Le hit di oggi nascono, non si creano: ecco perché “Good Luck, Babe!” di Chappell Roan è un’eccezione
Fino a qualche anno fa i singoli da top 10 raggiungevano il successo nell’arco di mesi. Oggi la maggior parte di essi debutta subito in alto in classifica e il marketing prima dell’uscita è più cruciale che mai. Il rischio è finire subito nel dimenticatoio
Lo scorso aprile la popstar, ormai in ascesa, Chappell Roan pubblicava Good Luck, Babe!, un singolo elegante, infarcito di synth, con un testo disinvolto e un ritornello sprezzante. La canzone, dopo aver debuttato alla posizione n. 77 della Billboard Hot 100, nel giro di unidici settimane, ha sorpreso tutti e in modo inaspettato è arrivata in Top 10. Perché inaspettato? Per due motivi. Il primo è dato dai numeri del suo album di debutto The Rise and Fall of a Midwest Princess. Il disco non era riuscito a entrare nella Billboard 200 quando era stato pubblicato lo scorso settembre. L’altra causa della sorpresa è proprio insita nella lenta risalita della sua hit, un percorso che le canzoni di successo non conoscono più.
Partiamo col dire che, fino a qualche anno fa, il percorso verso il successo delle canzoni era molto simile a quello di Good Luck, Babe!. Ci voleva tempo, di solito mesi, per far entrare un singolo nella top 10. Oggi, tuttavia, una traiettoria come quella di Chappell Roan è rarissima. A partire dalla terza settimana di luglio, il 75% delle hit che hanno raggiunto la top 10 ci ha anche debuttato. Il lancio di un singolo è diventato più simile al lancio di un nuovo album o addirittura di un nuovo film: ci si concentra sul marketing pre-rilascio, si vive e si muore in base ai risultati della prima settimana.
Questo ha i suoi vantaggi, dato che gran parte delle strategie di pre-release coinvolge le canzoni sui social media. Gli artisti e le case discografiche spesso sanno cosa pensa il pubblico di un brano prima ancora che esca e possono quindi spendere i soldi della promozione in modo più efficiente. Inoltre, a differenza dei film, dal momento che le canzoni sono ovviamente molto meno costose da realizzare, se l’anticipazione di un singolo non suscita interesse, si può tagliare immediatamente il budget o addirittura cestinare il brano e non pubblicarlo. «L’industria è solita allocare soldi in anticipo per qualsiasi strategia prima di avere la certezza che funzioni» dice Nick Bobetsky, che gestisce Chappell Roan. «Ora non è più necessario farlo».
Il lato negativo
Il potenziale rovescio della medaglia riguarda la vita delle canzoni stesse che rischiano di morire prima ancora di nascere. Molti artisti ed etichette, infatti, spesso non sono disposti, o non sono in grado, di realizzare campagne della durata di un mese che creano successi nel tempo – si pensi a Big Energy di Latto, a Lose Control di Teddy Swims o a Stick Season di Noah Kahan, che hanno impiegato più di 20 settimane per scalare la classifica e raggiungere il picco nella top 10. Per cui il successo delle canzoni deve essere immediato.
«Se un brano non reagisce immediatamente, se non ottiene subito una quantità straordinaria di streaming, tutti pensano: “Non sta funzionando”» spiega J Grand, ex A&R di una major che possiede l’etichetta 88 Classic. «Al contrario, allo stesso modo in cui dobbiamo essere pazienti nel costruire gli artisti, dovremmo essere pazienti con le canzoni in cui crediamo davvero».
Venticinque anni fa, era quasi impossibile che una canzone esplodesse dalla linea di partenza e debuttasse nella top 10 della Hot 100. La posizione in classifica era determinata dall’airplay e dall’ascolto che di solito cresceva man mano che le stazioni radiofoniche si prendevano il tempo di valutarne il successo. Le vendite del singolo aumentavano di pari passo con i passaggi in radio, le apparizioni televisive e l’uscita di un video musicale.
Il ruolo dello streaming e della radio
Nel 2000, una hit media della top 10 impiegava 11,6 settimane – quasi tre mesi – per raggiungere il suo picco. Nel 2024 la media delle canzoni che hanno raggiunto la Top 10, ha conquistato il successo in meno di tre settimane. «Sia il flusso di informazioni che l’acquisto erano lenti» afferma Glenn McDonald, ex dipendente di Spotify e autore di You Have Not Yet Heard Your Favorite Song: How Streaming Changes Music. «Ci voleva un po’ di tempo prima che qualcuno venisse a conoscenza di un singolo o un album. Poi ce ne voleva altrettanto prima che riuscisse a trovare l’entusiasmo per andare davvero in un negozio di dischi per acquistarlo».
Oggi, naturalmente, i social media assicurano che le notizie viaggino istantaneamente e la predominanza dello streaming determina che la nuova musica è a portata di clic o di due. Eppure, una scalata di otto o nove settimane nella classifica fino al 2018 circa era ancora ritenuta accettabile. Pianificare, finanziare e crescere era la funzione principale delle etichette discografiche. «All’epoca, la scalata dipendeva dal fatto che si passasse in radio, che si andasse in televisione, che si facesse un grande servizio giornalistico o addirittura che il disco fosse disponibile in un negozio per l’acquisto» afferma John Fleckenstein, COO di RCA Records.
