Quando a 21 anni Pino Daniele disse: «Il calore di Napoli? Ecco che cosa nasconde…»
Il volume di Gianni Valentino dedicato al grande cantautore napoletano uscirà in libreria il 17 gennaio: qui vi presentiamo un estratto in anteprima
A 10 anni dalla scomparsa di Pino Daniele, il 17 gennaio in tutte le librerie uscirà Feeling di Gianni Valentino (disponibile qui in pre-order). Il volume racconta in dodici capitoli 12 canzoni indispensabili per comprendere Pino musicista, Pino poeta, Pino produttore, Pino pacifista, Pino compositore per il cinema, Pino amante delle parolacce, Pino reporter, Pino interprete della parlesia.
La prima presentazione ufficiale è fissata per mercoledì 22 gennaio alle 18 nell’aula Pino Daniele dell’istituto Diaz di via Tribunali 370 a Napoli. Proprio nella stanza intitolata all’artista, in quella scuola nella quale si è diplomato ragioniere. Con l’autore, interverranno il giornalista Gennaro Marco Duello di Fanpage.it e il chitarrista Gianni Guarracino. Qui vi presentiamo un estratto in esclusiva.
Un estratto di “FEELING”, il libro dedicato a Pino Daniele
Cap. 1: CA CALORE – gennaio
Il provino di Ca calore è sprint e suona più country/swing/ragtime – invocando il modello del minstrel show – rispetto alla versione poi pubblicata ufficialmente. “Lo so – ripensa Claudio Poggi – e suona pure meglio rispetto alla versione inclusa nell’Lp Terra mia. Anche Maronna mia Pino la cambia. In origine ha un arrangiamento zappiano, con Avitabile al sax. Tibaldi reagisce con disappunto. La desidera solo con voce/chitarra/bonghetto. Sfacciata. Pino la rifà e suona anche il basso. In Ca calore crediamo tanto. Racconta, con filosofia sarcastica, lo sfruttamento del lavoro minorile (La fatica è proprio una delle puntate del documentario-inchiesta di Luigi Comencini, ambientato a Napoli e trasmesso in tv nel 1970, nda) incarnato da Carmine, il fratello di Pino, alias ‘o Giò di I Got the Blues. Lui lavora come barista e traspare nella rima Che calore, che calore, dice ‘o guaglione / Si se scassano ‘e tazze l’aggio ‘a pavà.
Giriamo il videoclip involontario sulla neve a Cortina d’Ampezzo, in occasione della rassegna Musicaneve – Pino partecipa alla gara nella categoria dei cantanti “Serie argento” – con la direzione artistica di Vittorio Salvetti (già noto per il Festivalbar). I videoclip non esistono, di fatto, e Salvetti desidera dare al nostro filmato un’ambientazione a tratti ironica. Il luogo lo sceglie Cesare Zucca, che cura gli eventi per la EMI. È disinibito, alla moda, super lusso e fashion style. Ci divertiamo parecchio. Appena incontra Pino gli fa cazziate: “Mettiti qualcosa di decente, migliora il tuo look”. Il guardaroba con giubbotto-pullover-stivali del filmato è un’idea di Cesare. “Ma che vvuò!!?”, sbotta Pino. Durante le riprese lui indossa le scarpe con i tacchi, per muoversi nella neve alta. Si siede sulla seggiovia: “Ma quann’ ‘o fernimm’ ‘stu video? I’ voglio turnà a Napule”, borbotta spazientito.
Prima di mettere il punto finale a una canzone, Pino osa in ogni direzione compositiva. Basta ricordare la genesi di Quanno chiove, che lui comincia a cantare nelle dirette radiofoniche di RNC – Radio Napoli Centrale (creatura coordinata al rione Alto da Elio Ferrara e Nando Coppeto), in lunghissime serate vissute fianco a fianco proprio con Poggi e con la cantante californiana – emigrata a Napoli, in via Chiaia – Patrizia Lopez, che da angelo custode armonizza i ritornelli con alcuni vocalizzi. Euforizzando i presenti con il groove di I Wish di Stevie Wonder, dichiarandosi con pungente autoironia (“con la mia sgradevolissima voce”) e offrendo all’audience di ascoltatori la primizia Lascia sta, su un tema sudamericano, incentrato sul concetto dei soldi: “Ma pecché / tutt’ quant’ ‘o vvonno ‘a me / sempe ‘e sorde pe’ magnà / ‘e sorde pe’ fumà ‘e sorde pe’ cantà”.
