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I Cure ci hanno fatto attendere, ma ne valeva la pena: “Songs Of A Lost World” è un gran disco

Abbiamo ascoltato in religioso silenzio il nuovo album in anteprima. Robert Smith ci canta di finitezza del tempo, di notti a vedere la luna e di addii da celebrare e di fastidiosi droni. Mai come oggi il sound della band è tornato ad essere quello maestoso di un tempo. Adesso non ci resta che aspettare il 1° novembre

Autore Tommaso Toma
  • Il11 Ottobre 2024
I Cure ci hanno fatto attendere, ma ne valeva la pena: “Songs Of A Lost World” è un gran disco

Robert Smith, foto di Sam Rockman

Nella copertina di Songs Of A Lost World campeggia una scultura in pietra dell’artista sloveno Janez Pirnat, opera realizzata nel 1975. Se la osservate con attenzione questa testa ha un’interessante peculiarità. Una parte scolpita con linee morbide, delicate, di ispirazione neoclassica che si distingue nettamente dal resto dell’opera che rimane in pietra quasi grezza. Questa immagine in bianco e nero è in assoluta armonia con ciò che ascolterete nel tanto atteso nuovo album dei The Cure.

Otto brani talvolta granitici nel suono (Warsong), marziali nei passaggi della batteria (All I Ever Am) o con i bassi carichi di effetti che scolpiscono duramente la materia sonora (Alone). Ma poi arrivano come contrappunti dei delicati giri armonici di piano (A Fragile Thing), dei momenti orchestrali emozionanti e delle code finali di alcuni brani che sembrano smaterializzare alcune composizioni, in I Can Never Say Goodbye la musica sembra ridursi in cenere alla fine del brano.

Le affinità con il meraviglioso Disintegration

Ci sono decise affinità con quell’album fondamentale nella discografia della band che è Disintegration. Manca però quella materia più leggera dell’album del 1989, come il pop di Picture of You o la dinamica Lovesong: in Songs Of A Lost World, la celebrazione del pessimismo, della cupezza, del senso del tempo che scorre inesorabilmente ha un peso specifico più grande, sarà anche l’età di Robert Smith che porta inevitabilmente verso quelle corde.

Un ulteriore indizio di questa sensazione arriva indugiando ancora sulle copertine, proviamo a metterle a confronto. Dentro la nera cornice che accomuna i due album dei Cure, in Disintegration s’intuiva una materia che si poteva decomporre, corrompere, come i fiori ritratti o di una certa evanescenza, come l’immagine riflessa di Robert Smith. Mentre in Songs Of A Lost World è la pietra a dominare il tutto. La scultura ci offre anche uno spunto ulteriore su questo intenso, bell’album di Robert Smith. Il “lost world” di cui parla Robert fa riferimento anche a un modo di lavorare la materia musicale con il tempo, cesellandola continuamente, indugiando, come un artigiano o un artista che lavora o forgia materiali antichi.

I fan accaniti della band ricorderanno che nel febbraio del 2019 i Cure si chiusero dentro i gallesi Rockfield Studios per registrare 13 nuove canzoni per un album. Possiamo intuire che Songs Of A Lost World abbia cominciato a prendere forma il quel periodo. Gli indizi sono ancor più lampanti pensando al fatto che alcune delle tracce, come Alone, And Nothing Is Forever e I Can Never Say Goodbye sono state suonate dalla band durante il lunghissimo tour mondiale Shows of a Lost World. In più le ultime due canzoni citate erano uscite – sempre in versione live – in un 12” che era uscito per la Earthpercent, label “green” supportato da Brian Eno.

La lunga gestazione di questo album è certamente un segno di vera artigianalità da parte di Robert, che certamente non si addice al mondo contemporaneo. Con lui alla produzione c’è Paul Corkett e nella band figurano il fido Simon Gallup al basso (con i suoi effetti Boss, classicissimi dal digital delay al flanger), Jason Cooper alla batteria e percussioni, Roger O’Donnell alla tastiera e lo statunitense Reeves Gabrels che fu per molti lustri nella band di David Bowie.

Addentriamoci nel nuovo album dei Cure

Facciamo un rapido track by track, che è figlio di un ascolto collettivo nei nuovissimi (e bellissimi) uffici della Universal. L’album si apre con la già conosciuta Alone, una canzone dal lunghissimo intro, e si entra subito in uno dei mood dominanti dell’album: l’oscurità e quel senso di solitudine che pervade un essere umano quando realizza che molti dei suoi cari se ne sono andati. Il basso di Simon Gallup graffia l’impossibile, quella materia liquida e scura che avvolge la decadente ballata.

