Il lunare, infinito e irrazionale bisogno d’amore dei Coldplay
Nel decimo album “Moon Music”, in uscita domani, Chris Martin e soci si smarcano dal non troppo ispirato “Music of the Spheres” e tornano a collaborare con Jon Hopkins e Brian Eno. Un disco che parla di speranza e che, qua e là, dimostra che la band può ancora riservarci qualche guizzo
«Once upon a time I tried to get myself together» è una delle frasi che ognuno dovrebbe avere il diritto di sognare di poter canticchiare prima o poi nella vita. Così come fa Chris Martin all’inizio di Moon Music: c’erano una volta i Coldplay e ci sono ancora. Diversi, pop, spesso fin troppo colorati, ma sempre fiduciosi nella forza dell’amore. Come approcciare il decimo disco della band britannica? Ce lo spiegano gli archi cinematografici e la produzione di Jon Hopkins che nella titletrack riesce nel miracolo di riportare i quattro indietro nel tempo di almeno dieci anni. C’è la luna, rimasuglio del precedente Music of the Spheres, dove i Coldplay si recano in cerca dell’amore perduto, anzichè del senno, ma stavolta, se è vero che l’arte è spesso specchio di ciò che manca nel presente, c’è ancora più bisogno di speranza.
«Non c’è mai stato un momento più facile per arrendersi, e quindi questo è un disco che parla di non farlo – spiega Chris Martin – Più invecchio, più credo che l’amore sia l’unica risposta». Ascoltando le prime canzoni dell’album, sembra davvero la soluzione. feelslikeimfallinginlove, azzardando, è il singolo più bello dei Coldplay dai tempi di Orphans e di quel frammentato gioiellino, fin troppo trascurato, che era Everyday Life (2019).
WE PRAY, invece, tenta più strade contemporaneamente: c’è un tocco di world music, il rap e ancora gli archi, fil rouge del disco. Rappresenta il brano “politico” di Moon Music e per i Coldplay non è una cosa che avviene spesso, ammesso che predicare l’amore universale non rientri nella suddetta categoria. La foltissima presenza di ospiti – Burna Boy, Elyanna (cantante cileno-palestinese), TINI e Little Simz – non oscura la band. Se c’è una cosa che ai Coldplay riesce bene è quella di cambiare pelle in continuazione, adattandosi all’esigenza del momento.
Rimanendo in ambito singoli, il prossimo che verrà estratto sarà ALL MY LOVE. Nell’intervista con NME Chris Martin ha rivelato che sarà l’ultimo singolo in assoluto. Dai restanti due album dei prossimi anni non sappiamo cosa aspettarci dunque. Per ora abbiamo questa ballad pianistica in crescendo con un finale che coinvolge tutta la band. Il testo è un po’ debole con la metafora meteo-umore che torna, ma non è forte come nell’intro.
Amore e colore
Quando nel 2015 uscì A Head Full of Dreams tutta quell’esplosione di colori sembrò quasi ingiustificata. Da allora i Coldplay hanno più volte puntato su arcobaleni, stelle, sull’anima e sul ricostruire il rapporto con la natura. Concerti più sostenibili rispetto al passato e con un impatto ridotto. E poi la melodia a fare da collante. Se c’è una cosa su cui Chris Martin è sempre stato forte è proprio nel trovare hook semplici, ma comunque efficaci. JUPiTER ne è un esempio. Tornano la chitarra acustica e gli archi alla Viva la Vida – sì, c’è Davide Rossi – e, pur senza alcun vero tocco originale come nel lavoro del 2008, il brano migliora ascolto dopo ascolto. Un inno LGBTQIA+ sull’accettazione di sé. E allora ecco che l’amore può essere anche politica.
Se fino a questo punto Moon Music mette in mostra dei Coldplay molto più ispirati rispetto al 2021, nella seconda parte del disco ci sono dei pezzi che stonano un po’ col resto. GOOD FEELINGS è molto più interessante per la storia che gli ruota attorno che per la musica in sé. Sia chiaro, il giro di basso di Guy Berryman, la voce retro di Ayra Starr e il ritornello dance, probabilmente faranno ballare molto. Tuttavia, il carattere estivo della canzone, abbinata alla produzione fin troppo invasiva dei Chainsmokers e a un testo trascurabile, conduce fuori strada e distrae. Tornando alla storia, nel pezzo suona anche Victoria Canal, cantautrice spagnola nata senza l’avambraccio. Sua nonna l’ha introdotta alla musica fin da piccola. Dall’età di sei anni in poi, ha imparato a suonare ad alto livello. Fino ad arrivare a cantare Paradise con i Coldplay a Glastonbury.
Un altro dei brani più ritmati e danzabili è AETERNA, in cui la band torna a giocare con l’elettronica. È la canzone preferita da Johnny Buckland e sarà curioso vedere come i Coldplay la riproporranno dal vivo dopo l’assaggio nel 2023 in Brasile.
Funziona molto di più, non a caso è stata scelta per la colonna sonora di FC 25, iAAM . La sigla si scioglie I Am A Mountain ed è il riassunto del senso della canzone più motivazionale del disco. Scrivevamo dell’abilità di Chris Martin nel trovare soluzioni melodiche, eccoci di nuovo alle prese con una traccia che fin dalla strofa ti trascina. Che poi possa piacere o meno, resta un dato di fatto. L’aspetto in più, che in parte stupisce, è il sound di springsteeniana memoria creato dalla tastiera e dalla chitarra acustica. Quasi che viene il sospetto che ci sia di mezzo Jack Antonoff, ma invece c’è Max Martin.
Alieni e arcobaleni
Le tracce più lunghe di Moon Music sono anche quelle dei rimpianti. 🌈 è una strumentale in più sezioni che, pur non raggiungendo i livelli di Viva la Vida, li sfiora. Poi tocca alcune corde della cupezza di Ghost Stories, prima del campionamento di un discorso della scrittrice e attivista statunitense Maya Angelou. Il carattere cinematografico, ma soprattutto il minimalismo testuale scelto per privilegiare un’idea musicale e sentimentale, sono un’arma che i Coldplay hanno usato sempre più raramente negli ultimi anni. Il finale ONE WORLD vede addirittura il ritorno di Brian Eno, che ha prodotto la band nel 2008 e nel 2011, come coautore. Due brani atmosferici in cui torna la patina elettrorock che caratterizzava la band in passato.
È ascoltando le tracce con Jon Hopkins e Davide Rossi, facendo caso ai dettagli dei brani più strumentali, che siamo spinti a credere che forse i Coldplay qualcosa in più di Moon Music possano ancora regalarci. Questo decimo album, seppur legato in parte tematicamente al predecessore, lo sorpassa per idee e omogeneità.
Mancano due dischi alla fine del lungo viaggio iniziato nel 1998. Proprio in quel primissimo EP intitolato Safety, disponibile su YouTube, nella seconda traccia No More Keeping My Feet on The Ground Chris Martin si risvegliava dal torpore: «I feel fine / I feel OK, I’ve seen the lighter side of life». Da allora non ha mai smesso di cercare ovunque quel lato luminoso.