“Young” o no, al concerto dei Fontaines D.C. è “amazing” esserci
La band irlandese ha inaugurato il tour italiano al Sequoie Music Park di Bologna con un live che è il racconto di un’evoluzione sonora straordinaria. Stasera appuntamento a Roma e domani a Milano

I Fontaines D.C. in concerto all'Alcatraz, foto di Stefano Masselli
Quello dei Fontaines D.C. al Sequoie Music Park di Bologna è stato un concerto talmente intenso e inaspettato nella sua perfezione, che all’uscita nessuno aveva più memoria dell’impianto elettrico saltato proprio sull’accensione delle luci per l’arrivo della band. Gli ex ragazzini di Dublino sono cresciuti parecchio dai tempi di Dogrel: hanno attraversato quattro album aggrappandosi a influenze di un paio di generazioni precedenti, hanno sfidato generi, mode e tendenze, riuscendo nell’impresa di non voler somigliare a nessuno. Sono punk in un modo mai visto prima, sono cool fuori da ogni stereotipo di coolness. Sono incuranti e originali nell’estetica, buffi nelle movenze, accoglienti nell’offrire al pubblico (quasi) tutto quello che hanno prodotto in questa manciata di anni.
Il cantante Grian Chatten potrebbe essere il quarto fratello Gallagher. Quello piccolo (sì raga, oltre a Noel e Liam esiste anche Paul, a cui pare non freghi nulla di cantare e litigare), ma alla maglia dell’Adidas di sei taglie più grande lui preferisce abbinare una sorta di kilt con le calze bianche spesse alte sopra al ginocchio. Poi c’è Carlos O’Connell con i capelli fucsia e la camicia di flanella e Conor Deegan III (qui la nostra intervista) che sembra un membro dei Placebo. Il batterista Tom Coll con i tatuaggi tribali da motociclista indossa invece la maglia dei Nirvana. Ognuno ha il suo stile personalissimo da abbinare a un talento fuori dall’ordinario.
I Fontaines D.C. per tutti
Al Sequoie, sold out da mesi per questa data inaugurale, ieri sera c’era un pubblico eterogeneo quasi quanto l’abbigliamento dei sei di Dublino. Accanto a me – che purtroppo ho già un’età in cui la gente si domanda se sia lì per il concerto o per recuperare qualche figlio – c’era un tizio con la madre settantenne. Alcuni cinquantenni che si tenevano lontano dal pogo dei venticinquenni che occupavano invece con orgoglio il centro del parterre. E poi c’era un ragazzino di 12 anni a cui brillavano gli occhi quando quell’accento irish pronunciava It’s amazing to be young.
A volte mi chiedo cosa arrivi alle orecchie e al cuore di un bambino che per motivi generazionali non conosce le influenze che hanno plasmato la produzione di una band come i Fontaines D.C.. Questa volta l’ avevo accanto e così l’ho chiesto a lui. Giulio ha detto che il pezzo migliore è Starbuster. Dal vivo la canzone che gli è piaciuta più di tutte però è In the Modern World, e mi trova pure d’accordo. «Mi piace lo stile del chitarrista, la sua personalità – ha spiegato senza esitare – ha una chitarra simile alla mia». Il punk non è morto, ha 12 anni e la maglietta da skater.
A me è piaciuto davvero tutto, e non mi capita di frequente. Ho amato ripercorrere insieme il viaggio sonoro che ha attraversato le vite e le storie di questi ragazzi così saldi nella loro unicità. Hanno un mondo immaginifico in cui lasciano entrare il pubblico. Un mondo sicuramente variegato, un po’ sguaiato e spigoloso nei singoli come Boys in the Better Land dall’album Dogrel (ma perché non fanno più Liberty Belle dal vivo?). Punkettone british su Televised Mind dal secondo A Hero’s Death (ma perché non hanno fatto I Don’t Belong?). Romantico sulle note di I Love You e Jackie Down the Line estratti da Skinty Fia. Introspettivo e compatto nei pezzi come In the Modern World e Starbuster, estratti da Romance.
Al netto dei miei appunti personali sulle assenze in scaletta, il live dei Fontaines D.C. è stato il racconto intimo di un’evoluzione sonora di cui tutti siamo entrati a far parte per un paio d’ore. In cui tutti abbiamo cantato il nostro ritornello, sentito quell’emozione, alzato le braccia al cielo insieme a Grian. Beato chi avrà l’occasione di immergersi in quell’atmosfera magica questa sera all’Ippodromo delle Capannelle per Rock in Roma. O domani sera (19 giugno) al Carroponte a Sesto San Giovanni (Milano).
Articolo di Federica Mingarelli