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Vent’anni dopo “Mr. Simpatia” è ancora il grido di una generazione al collasso

L’1 settembre 2004 Fabri Fibra pubblicava l’album che ha mandato in cortocircuito il rap italiano, svelando in modo macabro e sadico tutta l’ipocrisia, le contraddizioni e le tensioni di una società in cui tutto è cambiato ma nulla è mutato

Autore Greta Valicenti
  • Il1 Settembre 2024
Vent’anni dopo “Mr. Simpatia” è ancora il grido di una generazione al collasso

Mr. Simpatia, Fabri Fibra

Per parlare di Mr. Simpatia di Fabri Fibra, un’opera monumentale che oggi compie vent’anni, ci sarebbero innumerevoli punti da cui iniziare. Ad esempio la sua genesi, avvenuta mentre un incazzato Fibra lavorava in una fabbrica di tappi per le penne a Brighton. Oppure quella barra di Ali e radici in cui metteva in chiaro che “I rapper che spaccano oggi sono cresciuti sopra due dischi, dal 2004 pompano Mr. Simpatia e Mi Fist“. O ancora un aneddoto personale, uno di quelli il cui incipit è “La prima volta che ho ascoltato Mr Simpatia di Fabri Fibra…”. O, perché no, una sua dichiarazione sul disco. Ciò da cui voglio partire, invece, è un tweet che mi capitò sotto gli occhi qualche anno fa e che da allora mi è rimasto impresso. “Dovevamo amare come in Turbe Giovanili e invece odiamo come Fibra in Mr. Simpatia“.

“Turbe Giovanili” e “Mr. Simpatia” di Fabri Fibra, due album opposti nati dallo stesso seme

Una frase che nella sua semplicità racchiude perfettamente le due facce della musica di Fabri Fibra nate dallo stesso seme. Quello della disillusione, sublimata in modi diametralmente opposti ma in fondo complementari in due album che hanno segnato un prima e un dopo nelle vite di chi li ha ascoltati (o, almeno, lo hanno fatto nella mia).

Da una parte il suo primo album da solista, “il diario di un adolescente” che racconta l’amore, quasi dolce nelle note iniziali e che lascia l’amaro in bocca nelle battute finali che sembravano essere già scritte. Ma soprattutto quel gigantesco e labirintico buco che è il passaggio dalla post-adolescenza all’età adulta, in cui sei troppo grande per essere piccolo e troppo piccolo per essere davvero grande. Un momento dell’esistenza in bilico tra la stasi cristallizzata della vita in provincia e la frenesia di evadere, in attesa di un cambiamento che accadrà (o forse no). E per questo ancora illuminato da una venatura – seppur leggera – di speranza nel futuro.

Dall’altra, con Mr. Simpatia quella flebile luce si spegne e tutto il sistema va in cortocircuito come mai era successo prima nel rap italiano. Mr. Simpatia è l’elefante nella stanza più ingombrante, disturbante, scabroso e meno accomodante. È un elettrodomestico gettato in una vasca piena d’acqua. Il grido di una generazione al collasso che si sta autodistruggendo. Un coltello insanguinato e impietoso che squarciava il velo del perbenismo e della morale, svelando in modo macabro e sadico tutta l’ipocrisia, le contraddizioni e le tensioni di una società in cui tutto è cambiato ma nulla è mutato. E per questo ancora estremamente attuale.

Dalle aspettative alla presa di coscienza

Mr. Simpatia nasce in un particolare momento in cui mi sono reso conto che una serie di cose che speravo si avverassero non sarebbero mai successe”, racconterà a proposito Fabri Fibra anni dopo. “Quindi l’aspettativa diventava delusione e da lì si sono aperti degli scenari per dei testi particolarmente dark ma profondi. Le delusioni di cui parlo sono tutta una serie di difficoltà che incontri quando smetti di studiare, inizi a lavorare e ti rendi conto che il lavoro che farai non è quello che speravi. Lo stesso vale per lo stipendio e per la possibilità di diventare indipendenti”. Non vi suona come uno scenario amaramente familiare?

“Io sono un campanello d’allarme. I ragazzi ascoltano la mia musica perché stanno male, si stanno distruggendo e nessuno se ne accorge”, risponderà Fibra nel 2007 alla domanda di Daria Bignardi sul perché nei suoi testi fossero raccontati dei fatti in modo così crudo e violento. E come potrebbe essere altrimenti, quando nella brutalità della vita reale che ti è toccata in sorte non ti resta che l’odio?

A differenziare Turbe Giovanili da Mr. Simpatia, infatti, è la consapevolezza che c’è negli occhi di Fabri Fibra. Quella che sorge dalla presa di coscienza che non sempre la vita che sognavi è quella che stai vivendo e che comporta una frustrazione e una sofferenza che Fibra non vuole né esorcizzare e men che meno alleviare, anzi. Mr. Simpatia non vuole essere il cucchiaino di miele per mandare giù meglio la medicina. Né il comodo nido dove rifugiarti mettendo le cuffie e premendo play. Bensì il sale gettato su una ferita profonda che lascia la carne viva scoperta e dolorante.

“Mr. Simpatia” di Fabri Fibra è liberazione e conforto

“Fai quello che non hai mai fatto. Rovescia la musica. Metti tutti i tuoi conflitti interiori su un tavolo. Puoi scegliere di non dare semplicemente alle persone quello che vogliono, e a volte, facendo questo, finirai per dare loro quello di cui hanno bisogno. Ancora prima che lo sappiano“, ho sentito dire in un podcast a proposito dell’impatto della musica di Kendrick Lamar.

Ecco, con Mr. Simpatia Fabri Fibra ha fatto proprio questo. Ha dato sfogo al lato più sporco e marcio che si insinua dentro ciascuno di noi ma che nessuno ha il coraggio di esprimere perché – da buon costume – certe cose non vanno nemmeno pensato, e allo stesso tempo ha rappresentato quell’amico beffardo e fuori luogo che ti tende una mano per farti sentire meno solo nell’oscurità e nel disagio, annaspandoci insieme a te. E così, nascendo con l’intento di essere l’incubo che toglie il sonno, la voce più sconveniente e disturbata, quella che nessuno vuole ascoltare e che non osava alzare, è finito per essere ciò in cui una generazione ha trovato e continua a trovare liberazione e conforto. Ossia esattamente ciò di cui aveva bisogno, ancora prima di saperlo.

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