Le canzoni di Jane Birkin e Serge Gainsbourg, rappresentazione di un’epoca irripetibile
Basta pensare a “Je t’aime… moi non plus”, canzone dal tono vagamente malinconico, che diventa per noi un reperto storico che avrà nei decenni la stessa importanza delle grotte di Lascaux
Jane Birkin ci ha lasciato da poco. Da tempo era gravemente malata, tanto da essere costretta ad annullare i suoi concerti in primavera. Il suo corpo senza vita è stato trovato nel suo appartamento parigino.
Noi vogliamo ricordarla come “la ragazza perfetta” in un contesto controculturale che esplose nella seconda metà degli anni ’60. Era l’epoca della “Swinging London” e lei – con i suoi magnifici occhi da cerbiatto e un’allure tutta sua – era più disinibita della coetanea Françoise Hardy, anche lei bellissima e ribelle al punto giusto come Marianne Faithfull.
Dalla genealogia di Jane si notano fortune con l’industria del merletto e storie di relazioni extraconiugali con la nobiltà inglese. Era figlia di un maggiore della Royal Navy e di un’attrice-cantante. Da giovanissima aveva sposato il compositore John Barry. Michelangelo Antonioni, che aveva colto perfettamente lo Zeitgeist, non si era fatto sfuggire la possibilità di mettere davanti alla cinepresa Jane Birkin in topless per il suo film Blow Up.
Le cronache raccontano che – come spesso accade – ci fu anche un pizzico di fortuna nella scelta di Jane Birkin da parte di Antonioni. Il ruolo era stato affidato a un’altra bellezza anticonformista dell’epoca: la modella Marisa Berenson, che nel 1975 diede una prova attoriale magistrale nel capolavoro di Stanley Kubrick, Barry Lyndon.
La coppia trasgressiva
Jane Birkin sembrava incarnare nel suo sottile e sinuoso corpo tutta la storia della sua famiglia: un misto di disciplina e istinto, anticonformismo e voglia di cantare. La sua “vocina” (come una volta la definì l’ex marito John Barry, quello delle colonne sonore dei film di James Bond) era flebile, sì, ma irresistibile come lei.
Se ne accorse – oltre a tutto il resto – il cantante e musicista Serge Gainsbourg. Insieme erano la rappresentazione moderna e in carne e ossa della La Belle et la Bête, fiaba d’origine latina ma che prese forma definitiva proprio in Francia dove questa storia divenne un vero topos letterario. Tanto che anche Jean Cocteau nel 1946 ci fece un film sopra.
Cinquantacinque anni fa, la coppia Jane/Serge fece così irruzione tra i parvenus del jet set, creando scompiglio e trasgressione. Jane Birkin non aveva nessuna paura di apparire “scandalosa”. A differenza di Brigitte Bardot – l’altra magnifica diva di Francia – che, fino a quel momento, aveva avuto una relazione con lo chansonnier francese. Insieme avevano registrato la prima versione di una canzone che avrebbe in maniera definitiva cambiato la vita a Jane Birkin: Je t’aime… moi non plus. Era l’estate del 1969.
Jane Birkin, non solo censure
Je t’aime… moi non plus ha una lunga storia di censure ma anche diede vita a devozioni transgenerazionali. Qualcuno sente nel brano una sorta di versione “dopata”, rallentata, di un successo dei Mamas & Papas, I Saw Her Again Last Night. Qualcun altro la considera una semplice melodia che richiama gli sforzi sessuali.
Seppur strutturalmente semplicissima, questa canzone dal tono vagamente malinconico non è solo una canzone ma molto di più: è la rappresentazione di un’epoca. Un reperto storico che nel tempo avrà la stessa importanza delle grotte di Lascaux.
Da quella canzone prese forma il suo meraviglioso primo album, dal titolo semplicissimo Jane Birkin Serge Gainsbourg (Fontana / Mercury, 1969), con il nome della bella inglesina a dimostrazione del fatto che Gainsbourg voleva che lei fosse la protagonista.
Ovviamente c’era come opening track Je t’aime… moi non plus poi Jane era protagonista di alcune bagatelle sonore come Orang Outan, il divertente ragtime di 18-39 e poi di nuovo dei duetti straordinari come 69 année érotique (una canzone-ossessione per molti cantanti; primo su tutti, Jarvis Cocker), la solenne Jane B, per me il più bel brano della carriera da cantante di Jane Birkin.
Sono gli anni in cui Jane e Serge abitano e lavorano nel loro appartamento/alcova a Parigi, al 5 bis di Rue de Verneuil. Lì Jane Birkin abitò per dodici anni. Non ci fece più ritorno dopo la fine del rapporto con Serge, almeno così ci viene detto.
L’intervista alla figlia Charlotte Gainsbourg
Il giornalista Ennio Bruno tempo fa ha intervistato per Billboard Italia la figlia Charlotte, in occasione della presentazione del suo documentario al Torino Film Festival Jane par Charlotte. «La casa è rimasta come congelata nel tempo, è come Pompei», svelò Charlotte in quell’occasione. «Pacchetti di sigarette, posacenere con mozziconi, scatole di cibo, flaconi di profumi Guerlain, un bagno assolutamente spettacolare, foto di Catherine Deneuve, Brigitte Bardot, Marylin Monroe, un busto nero di Jane, i dischi d’oro di Serge appesi alle pareti totalmente nere».
«È come La bella addormentata», dice nel documentario – a mo’ di commento buffo – Jane, probabilmente per mascherare la commozione.
Gli album successivi di Jane Birkin e gli omaggi a Serge
L’altro grande capolavoro della coppia (ma in questo caso a firma solo di Serge Gainsbourg) è il concept album Histoire de Melody Nelson (Mercury / Universal Music) del marzo del 1971. Un disco che divenne negli anni una pietra angolare per gli album di tantissimi artisti, da Beck agli Air, amato da Blonde Redhead, Baustelle, Pulp, Jack Savoretti. Con gli arrangiamenti incredibili di Jean Claude Vannier, il basso muscolare di Dave Richmond e la chitarra aspra di Alan Parker, e ovviamente il continuo flirt tra un pervertito glamour (Serge) e una deliziosa ninfetta (Jane). Potrebbe oggi nascere un album così?
La carriera musicale di Jane sarebbe continuata da allora senza sosta tra album graziosi e un po’ studipini (Di Doo Dah del 1973, ripubblicato da qualche anno da Light In The Attic) e omaggi all’ex compagno Serge come Versions Jane o la bellissima collezione Birkin/Gainsbourg: Le Symphonique (Parlophone, 2017).
Noi preferiamo ricordarla musicalmente così, bellissima nella televisione di stato francese seduta su un sofà e sedotta da Serge con la sua inseparabile sigaretta. Chissà se si cercheranno ancora lassù…