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Quando molti vogliono essere anche altro, Fabri Fibra è “solo” e fieramente un rapper

Per il suo primo Forum in carriera, il rapper a cui il genere in Italia deve tutto non ha aderito a un contesto, ma ha fatto in modo che fosse quest’ultimo a plasmarsi su di sé: e ha vinto

  • Il1 Ottobre 2025
Quando molti vogliono essere anche altro, Fabri Fibra è “solo” e fieramente un rapper

Fabri Fibra

Quando ho ascoltato per la prima volta Invidia, uno dei brani contenuti nella deluxe di Mentre Los Angeles Brucia, l’ultimo album di Fabri Fibra che ieri sera si è esibito a Milano, a colpirmi è stata in particolare una frase: “Bello il tour, complimenti, okay. Ma, permetti, posso dirti due parole? Marra ha fatto il Forum, anche Lazza, anche Sfera, anche i Dogo. Tu invece no”. Quelle parole, infatti, hanno riecheggiato un pensiero e una domanda che mi ronzava in testa da un bel po’ (e – sono pronta a scommettere – non solo a me): come mai uno dei padri del genere, colui che nel 2006 ha sfondato al rap le porte delle major e del mainstream, sulle scene da più di 20 anni con solo alti e nessun basso, ancora non aveva varcato quelle di una delle venue più importanti per i concerti?

Di certo non è una questione di numeri (come riporta il Corriere della Sera, solo con il tour estivo ha venduto oltre 100mila biglietti), men che meno di status. Quello che si sa, però, è che per Fibra il live rap è una cosa alla vecchia maniera: dj, mc, barre dal vivo sputate senza troppi orpelli inutili. Insomma, praticamente tutto il contrario di quello che vediamo oggi quando i rapper entrano in quei templi della musica che prima erano off limits e per cui bisogna dimostrarsi all’altezza.

Fabri Fibra al Forum di Milano: non un live ad hoc, ma la sua idea di hip hop

Intendiamoci: nulla di male a voler alzare l’asticella, sperimentare e uscire dalla propria zona di comfort, ma la sensazione a volte è che, nel 2025, l’hip hop per qualcuno sembra quasi un abito troppo stretto. Quante volte, infatti, abbiamo letto che “la definizione di rapper è riduttiva”? Quante invece che un live “è molto più che uno show rap”?

Ecco, in un momento storico in cui tutti vogliono essere (anche) altro, in cui i concerti sono sempre più curati nella forma (benissimo, a patto che non vada a scapito della sostanza), Fabri Fibra – per citare uno dei suoi brani più iconici – se ne sbatte il cazzo e a Milano – accompagnato come sempre dal fedelissimo Dj Double S che scratcha in cima a una gigante musicassetta, unico elemento scenico della serata – porta un messaggio importante: potrà anche suonare in un palazzetto, ma resta solo e fieramente un rapper. E questo tanto basta.

Come sempre, anche stavolta infatti Fabri Fibra non ha aderito a un contesto che poteva cambiarlo, ma ha fatto in modo che fosse quest’ultimo a plasmarsi su di sé, portando all’Unipol Forum di Milano non un live ad hoc con una parata infinita di ospiti e i fuochi d’artificio, ma uno show che rappresentasse lui e la sua idea di hip hop. Complesso e allo stesso tempo nudo e crudo, personalissimo ma universale, straordinario (ogni volta che ascolto un qualsiasi brano di Turbe Giovanili mi chiedo se a scrivere così si impari o sia un dono che arriva da chissà chi) e al contempo profondamente normale.

Inventare le regole per sovvertirle

Esattamente ciò che il suo pubblico vuole e si aspetta da quell’artista che più degli altri ha saputo dare voce alle contraddizioni di un Paese sull’orlo del baratro e ai demoni nelle menti di una generazione al collasso come 21 anni fa ha fatto con Mr. Simpatia.

Non è un caso quindi che i brani che più toccano i presenti (la cui età media si intuisce da due cose: la difficoltà nel trovare parcheggio nell’area del Forum e i decibel del boato per Neffa rispetto a quello per Lazza, tra gli ospiti insieme a Gaia, Massimo Pericolo, Emma, Tommaso Paradiso e Tredici Pietro) siano pezzi immortali come Venerdì diciassette, Non Crollo, Rap in Vena, Non fare la puttana, Verso Altri Lidi (anche se tagliarne la seconda strofa è un atto sacrilego), Dalla A alla Z, Bugiardo, Mal di stomaco e Luna Piena – brani scritti quando “ancora non esistevano nemmeno i live di rap italiano” -, e che la risposta al “chiedetemi il pezzo che volete” sia quasi all’unanimità Vaffanculo scemo.

È in quei momenti infatti che Fibra dà tutto se stesso, che sul palco ingrana una marcia in più e ricorda a tutti chi è che ancora fa scuola in questo gioco di cui lui stesso ha cambiato (o, sarebbe meglio dire, inventato) le regole, sovvertendole come solo un Uomo nel mirino. Un uomo che perché l’hip hop diventasse ciò che è oggi ha passato di tutto – scazzi più o meno importanti, critiche, giudizi, odio, amore e abissi – e a cui noi e il rap italiano dobbiamo altrettanto. Più di chiunque altro.

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