Le etichette hanno ancora questi strumenti a disposizione. Per esempio, secondo Fleckenstein, la RCA ha portato Big Energy di Latto in radio prima del previsto, dopo aver visto che gli ascoltatori «erano un po’ più vecchi rispetto alle uscite precedenti». La radio tende a svolgere un ruolo cruciale in questo processo. Di solito le emittenti aggiungono canzoni e poi le suonano più frequentemente, man mano che le vedono crescere, piuttosto che lanciare immediatamente un singolo in heavy rotation. Tuttavia la radio – al pari della tv i cui ascolti sono in continuo calo – non fa più scoprire la musica come un tempo, soprattutto ai giovani. Portare gli ascoltatori verso una canzone è molto più difficile in un clima in cui la scelta è apparentemente infinita.
Il nuovo modello di marketing per le canzoni di successo
Oggi il processo di marketing inizia in anticipo rispetto a qualche anno fa, di solito settimane prima dell’uscita di un brano. Talvolta prima ancora che il brano sia finito. «Si cerca di far salire l’attesa della gente per l’uscita. Altrimenti, sarebbe solo un altro brano alla deriva in “un mare di contenuti”» spiega Fleckenstein. Le più grandi star sembrano generare attesa semplicemente esistendo. E da quando le classifiche multimetriche incorporano gli streaming, artisti come Taylor Swift o Drake si trovano abitualmente a debuttare più volte nella top 10 della Hot 100 ogni volta che pubblicano un nuovo album. Proprio Taylors Swift ha occupato da sola l’intera top ten. Una cosa che prima dello streaming non era possibile poiché non c’era modo di misurare l’ascolto on-demand dopo l’acquisto di un album.
Gli artisti meno conosciuti di solito creano entusiasmo presentando un’anteprima di un brano di breve durata e incoraggiando i fan a pre-salvarlo, in modo da poterlo ascoltare nell’istante in cui arriva. Per esempio, il cantante svedese Benjamin Ingrosso ha condiviso snippet di Look Who’s Laughing Now 32 volte su TikTok, Instagram Reels e YouTube Shorts nelle cinque settimane precedenti all’uscita del singolo. «L’intenzione era quella di raccogliere i pre-salvataggi» dice Tim Collins, manager del cantante. «La data di uscita della canzone è stata anticipata perché i fan la chiedevano a gran voce su TikTok, e il brano ha debuttato al numero 1 della classifica Sweden Songs».
La selezione darwiniana
Nel vecchio regime, le case discografiche sceglievano i singoli in anticipo e spendevano ingenti somme per sostenere i brani. Volavano alla cieca, senza avere alcuna indicazione su come gli ascoltatori percepissero la canzone. Ora non è più necessario. «Ogni canzone deve dimostrare la propria validità», aggiunge Bobetsky. «E con ogni nuova fase, l’artista, in un certo senso, deve riconquistare la propria sopravvivenza». Tutto ciò può essere mentalmente faticoso. Si tratta di una sorta di selezione darwiniana.
«I cantanti iniziano a pensare: “Non è una buona canzone, ma posso comunque approfittare di un certo argomento su TikTok che fa tendenza quel giorno“. Oppure si rammaricano: “Se avessi postato quel video ieri, non sarebbe andato in onda» rivela Ethan Curtis, fondatore e CEO di PushPlay, una società di gestione e agenzia di marketing. Questo panorama può anche favorire un approccio volubile alla promozione: «Gli artisti che hanno avuto un momento virale e si sono appoggiati ad esso possono avere paura di lavorare su altre canzoni che non lo diventano immediatamente».
Un’altra eccezione dopo Chappell Roan: Golden Hour di JVKE
La perseveranza ha dato i suoi frutti a uno dei clienti del management di Curtis. Il cantante JVKE ha impiegato 22 settimane per raggiungere la vetta della top 10 all’inizio del 2023 con Golden Hour. Secondo Curtis, la manciata di post iniziali del brano è affondata come un sasso. Alcuni team avrebbero rinunciat, ma l’artista non ha mollato ed è partito un piano promozionale vecchio stampo. JVKE ha iniziato generando entusiasmo su TikTok con un video in cui suonava la canzone per il suo insegnante di pianoforte d’infanzia. Dopo altri contenuti di questo tipo, l’interesse è tornato a calare. Così il team ha incoraggiato altri pianisti a postare clip in cui suonavano la canzone.
In seguito hanno realizzato più di due dozzine di remix del singolo, scegliendo collaboratori che avrebbero ampliato la portata geografica della canzone. Poi hanno schedulato un’apparizione di JVKE al Tonight Show e hanno investito per portare il brano in radio. Infine hanno creato le loro pagine fan su TikTok per «riproporre e ripubblicare tutti i contenuti» racconta Curtis. Questo ha «prolungato lo slancio giusto il tempo necessario per entrare nella top 10».
Altri singoli potrebbero trarre beneficio dallo stesso tipo di spinta paziente, sostenuta e multiforme per diversi mesi? «Se si rende giustizia alla promozione e all’esposizione del brano, e non si tratta di una canzone di livello elevato, allora si può fare un’altra cosa» afferma il manager di Roan Bobetsky. «Non credo che si debba mai rinunciare a una canzone».