In quelle nottate messianiche e spiritose di triadi e piroette vocali, tra 1975 e 1976, Quanno chiove descrive una ragazza di cui Daniele si infatua. Fanno fede i versi: “I’ te sento quanno scinne ‘e scale / ‘e corza senza parlà / I’ te veco tutt’ ‘e juorn’ / ca rirenne vaje a faticà / Quann’ ‘a fabbrica ‘sta chiusa / e tu nun tieni addò jì / ‘a jurnata nun te manca / dint’ a ‘na casa pe’ nun murì / ‘Ngopp’ ‘a seggia tanta storie / jittate pe’ te fà sunnà / storie fatte ‘e fotoromanzi / chini ‘e parole e chini ‘e falsità (…) / tanta storie d’ammore / che ‘a fabbrica fanno parlà / e nun basta ‘sta fatica / t’hanno ‘a ‘mbruglià (…) t’hanno ‘a ‘mbruglià”.
Finale con gli scat di muso e lingua. Versi interpretati su un arpeggio di chitarra classica introspettivo che non rassomigliano per niente alla canzone del forziere Nero a metà. Al termine, il cantautore aggiunge: “Questo era un pezzo molto … così, fatto … per una ragazza che conoscevo un po’ di tempo fa”. C’è di più: nella medesima trasmissione radiofonica, Pino concede il bis: “Faccio un altro pezzo. Ci sono affezionato molto”. Sussurra un brano con il titolo ipotetico di Napule mia. La nonna di Napule è. L’arrangiamento rivela quell’arpeggio che ameremo nel 1980 con il titolo in ceralacca: Quanno chiove.
Però le parole manifestano i sentimenti per la sua città madre-matrigna: “Napule è cchiù bella / ‘e tantu tiempo fa / quant’ammore che nce ha dato / quant’ammore che nce dà / nun è ‘o sole nun è ‘o mare / e chesta gente ca nun nce ‘a fà / è ‘a ‘nziria ‘ngopp’ ‘e vichi / cchiù ddoce e bella ‘a fa / E Napule Napule mia / quanta forza ca me dà / e Napule Napule mia / quanta strada c’aggia fà”.
A RNC Pino-Tito (così viene frainteso il suo nome da un ascoltatore) intona Ca calore. L’effetto è istantaneo. Giunge in diretta una telefonata, Daniele si espone: “Io sono veramente contento che lei è riuscito a capire il senso di queste canzoni perché molti la interpretano come un fatto commerciale. “Che calore, che calore” è dovuto a questa terra dove c’è questo sole pauroso, mentre invece il caldo è anche una scusa per nascondere questa grande miseria che ci sta». L’atmosfera fibrilla. L’insegnante alla cornetta insiste fiero e invita il giovane artista a suonare davanti ai suoi studenti. Daniele accetta subito.
“Faccio a Pino Daniele gli auguri più affettuosi e che i suoi 21 anni continuino per tanti anni ancora a fare delle cose con questa genuinità e spontaneità e non si deformi con i grossi industriali del Nord. Che resti se stesso per quello che è possibile restare se stessi quando la vita va avanti. E poi, soprattutto, che pensi a questa gente di Napoli…”. Un frammento in puro spirito da radio libere anni ’70.
Il 23 gennaio 1977, nella conversazione su Radio2 con Raimondo Vianello e Sandra Mondaini per la trasmissione Più di così, il 21enne Pino confida: “Napoli è cambiata. In tutti i sensi. Adesso non è più una città che va vista sotto l’aspetto folcloristico ma va vista sotto l’aspetto più profondo. È una città piena di problemi. Anche la musica ha subito una certa evoluzione. È stato sempre conosciuto quel colore tipico napoletano. Il sole, il mare. Invece sotto il sole e il mare ci sono tante altre cose, delle verità che molte persone non sanno”.
“Insomma è una canzone allegra, che ci proponi”, rincalza, paterno, Vianello. Pino ride, sorpreso, replicando: “È fatta su una base musicale abbastanza allegra e ironica. Però dice delle cose … Che calore appunto. Non è un’etichetta che viene data a Napoli e ai napoletani e a un certo tipo di vita. È una protesta contro quest’etichetta stessa”. Pino esegue Ca calore in televisione, per la prima volta in assoluto, nel format Il Milionario condotto da Benedetto Casillo, reduce dalle scorribande comiche dei Sadici Piangenti in duo con Renato Rutigliano: “Pino canta in playback”, rievoca il vice sostituto portiere Salvatore del film Così parlò Bellavista. “Sono testimone di un’epoca straordinaria. Telenapoli è la prima emittente via cavo, visibile in quasi tutta la città.
La sede è in piazza Amedeo, accanto all’ingresso della metropolitana. In redazione c’è Aldo Bovio, il figlio di Libero Bovio. Io e Renato entriamo nel cast nel 1975. La prima trasmissione è Prova generale e, nel ’76, facciamo Il Milionario. Sono il primo ad accogliere in uno studio tv la musica di Pino Daniele. Quando lo presento al pubblico esclamo “ecco un giovane artista che racconta Napoli”. Nessuno sa chi è”.