Cinque volte in cui gli artisti hanno lanciato un messaggio dal palco del Primo Maggio
Dai Gang a Caparezza, passando per Vasco Rossi, Daniele Silvestri e – ovviamente – Fedez: cinque momenti in cui il concertone è stato davvero politico
Dal 1990 a oggi il mondo è cambiato, ma alcune problematiche sono rimaste simili. Disoccupazione, morti bianche e diritti sociali da conquistare. Il Concerto del Primo Maggio a Roma è nato con un’idea nobile, un modo per avvicinare le “circenses” – senza il “panem” – alle tematiche vicine alla collettività. La musica, così come l’arte in generale, sono strettamente collegate al mondo reale e quindi alla politica. Negli ultimi anni però, sia la scelta degli artisti, che l’organizzazione dell’evento, sembrano aver cambiato logica, avvicinandosi ai numeri e alle classifiche e allontanandosi dal messaggio. Ad eccezione dell’episodio di Fedez – di cui pareleremo in seguito – negli ultimi anni la fiamma sembra essersi affievolita.
Il paradosso è che il Festival di Sanremo, specialmente l’ultima edizione con le esibizioni di Ghali e Dargen D’Amico, sembra aver ereditato il carattere che il concerto del primo maggio pare aver perso. Chissà che quest’anno, complice il cambio di location – per i lavori del prossimo Giubileo, la manifestazione si sposta al Circo Massimo – e la partecipazione di alcuni di questi artisti “più politici” non faccia riacquistare al Concertone la sua vera natura. Nell’attesa, ecco cinque momenti in cui il concerto del primo maggio si è schierato.
I Gang, i Litfiba e Elio e Le Storie Tese contro il governo Andreotti (1991)
Correva l’anno 1991, la Prima Repubblica era (quasi) agli sgoccioli e il Concerto del Primo Maggio arrivava alla sua seconda edizione, una delle più politiche di sempre. Il merito (o la colpa, dipende dai punti di vista) è dei Gang, dei Litfiba e Elio e Le Storie Tese, che si scagliano duramente contro l’allora governo Andreotti.
Al posto dell’annunciata Ombre rosse, la band marchigiana (che da quel giorno – per ovvi motivi – non salirà mai più sul palco di Piazza San Giovanni) infiamma il pubblico del Primo Maggio con Socialdemocrazia, un’aspra critica all’alleanza tra DC e PSI, e con la lettura di un proclama che invitava i lavoratori italiani a uno sciopero generale per protestare contro il quarto e ultimo esecutivo di Giulio Andreotti.
Prima di loro anche i Litfiba, la cui esibizione viene sfumata dopo i medesimi attacchi di Piero Pelù. E soprattutto Elio e Le Storie Tese con quella che venne definita “la madre di tutte le censure al Concerto del Primo Maggio”. Il gruppo inizia infatti a suonare Cassonetto differenziato per il frutto del peccato, salvo poi passare dopo pochi secondi a una versione inedita di Ti amo, lanciandosi in una lunga invettiva politica corredata da nomi e cognomi (tra cui quello di Andreotti), prontamente sfumata dalla rete.
Daniele Silvestri, le dichiarazioni scomode e l’introduzione della differita (2003)
Cambiano i governi, cambiano le Repubbliche, ma non l’impegno degli artisti sul palco del concerto del Primo Maggio. Stavolta a creare scompiglio è Daniele Silvestri, la cui esibizione in piazza San Giovanni segna quello che sarà un cambiamento radicale per il concertone. La differita di 20 minuti per poter intervenire in caso di frasi scomode o comizi politici. Il motivo? Le sue parole prima di cantare Il mio nemico. “Se c’è una guerra di cui vorrei parlare, è quella che il nostro governo sta dichiarando in questo momento alla magistratura italiana”, dice il cantautore romano riferendosi chiaramente a Silvio Berlusconi e alla sua lotta nei confronti dei magistrati.
Vasco Rossi dona il suo cachet ai figli dei morti sul lavoro (2009)
Wikipedia certifica che quell’anno in piazza San Giovanni erano presenti 800mila spettatori e presumiamo fossero tutti per Vasco Rossi. I fan del Blasco, infatti, durante tutta la giornata hanno intonato cori per invocare il loro dio del rock. E sì, anche durante le esibizioni degli altri artisti. Tanto da portare Sergio Castellitto, che quell’anno conduceva il concerto del Primo Maggio, a richiamare il pubblico senza successo. Fanatismo a parte, quell’anno Vasco Rossi fa un gesto che forse più di tutti rappresenta la vera essenza della giornata in cui si celebrano i diritti dei lavoratori. Devolve infatti il compenso ricevuto per la serata – 100mila euro – ai figli dei morti sul lavoro.
Caparezza con Non siete Stato voi (2011)
Avremmo potuto scegliere la sua esibizione del 2006, quando criticò la riforma Moratti cantando La mia parte intollerante e prese in giro la Lega di Bossi con Inno Verdano. Oppure potevamo citare l’esibizione con la corda al collo di Eroe nel 2009. D’altronde, erano i tempi del Caparezza Troppo politico, c’è quasi l’imbarazzo della scelta. Noi abbiamo optato per il Concertone del 2011. Quando l’artista di Molfetta aprì il suo set da 25 minuti con una delle rarissime esecuzioni di Non siete Stato voi. Brano contenuto nel suo quinto album Il sogno eretico. Un’esibizione senza alcun discorso, perché tanto dicono tutto le parole della canzone e l’orchestra fa il resto.
Seguirono due siparietti. Il primo con riferimento alla disoccupazione e alla fuga di cervelli, per introdurre Goodbye Malinconia con Tony Hadley. Il secondo, molto più sarcastico, metteva in scena una rivisitazione della bandiera italiana – molto più verde e con il giallo al posto del rosso – per introdurre Legalize the Premier cantata insieme ad Alborosie.
Fedez si scaglia contro la Lega per il blocco al ddl Zan (2021)
La prima volta non si scorda mai e Fedez, di certo, non dimenticherà mai la sua unica partecipazione al concertone del Primo Maggio. Il rapper, prima di eseguire BELLA STORIA, accusò i vertici di Rai Tre di aver tentato di censurare il suo discorso. «Mi assumo tutte le responsabilità di ciò che dico e faccio. Sapendo che il contenuto di questo intervento è stato definito dalla vicedirettrice “inopportuno”» disse l’artista prima di leggere il monologo. Fedez si espose per i diritti dei lavoratori del mondo della musica e dello spettacolo, fortemente penalizzati dalle restrizioni dovute dalla pandemia Covid-19.
La parte del discorso finita nell’occhio del ciclone però era un’altra. Ossia quella che iniziava con l’attacco all’esponente della Lega Andrea Ostellari che aveva bloccato l’approvazione del ddl Zan sull’inasprimento delle pene per le discriminazioni contro omosessuali, transessuali, donne e disabili. «Ostellari fa parte di uno schieramento politico che si è distinto per la sua grande lotta all’uguaglianza, vorrei decantarvi alcuni dei loro aforismi se posso». E via con una serie di frasi irripetibili seguite dal nome del politico che le aveva pronunciate. La polemica proseguì anche dopo l’evento, quando Fedez pubblicò sul suo profilo Instagram l’accesa telefonata con la Rai prima di salire sul palco.