And Nothing Is Forever l’abbiamo già sentita per chi ha assistito ai live della band ed è ancora legata al senso della finitezza della vita. C’è un pianoforte iniziale e l’orchestra accompagna una chitarra satura, ascoltandola ancora una volta però si percepisce nella progressione armonica una inattesa luce di speranza.

A Fragile Thing è il nuovo singolo, anche questa qualcuno l’avrà già sentita nei concerti, ed è per me una delle migliori del disco. Ancora il pianoforte che è presente con un semplice accordo che gira dall’inizio alla fine del brano. Il basso di Gallup è potente e pieno. Mentre la chitarra sembra fare una giravolta intorno al giro di basso, la voce di Robert entra quasi subito. Non indugia e a metà brano si percepisce una fortissima affinità con il meraviglioso di Disintegration.

A fare da controluce al nuovo singolo arriva il suono marziale di Warsong. Un brano drammatico sin dal titolo, con uno strumento atipico a dominare all’inizio come una fisarmonica. Il suono iniziale dilatato della chitarra si comprime, si raggruma, diventa granito (la scultura diJanez Pirnat?), per poi ululare drammaticamente, come le ambulanze di Gaza. Per me è il brano “fuori asse” e fa venire in mente The Top.

Anche la successiva Drone:Nodrone è spiazzante, uptempo e addirittura leggermente funk mentre la batteria tira dritta. È un brano dall’apparente struttura semplice, ma invece si avverte un senso di caos attorno e le chitarre cominciano a graffiare e ad essere aggressive. La voce di Robert è elastica e perfetta. Poi improvvisamente il brano svanisce via come cenere al vento. I Can Never Say Goodbye è un’altra delle canzoni “conosciute”. Ancora il pianoforte all’inizio in mezzo a un temporale, poi il basso ancora saturo di effetti entra ma il tono melanconico pervade l’intera struttura. Anche in questo caso il brano scivola via in alto come un palloncino smarrito, I Can Never Say Goodbye svanisce tra le nuvole. Gran pezzo anche questo.

In All I Ever Am Robert scopre le sue fragilità ancora una volta confrontandosi con la contemporaneità e nel suono mi fa venire in mente i New Order degli anni ‘90, sarà la batteria marziale e il suono del synth che corre che è una meraviglia. Per adesso una delle mie preferite. L’album si chiude con la lunghissima (più di 9 minuti!) Endsong che ha per lunghezza e sonorità ha una netta vicinanza alla traccia iniziale. La luna è d’ispirazione e anche in questo caso si percepisce un drumming marziale, nel finale la chitarra è sempre più in primo piano, con assoli lunghi. Nothing è l’ultima parola che pronuncia Robert Smith.

Una certezza

Songs Of A Lost World è il miglior album dei The Cure dai tempi di Wish. Questo è un album che ancora deve finire di sedurre. Ho bisogno di ascoltarlo ancora più volte, ma non ho alcun indugio a scrivere questo giudizio. Robert Smith non mi pare che sia arrivato alla fine del suo progetto con la sua creatura musicale. Potremmo ipotizzare che l’enorme lasso di tempo trascorso dal 2019 ad oggi, abbia invece offerto a Robert la possibilità di prepararsi un ventaglio di altre composizioni intriganti. Tanto non c’è nulla da dimostrare a nessuno. Ma se la sua risposta recente è di tale livello, non ci sarà da meravigliarsi se il viaggio continuerà felicemente, augurandoci però magari soste meno lunghe nel tempo.

I formati dell’album e il party a Milano

Songs Of A Lost World è disponibile per il pre-order in formato fisico e uscirà in Italia nei seguenti formati: CD, LP, CD + Blu-Ray. In esclusiva sullo store di Universal Music Italia saranno disponibili il Doppio LP nero masterizzato in half-speed e la musicassetta. Per Feltrinelli sarà disponibile in esclusiva un LP color marmo. Per chi pre-ordina i prodotti standard tramite Discoteca Laziale, invece, sarà disponibile in esclusiva un poster dedicato.  A Milano poi il 1 novembre, giorno dell’uscita del disco, ci sarà una serata dedicata alla band con gadget in regalo, nel nuovissimo locale Detune (ex Atomic).

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