Dal “fango” all’Arena di Verona, Francesca Michielin riparte da Francesca e ci ricorda il bello di essere fragili
“Tutto in una notte” non è stata solo una festa. Tra ospiti e omaggi, la cantaurice ha lasciato spazio a tutte le sue anime rileggendo e riarrangiando la sua carriera: «Sono tornata a un’idea di musica più sincea e diretta. L’autenticità è accettare il cambiamento»

Quando al telefono, qualche giorno fa, Francesca Michielin mi ha raccontato del suo concerto all’Arena di Verona ha esordito dicendo: «È una follia». E forse, per come ragiona l’industria musicale oggi, dedita alla ricerca del tutto e subito e del successo a ogni costo, Tutto in una notte è stata il frutto di una serie di scelte inconsuete per i tempi che corrono. Nessun album dopo Sanremo, ma “solo” un EP, Anime, con il «meglio». La decisione di lasciare la propria manager, non una qualsiasi, ma Marta Donà. E poi questo concerto costruito come un’opera in quattro atti con ospiti legati non solo alla sua carriera ma, appunto, alla sua anima. Tant’è che al pubblico veronese viene dato all’ingresso un libretto.
«Sono voluta tornare a una comunicazione della mia musica e di me stessa più diretta, chiara e sincera. Il mondo di oggi ti porta sempre a doverti dare delle sovrastrutture in nome di un’identità precisa e a sottostare a uno schema» ha raccontato Francesca. «Alla lunga può farti perdere quell’autenticità di cui si parla sempre che però non è l’essere mono granitici e legati a un concetto solo, ma saper accettare il proprio cambiamento». E questa autenticità non è per nulla intaccata dalla struttura apparentemente complessa del concerto all’Arena. Anzi, è Francesca all’ennesima potenza. Con le sue scelte, talvolta bizzarre, eppure coerenti. Come quella di duettare con gli ospiti con dei mash up tra le sue canzoni e i brani che hanno segnato finora la sua vita.
Gaia, Margherita Vicario, Emma, la sorpresa Elisa, Vasco Brondi, Fiorella Mannoia, Carl Brave, Irama, Fudasca, Tredici Pietro e Mecna e, ironia della sorte, proprio l’ospite che sembrava irrinunciabile ha dato forfait all’ultimo. Un po’ come la caviglia a Sanremo. Stavolta però, paradossalmente, la sfortuna ha dato una marcia in più a Francesca. L’assenza di Fedez ha reso ancor di più il tema del taglia e cuci sul quale la cantautrice sta riformulando la propria carriera. Riavvicinandosi alle proprie origini, alle cose care, agli amici di Bassano del Grappa che salgono sul palco davanti alla consolle di Bruno Bellissimo durante la «sacra trilogia» Cigno nero, Chiamami per nome e Magnifico.
Quello che avrebbe dovuto essere il momento più solenne del live è diventato quello più spensierato e contagioso. Senza alcuna preoccupazione di cantare e non lasciare andare sotto la base. Dal mio punto di vista questa scelta reca in sé un alto valore simbolico: una riappropriazione del passato libera dallo stigma della perfezione a tutti i costi.
Viva il fango in paradiso
«Oggi tendiamo a reprimere i nostri disagi. Ho letto il libro di Byung-chul Han che parla della società senza dolore. Sembra che non possiamo permetterci di stare male» mi spiega Francesca Michielin prima del concerto. Chi mette in mostra il proprio lato fragile diventa un alieno. L’inizio del primo atto mette in luce proprio questo. La cantautrice entra in scena dalla platea con una maschera mentre sullo schermo vanno le immagini e le parole di Andrea Scanzi e Giuseppe Cruciani che la deridono e la accusano dopo il Graziani-gate di X Factor. Il primo brano non poteva che essere Francesca, cantato suonando il basso e vestita con una divisa scolastica che ricorda quella indossata all’inizio del videoclip di I’m Not Okay (I Promise) dei My Chemical Romance.
Il pop-punk ritornerà spessissimo durante tutto il live: Miss You dei blink-18 cantata con Levante e Maria Antonietta e Good Riddance inserita in coda a Un bosco durante il momento acustico dal palchetto reale. «Amo le cover perché aiutano a dire qualcosa di noi. Se esisto come artista è perché da piccola ho ascoltato della musica che mi appassionava e mi ha fatto capire cosa volessi fare da grande» ci ha rivelato l’artista.
