Copenaghen techno city. È la nuova Berlino?
Da quasi un decennio nella capitale danese si è formata una comunità techno che propone un’evoluzione del genere e non manca di portare in primo piano temi sensibili come l’identità di genere
Quando a Copenaghen entri dentro gli spazi angusti dove accadono le ormai celeberrime serate techno Endurance (celebrate da un po’ tutti i media musicali che si occupano di musica elettronica, da Resident Advisor a DJ Mag) vedi spesso sparsi sui banconi bellissimi flyer dove in calce campeggiano sempre queste parole: “No racism, sexism, homophobia or transphobia”.
Siamo in una nazione dai costumi tolleranti – al comando del governo in questo momento c’è la socialdemocratica Mette Frederiksen – anche se è notizia di qualche giorno fa che è stata definitivamente letteralmente smantellata, sanpietrino per sanpietrino, la celeberrima “pusher street”, in quella storica enclave di derivazione hippie che è il quartiere autogestito di Christiania, da sempre una delle mete più visitate di Copenaghen dagli italiani.
Una nazione dove la musica è di casa da sempre
Endurance è una delle realtà della scena della techno più euforica e contemporanea che si sta da qualche anno imponendo nelle notti di Copenaghen. Da sempre la capitale danese, assieme alla città universitaria Aarhus, è una delle città più “musicali” della penisola scandinava, tra ottime musikhuset (le scuole di musica) e venue dove suonare. Sia Copenaghen che Aarhus sono città che sin dai lontani anni ’70 sono amatissime dai musicisti, anche stranieri, che trovavano in queste due realtà una profonda connessione con il rock, il folk e la musica jazz.
Una lunga tradizione con la musica elettronica
L’elettronica è entrata in gioco prepotentemente dalla fine degli anni ’90. Ha generato nel corso di pochi lustri una serie di artisti, producer e DJ di grandissimo livello. Tanto per citarne alcuni: WhoMadeWho, Trentemøller, Junior Senior, When Saints Go Machine, Kasper Bjørke.
Ma negli ultimi tempi stiamo assistendo a un rinascimento techno, soprattutto a Copenaghen, tra party nelle warehouse più disparate o in club microscopici ma amatissimi.
La serata Endurance è una delle realtà più rappresentative. Parliamo di una techno che viaggia costantemente sui 140 bpm e anche più. Il fenomeno ha cominciato ad essere notato sin dai tempi pre-Covid ed è giustificato da un’atavica passione per la trance “made in Scandinavia” e dalla techno tribale fiorita negli anni ’90 e riemersa poi nella scena dubstep.
Il fatto che ogni luogo della città sia poi raggiungibile in bicicletta in un quarto d’ora o con gli autobus notturni rende la connessione tra i locali molto più facile e agevole (c’è anche chi nelle pagine dei giornali locali ha scritto: “Mai visti tanti bikers on acid di notte”, ma questa è una pura boutade giornalistica).
Il fiorire di serate techno a Copenaghen
Nel tempo si sono generate aree amatissime da chi fa e produce musica elettronica/dance, com’è il caso di Nørrebro. L’area ospita una vasta popolazione di immigrati, giovani creativi e studenti, e il suo mix di eccellenti ristoranti shawarma, caffetterie alla moda, bar e parchi ricorda l’East London o la Berlino che è stata per decenni meta di centinaia di artisti e clubber.
In questo quartiere abita Nikolaj Jakobsen (alias Sugar), che nel 2015 fondò l’etichetta Fast Forward, che è anche una “società di produzione rave”. Fast Forward fa anche parte di Københavns Frie Promotere, un’organizzazione fondata con lo spirito di lavorare per una vita notturna più diversificata, sicura e inclusiva. Ecco i celeberrimi flyers raccontati a inizio articolo. Una foltissima comunità di cui fanno parte Ezy, il co-fondatore e residente del rave party underground Endurance e l’interessantissimo Peachlyfe, che ha scosso e sedotto la frenetica scena techno di Copenaghen.
