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Bresh ha dato un nome al suo mare: «“Mediterraneo” è stata una terapia per rimanere a galla tra le maree dell’umore»

Il cantautore ci ha raccontato il suo terzo album in uscita venerdì e quella che lui definisce “hope music”. In autunno il tour nei palasport: «Mi dispiace molto per le date estive annullate, troppo poco tempo per preparare uno show adeguato»

  • Il4 Giugno 2025
Bresh ha dato un nome al suo mare: «“Mediterraneo” è stata una terapia per rimanere a galla tra le maree dell’umore»

Per i tempi che corrono scrivere musica che parli di speranza è strano, o quantomeno complicato. Il rischio è alto. Se tu artista non ci credi per davvero, se quelle cose non le senti, è facile risultare “finto”. Ascoltando Mediterraneo di Bresh percepisci delle vibrazioni positive fin da subito, spesso mescolate a una nostalgia agrodolce. Come spiegato nel trailer che andrà anche nei cinema, girato a Tenerife, Andrea ha imparato a trovare la sua speranza nell’immaginazione. «Questo è un album per sognatori» spiega. «Scriverlo è stata un’autoterapia e un modo per mantenere l’equilibrio durante le maree». È quello che canta nel singolo Umore marea che ha anticipato di qualche settimana il suo terzo progetto discografico in uscita questo venerdì.

Mediterraneo chiude idealmente una trilogia profondamente legata all’acqua, iniziata nel 2020 con CHE IO MI AIUTI e proseguita con il successo di ORO BLU nel 2022. Sebbene il tuffo che si vede nel video sia nel freddo dell’oceano, Bresh rimane sempre e comunque legato al suo mare. Torna ancora volta per tutto il disco, in maniera soprattutto spensierata e legata all’amore, che sia esso estivo, fisico o sentimentale. Se in Agave si celebra un innamoramento irresistibile, la jazzy e raffinata Erica, con «l’astro nascente» Sayf, «è una provocazione che divide un po’ il sesso dall’amore». Tutto questo mare però non è solo una scelta poetica e una costante stilistica, ma soprattutto un’ancora identitaria alla quale il cantautore genovese si è aggrappato.

«Dopo ORO BLU mi è cambiata la vita. Avevo più soldi in tasca, una nuova macchina e ho smesso di abitare con i miei amici. Sono cresciuto di colpo» racconta Bresh. «Ho avuto paura anche perché, per cause esterne, ho ritardato i lavori sull’album e avevo il serio timore di perdere il fiammifero dell’ispirazione». Poi c’è stato Sanremo, La tana del granchio da cui uscire per farsi conoscere anche al di fuori della stretta cerchia dei fan della prima ora. «Il Festival è indubbio che mi abbia fatto conoscere a nuove persone, ma quella lì è una fanbase fatua e volabile. Sono dell’idea che il singolo non faccia aumentare i fan. Do molta più importanza all’album come opera» spiega.

Proprio l’identità è uno dei punti sui quali si sofferma maggiormente Bresh durante l’incontro con la stampa: «Con questo disco volevo dimostrare che non sono cambiato. La paura di essere vittima di una depersonalizzazione è costante».

Partire e ripartire

Quando gli viene chiesto quali immagini inserirebbe in un’ipotetica cartolina da inviare per descrivere Mediterraneo, Bresh cita tre luoghi. «La collinetta dell’omonimo film di Gabriele Salvatores, la casa di Pablo Neruda ne Il postino con Massimo Troisi e la vista su Portofino che ho da casa mia». È un andirivieni tra Genova e il mondo, un rapporto che per la prima volta il cantautore sembra aver accettato del tutto. «Nei primi dischi c’era sempre il tema del ritorno a casa. La fame d’avventura, ma senza capire il bisogno del viaggio. Scrivendo questo album ho compreso che esiste il grigio. Il ritorno a casa non deve impedire la ripartenza. Vanno vissute entrambe» svela il cantante.

Anche a livello di tracce c’è un costante dialogo tra l’artista di un anno e mezzo fa e quello rinnovato – e con molta più esperienza – dopo l’Ariston. Non contano tanto i problemi tecnici durante la serata delle cover, «in quel momento l’ho presa con ironia e allo stesso tempo mi è scattato l’interruttore di massima lucidità che parte quando sento il pericolo», ma la mission impossible superata con scioltezza. E se qualcuno, ascoltando l’unico pezzo in dialetto genovese Aia che tia lo assocerà al buon riscontro ottenuto dalla sua versione di Creuza de mä beh, sappi fin da subito che non c’entra nulla.

«Quella canzone in genovese l’ho scritta mesi prima del Festival di Sanremo, l’avevo già in testa. La cover è stata invece una scelta successiva e una scommessa vinta» rivela il cantante. E sulle canzoni già pubblicate in streaming? «Ho inserito nella tracklist Guasto d’amore, Torcida e Altamente mia non per l’algoritmo e i numeri, ma perché desideravo che questi tre pezzi finissero su un supporto fisico».

Anche i featuring seguono lo schema del “poco, ma significativo”. C’è il passato storico con Tedua – «Mario non c’era in ORO BLU e non poteva mancare qua» – il futuro con il già citato Sayf – «lo conosco da quando era piccolissimo» e il mentore Achille Lauro che canta il ritornello de Il limite. La quarta collaborazione meriterebbe un paragrafo a parte. Altezza cielo con Kid Yugi è senza dubbio il pezzo centrale di Mediterraneo e quello che mostra una possibile sfumatura del Bresh che verrà. «È il brano più personale, ma anche il più impersonale. Provo a descrivere un’entità che non si conosce, ma che si sente. Guardo al cielo e mi chiedo chi è che ci sta osservando sbagliare, chi ci accompagna già sapendo su quale ramo andremo ad inciampare. È anche una presa di consapevolezza che c’è qualcosa che non posso vedere, ma che percepisco».

Il tour nei palazzetti e le date estive annullate

Dal prossimo 25 ottobre Bresh intraprenderà la sua prima tournée nei palasport. Partirà da Jesolo, passerà per Roma, un doppio appuntamento all’Unipol Forum di Milano (la prima data è sold out e la seconda ha quasi raggiunto il tutto esaurito) e chiuderà a Bologna. Ci sarebbero dovuti essere anche dei concerti estivi prima, ma qualche giorno fa sono stati annullati all’improvviso. «Il tour estivo è stato annullato perché siamo usciti troppo tardi col disco e non c’è stato il tempo di preparare uno spettacolo adeguato. Alcune date erano andate meno bene e abbiamo deciso di concentrarci sui palazzetti» ha spiegato il cantautore. «Mi dispiace molto e chiedo scusa ai fan».

Aggiunge che l’obiettivo è di riuscire a recuperare con un tour più strutturato nell’estate del 2026. Ancora quel sentimento che ritorna in un ciclo infinito. Bresh poco prima di salutare dà una definizione della sua musica: «Hope music, perché voglio che di queste canzoni la speranza». C’è anche un aneddoto a spiegare il tutto: «Mia madre un giorno fece scrivere una frase sul bancone del bar: “Meglio essere positivi e avere torto che essere negativi e avere ragione”. Ho capito solo dopo molto tempo il significato di quella citazione». E quando la marea è bassa? «Basta renderla poesia».

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