Nel primo atto del concerto è come se ci si trovasse nella cameretta di Francesca dove si annidano passioni e pensieri. Tra questi c’è anche quello per il presente. «Per un attimo vorrei bloccare tutto» ha detto dal palco prima che si spegnessero le luci. Il ritornello di Bolivia – «È l’umanità che fa la differenza» – è stato accompagnato dalle scritte sullo sfondo: «Protestare è immaginare un mondo migliore senza chiudere gli occhi. Immaginare è un nostro diritto. Restare umani è un nostro dovere».
«Sanremo è andato una merda ed è stata una fortuna»
Durante la nostra intervista in vista del concerto all’Arena di Verona, è stata Francesca Michielin a tirare fuori l’argomento prima ancora che lo facessi io. «Quando ho pianto a Sanremo la seconda sera tutti pensavano fosse per la caviglia e si sono stupiti. E invece era mozione pura. Le persone si emozionano e piangono. È come se più passano gli anni più l’empatia svanisse». L’ultimo festival è stato un disastro, l’ha ripetuto anche sul palco davanti a un pianoforte decorato con edera finta.
È facile trovarsi d’accordo con le sue parole: è stata una fortuna perché ha portato a una piccola rivoluzione. Francesca Michielin è ripartita da Francesca. Il riarrangiamento acustico, quasi piano e voce, di Fango in paradiso – registrato anche per l’EP – colpisce nel segno e dal vivo ha scosso tutti i presenti che si sono alzati in piedi per una standing ovation mentre la cantante si commuoveva. E non eravamo nemmeno a metà concerto, tutto spontaneo.
La stessa intimità ed emozione si è creata durante il già citato terzo atto. Sotto una pioggia leggera, ma incessante, dal palchetto reale, Francesca ha eseguito alla chitarra, accompagnata da Sofia Volpiana (insieme a Maura De Santis, Viviana Colombo e Giorgia Canton, la band che l’ha supportata per il live) alcuni brani in acustico. Il momento con l’ospite a sorpresa Dan Black dei Planet Funk, con cui hanno cantato il nuovo singolo È naturale, è stata la ciliegina. A tal proposito, i nuovi brani dal vivo funzionano tutti, e rappresentano davvero una sorta di rinascita. Anche La voce che credevo di aver perso, eseguita dopo un altrettanto convincente e rockeggiante Occhi grandi grandi e cantata in coro con alcune delle ospiti della serata, si è confermata un gran pezzo.
Ciò che ha reso Tutto in una notte ancora più speciale è stato proprio il fine lavoro con ago e filo sugli arrangiamenti. Ogni sua canzone è stata reinterpretata e reimmaginata, nella maggior parte dei casi guadagnandone in resa dal vivo. Le anime di Francesca Michielin sono emerse tutte nella loro purezza, anche nei momenti in cui le scelte artistiche compiute sono sembrate troppo audaci. Si percepiva che era sempre lei la mente e questa era la cosa fondamentale per il tipo di concerto. È stata la sua festa, la sua ripartenza. È stata Francesca.
Il tour nei teatri nel 2026
Francesca Michielin ha annunciato un tour nei teatri nel 2026, di seguito tutti gli appuntamenti.
- Domenica 08 novembre 2026 | Trento – Auditorium Santa Chiara – DATA ZERO
- Mercoledì 11 novembre 2026 | Venezia – Teatro Malibran
- Venerdì 13 novembre 2026 | Torino – Teatro Colosseo
- Lunedì 16 novembre 2026 | Firenze – Teatro Verdi
- Venerdì 20 novembre 2026 | Bari – Teatro Petruzzelli
- Domenica 22 novembre 2026 | Bologna – Europauditorium
- Lunedì 23 novembre 2026 | Trieste – Teatro Rosse
- Mercoledì 25 novembre 2026 | Padova – Gran Teatro Geox
- Sabato 28 novembre 2026 | Roma – Teatro Conciliazione
- Martedì 01 dicembre 2026 | Milano – Teatro Arcimboldi
- Gioved 03 dicembre 2026 | Napoli – Teatro Augusteo