Le produzioni e i live di Peachlyfe sono quasi degli atti di ribellione, lanciando messaggi sulla presa di coscienza sulla fluidità di genere. Da pochissimo Peachlyfe ha realizzato un album Permission to Roam, un atipico concept che ha origine in un racconto di fantascienza scritto dall’artista Cru Encarnação.
Il disco è una sorta di colonna sonora di una storia d’amore, di travestimenti e sesso seguendo le gesta di Jack (un uomo cis) e Jane (una donna trans) nella loro odissea esistenziale attraverso cinque regni diversi. Con cotanta creatività in corpo, non potevamo esimerci dall’incontrare il giovane producer danese.
L’intervista a Peachlyfe
Raccontaci la tua formazione: sappiano pochissimo del tuo background.
Sono sempre stato molto curioso e ho sempre avuto una grande voglia di creare qualcosa di nuovo. I miei primi passi li ho fatti ad Aarhus e poi iniziai a studiare jazz. Mi incuriosivano l’energia e lo spirito ribelle sia del jazz delle origini che di quello più di avanguardia. Tutto questo sicuramente ha creato le basi della mia conoscenza tecnica.
Più tardi sono entrato nell’indie rock e nel pop. Ho fatto diverse tournée con le band, ma quando ho iniziato a mettere in discussione la mia identità di genere ho avuto bisogno di un ambiente nuovo. Nel contesto della scena elettronica ho trovato una community curiosa come il mio spirito. È stato un passaggio naturale iniziare a farne parte.
Nel tuo album non ci sono solo una techno molto euforica e iper-colorata ma anche tracce di altre influenze, ad esempio un ritorno al sound dance anni ’90 (Sentinent intent). Com’è nato Permission To Roam?
A Copenaghen c’è una grande e meravigliosa scena trance. Da questa, così come da quella berlinese, ho iniziato il mio viaggio nella musica elettronica. Ma nel mio album c’è anche il mio amore per altri generi, come l’hip hop, l’hard trance, la progressive trance e un pizzico di techno. Nella techno e nella trance degli anni ’90 c’erano una crudezza e un’immediatezza che trovo molto affascinanti.
Nel tuo disco esiste una sorta di trama che presentandoti ho accennato. Come mai?
È una storia di trasformazione, accettazione e uscita dalle norme di genere. Sento che la visione del genere mia e di molti dei miei coetanei non sia molto presente nella letteratura e nei media. Forse nasce anche da una mia sensazione più astratta di mutevolezza. Nella mia storia i personaggi principali cambiano genere più volte in termini di identità e accettazione di sé.
Come sei diventato membro dell’agenzia ed etichetta Fast Forward di Copenaghen, all’interno della quale ci sono diversi artisti danesi come te?
Considerala davvero come una piccola comunità. Ho iniziato ad andare alle feste Fast Forward, poi a fare volontariato e a fare amicizia. Infine, quando ho iniziato a suonare live set e poi a fare il DJ, mi hanno invitato a unirmi. È stato del tutto naturale, dato che eravamo già tutti amici.
Cosa significa suonare, produrre musica techno oggi?
Per me significa esprimermi in modo creativo e creare una sorta di spazio per l’espressione di sé e di libertà. Libertà di essere la persona che vuoi essere e giocare con te stesso e i tuoi amici. Penso che giocare sia una delle cose più importanti che possiamo fare come esseri umani. Penso che sia una parte essenziale dell’evoluzione come esseri umani. Per alcuni funziona meglio in un ambiente di club, dove puoi essere più aperto riguardo alla sessualità, all’identità di genere e dove parlare apertamente delle emozioni non è un tabù.
Vorrei che tu ci portassi idealmente dentro una serata Endurance.
Endurance compie sei anni l’11 maggio e festeggeremo alla grande. A volte organizziamo anche dei piccoli eventi, come la proiezione di film o delle cene comunitarie prima dell’evento, e poi iniziamo la musica alle 21. Cerchiamo di presentare l’underground internazionale così come i talenti locali, mentre abbiamo anche i nostri residenti, Ezy, DJ NAH CARE, Nene H e io. La nostra comunità è un mix di tutto, ma cerchiamo di creare uno spazio più sicuro per queer e i nostri selezionatori.