Il concerto di Björk a Milano è stato impeccabile: la sinistra riparta da lì
Siamo stati alla prima data italiana del tour “Cornucopia” di Björk. Il report del concerto al Mediolanum Forum di Assago
Apparentemente ci sono due tipologie distinte di fan hardcore che si possono incontrare a un concerto di Björk; o almeno, sono quelle che ho individuato trovandomi esattamente in mezzo ieri sera a Milano al Forum. Alla mia sinistra, un amico espertissimo in materia, al suo sesto concerto, di cui il primo addirittura nel 2003, quando aveva tipo 12 anni. «Ecco, questa vedrai che la stecca» mi dice preoccupato prima di Show Me Forgiveness, una delle pochissime in scaletta antecedenti a Vulnicura del 2015.
Poi però non solo la canzone non l’ha steccata, ma non l’ha fatto mezza volta in tutta l’ora abbondante di live. A detta di tutti, quella sul palco era prima di tutto una Björk in forma, impeccabile nel suo concerto e sempre più determinata in ciò che intende dire al mondo. «Molto più in forma dell’anno scorso a Berlino» prosegue il mio amico sulla metro di ritorno.
C’è anche da dire che l’Orchestral Tour del 2022 era per definizione qualcosa di più posato, con arrangiamenti orchestrali e una scaletta molto più manieristica, improntata sui classici preferiti dalla cantante islandese. È stata una piccola parentesi in un’equazione ben più grande. Cornucopia è invece un tour che per tutta una serie di motivi, dalla pandemia all’indiscutibile successo di Utopia, ha lo stesso scheletro visivo ma anche sonoro dal 2018. E in tutta onestà, va bene così.
Björk, il concerto al Forum di Milano è la sua ultima metamorfosi
È come se, con Utopia, Björk abbia raggiunto la sua forma perfetta. Come nel ciclo biologico di un lepidottero, ha completato la sua ultima metamorfosi, senza però precluderci/si da qui in avanti un futuro costellato di sorprese. Dopo una fase embrionale e selvaggia degli anni Novanta di Homogenic, l’uovo si è dischiuso rivelando un’artista meravigliosamente inafferrabile, incasellabile, con un’iperattività espressiva che definire urgenza è riduttivo. Vespertine, Medúlla fino ad arrivare alla crisalide di Vulnicura, una fase per forza di cose necessaria per potersi curare dalle ferite (in latino, vulnera) causate dalla burrascosa fine di un amore molto importante.
La scaletta del concerto di Björk a Milano parla chiaro: se escludiamo Pagan Poetry e Isobel, la spina dorsale del concerto si poggia su vertebre successive a Utopia (con qualcosina del nuovo, bellissimo Fossora) per il semplice fatto che artisticamente non c’è nulla di più björkiano e urgente del messaggio che contiene. Non c’è un concept da legare a un album successivo che possa essere “più importante”.
Le parole di Greta Thumberg proiettate sullo schermo prima del bis alla fine del concerto e quelle di Future Forever proiettate in forma testuale a una mezzoretta dall’inizio dello show di Björk sono le uniche su cui ogni dibattito di oggi dovrebbe vertere. «Dobbiamo parlare chiaro. I politici di oggi continuano a parlare di un’eterna economia verde perché hanno troppa paura di essere impopolari» dice Greta proiettata sul sipario. «Continuano ad andare avanti con le stesse cattive idee. Ci hanno messo loro in questo casino. Ma a me non importa di essere impopolare. Stiamo sacrificando il pianeta perché un piccolissimo numero di persone possa continuare ad accumulare una quantità inimmaginabile di denaro.»
Se Madre Natura è donna ci sarà un motivo
“Imagine a future and be in it / Feel this incredible nurture, soak it in / Your past is on loop — turn it off / See this possible future and be in it” ma soprattutto “Weave a matriarchal Dome” sono le parole con più potere penetrante di Future Forever. Il mondo degli uomini (molto spesso bianchi, molto spesso etero, quindi la categoria di persone di cui sempre più spesso mi vergogno di far parte) ci ha condotto sull’orlo dell’apocalisse. La politica ha fallito, la democrazia pure. È tempo di riconsegnare la vita nell’unico luogo in cui può davvero sentirsi al sicuro: in un grembo materno, tra le braccia di una figura femminile, come quella della mia amica seduta alla mia destra, che rappresenta la seconda categoria di fan hardcore ad un concerto di Björk: lacrime dall’inizio alla fine, intervallati da brevi commenti. «È bravissima.»
Se Madre Natura è donna ci sarà un motivo. Ed è allora lì che i versi degli uccelli, il suono dell’acqua, le sei flautiste che paiono quasi ninfee su uno stagno quando vorticano attorno alla loro Dea della foresta col microfono in mano, l’intera estetica visiva del concerto di Björk a Milano , tra anemoni di qualche xenopianeta e tubuli di micelio pulsanti non sono che un richiamo all’attenzione. Questo è quello che abbiamo, e questo è quello che possiamo perdere se non agiamo ora. Il futuro, per citare l’amato Bifo, è inscritto nel presente. Bisogna solo capire per quanto tempo riusciremo a raccontarci la cazzata per cui, girando la testa dall’altra parte, andrà tutto bene.