È arrivato il momento della maturità per i Fontaines D.C.
Ieri sera all’Alcatraz di Milano gremito come non mai è andata in scena l’unica data italiana della band di Dublino: ecco com’è andata
L’atmosfera è elettrica e il serpentone di gente fuori dall’Alcatraz per la data di Milano dei Fontaines D.C. è impressionante. Già a partire dall’apertura il locale appare così pieno che i supporter – e loro amici inglesi – Wounderhorse trovano un bel pubblico da scaldare. E la band non se lo fa dire due volte, ottenendo buoni riscontri con un set super energico e vagamente nirvaniano, incentrato sul loro secondo ottimo album Midas.
Grian Chatten è diventato un mattatore rock
Ma poco dopo l’attesa del pubblico di Milano per i Fontaines D.C. si fa spasmodica. Tutti gli occhi sono concentrati sul palco buio sopra il quale appare una grande scritta recante il nome della band. Il cantante Grian Chatten e soci s’intravedono tra cangianti luci soffuse pronti a intonare la quasi recitata Romance, brano di apertura del loro nuovo disco. L’impatto è subito imponente. Poco è concesso alla loro sfavillante, e un po’ tamarra, estetica sulla quale hanno giocato buona parte del periodo promozionale del disco. Grian con una maglietta stile baseball Americano e, soprattutto, il chitarrista Carlos O’Connell che ha perso il suo look stile Prodigy anni ’90. Oltre all’immancabile batterista Tom Coll a torso nudo.
Nel prosieguo la band punta su una cinquina tratta dai loro due album precedenti (Skinty Fia, A Hero’s Death). L’impressione è che ci sia più sicurezza e maturità da parte di tutti. Il suono esce potente e compatto, ad esempio, in brani come Jackie Down The Line, Televised Mind e Big Shot. Un Grian a suo agio gigioneggia sul palco da gran mattatore della folla cosa che, visti all’epoca del loro primo disco, gli rimaneva difficile da fare. L’impatto più interessante da capire, a questo punto, rimane quello relativo al nuovo album. Un totale di ben 9 brani che mostrano in qualche modo il nuovo lato più commerciale della band. Cosa che indubbiamente ha allargato ma anche cambiato la loro audience (presenti qui molti giovani anche stranieri).
Non si possono che apprezzare, quindi, pezzi che suonano molto bene e che citiamo in ordine sparso come l’energica Death Kink, la ritmata Here’s The Things o la quasi shoegazer Sundowner. Magari si nota meno che su disco, ma questi nuovi brani si reggono sulle pazzesche e taglienti parti di chitarra di Carlos che appare sempre più come il vero collante di questo amalgama ben riuscito.
I Fontaines D.C. a Milano: momenti post punk, prima dell’apocalittico finale
Per gli amanti dei suoni underground post-punk, che li hanno fatti con conoscere col primo album Dogrel, ecco poi due pezzi al testosterone come Big e Boys in the Better Land. La prima parte dello show si conclude con lo sferzato indie-pop dei primi anni novanta della bella e scanzonata Favourite. Il tempo di richiamarli per i bis ed ecco un trittico da cardiopalma; In The Modern World forse il manifesto più riuscito di questa loro svolta musicale. Poi attacca l’ultima parte dello show, dopo una breve pausa, si inizia con la romantica I Love You con quel giro di basso che ti sale in gola, e l’apocalittico finale con il proto indie-rap Starbuster, primo singolo tratto da Romance che tra il tripudio di un pubblico caldissimo chiude la serata.
Concludiamo concordando con le dichiarazioni di un artista non da poco, Sir Elton John. “Per me i Fontaines D.C sono la miglior band in circolazione al momento. Credo che questo nuovo album li abbia portati un livello diverso, e rimarrà nella memoria a lungo”. Di sicuro a noi questo concerto rimarrà impresso per lungo tempo. Almeno fino a quando i Fontaines D.C. torneranno in Italia a giugno 2025.
Articolo di Carlo Villa