una ragazza con cui Billie farebbe sesso con la stessa foga con cui mangerebbe un piatto di cui non avrebbe mai abbastanza.
Un finale enigmatico
Eppure, dopo il viaggio nei suoi luoghi più oscuri, in Blue – la lunga e iper cinematografica traccia che chiude il sipario su Hit Me Hard And Soft – la luce è flebile. Il suono si fa più enigmatico, nel mezzo compare un compendio di riferimenti agli altri brani del disco. Quasi una rievocazione del passato visto da un presente lontano. E sul finale Billie sembra prendersi amaramente gioco di tutti coloro che vogliono sempre di più dagli artisti con la domanda “quando posso sentirne un altro?”. Sembra quasi tornare al punto di partenza, come in un cerchio che si chiude trovando forse la pace in un inevitabile conflitto interiore che forse non si sopirà mai.
Al termine di quello che sembra essere un delirio allucinato in cui quasi nulla appare chiaro, infatti, le certezze che scaturiscono da Hit Me Hard And Soft sono due. La prima, che Billie Eilish non può cambiare se stessa, ma il modo di percepirsi in relazione al mondo che la circonda. La seconda è l’atavico desiderio di essere finalmente vista e accettata non per il personaggio misterioso e sfuggente dietro al quale si era nascosta negli ultimi anni, ma esattamente per quella che è. Una normale ragazza di 22 anni che – in un mondo costellato di star che conducono una vita patinata brillando della luce del successo – sa coglierne le ombre e abbracciarne i fantasmi. Ma con lo straordinario potere di trasformarli in arte sentita e vissuta, che rimarrà davvero impressa nel tempo.