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Nessuno è profeta in patria, tranne Geolier

Ieri sera allo Stadio Maradona è andata in scena la prima delle tre date (sold out) di Emanuele, che a soli 24 ha scritto due pagine di storia: la sua e quella del rap napoletano

Autore Greta Valicenti
  • Il22 Giugno 2024
Nessuno è profeta in patria, tranne Geolier

Geolier allo Stadio Maradona, Napoli, 21 giugno 2024, foto di Gianmarco Montuori

Tra un brano e l’altro della fittissima scaletta che ha preparato per quello che presumibilmente rimarrà uno dei giorni più importanti della sua vita – ossia il suo primo concerto (di tre, tutti sold out, con 145mila persone attese) allo Stadio Maradona, tempio sacro e profano della sua Napoli -, c’è una promessa che Geolier fa più volte al suo (l’aggettivo possessivo stavolta è più incisivo che mai) pubblico, la stessa che apre il suo nuovo album, Dio Lo Sa. Quella che, qualsiasi cosa accada, rimarrà per sempre se stesso. “E se sbaglierò, voi mi dovrete sgridare come un figlio”, si fa promettere a sua volta dai quasi 50mila che sono lì, ad acclamarlo e adorarlo come un D10S.

Se c’è una cosa che ieri ho capito facendo un giro tra le persone in coda da ore sotto il sole cocente prima e dentro lo Stadio Maradona poi, durante il concerto, è che per Napoli Geolier è proprio questo. Figlio e divinità, eroe inarrivabile e specchio del popolo. Venerabile (come quando arriva sul palco – enorme – calandosi da 10 metri d’altezza sulle note di Per sempre e sale al cielo su quelle di Dio Lo Sa, la title track del suo ultimo album uscito neanche un mese fa ma che il pubblico canta già parola per parola) e tangibile (quando raccoglie a sé una schiera di bambini come dei piccoli discepoli attorno al proprio santo per far crollare il Maradona con l’instant classic P Secondigliano) allo stesso tempo.

Geolier al Maradona: «Io esisto perché esistete voi»

Asceso all’olimpo del rap ma senza dimenticare la sua gente. La sua città che si porta sulle spalle senza mai mostrare i segni della fatica, ma solo quelli dell’estrema gratitudine e riconoscenza, che Geolier manifesta non sottraendosi mai al suo pubblico (quale altro artista dopo due ore e quaranta serrate di show, 34 brani in scaletta – di cui la maggior parte sono rap purissimo, per cui occorre una tenuta fisica e di fiato non indifferente – con di fronte altre due serate così, incontrerebbe i fan post concerto?), perché “io esisto solo perché esistete voi”. Come ribadisce lui stesso a quella che è la sua famiglia allargat(issim)a.

E come si fa in famiglia, infatti, quasi nessuno lo chiama Geolier: per tutti è semplicemente Emanuele (anzi, Emanue’, con l’aggiunta di “Si tropp’ fort'”). Per tutti – ragazze in videochiamata con un fidanzato o un parente per condividere quel momento irripetibile, ragazzi tatuatissimi con croci e immagini sacre, bambini e bambine con le fascette in testa in spalla ai genitori – è ancora quel ragazzino – ora uomo – di Secondigliano che da tredicenne rappava su Int ‘o rione dei Co’Sang in cameretta col nome di Manu Beat e che undici anni dopo ha scritto non una, ma ben due pagine di storia: la sua e quella del rap napoletano, che ha portato a livelli fino a qualche anno fa inimmaginabili. Così tanto che i sogni di Geolier “erano più piccoli, mai avrei pensato tutto questo”.

Restituire l’amore della città

Ma quando sei un predestinato, una sorta di prescelto da chissà quale Dio, i sogni piccoli non possono che trasformarsi in aspettative enormi. Come quelle che aleggiavano sul concerto di ieri sera e che Geolier ha ampiamente superato con uno show di alto livello (tra spettacoli pirotecnici a profusione, visual pomposamente barocchi che non guastano mai, un’orchestra d’archi di sedici elementi che alza la temperatura del pathos, ospiti che spiccano nel pantheon di artisti partenopei come Luchè, MV Killa, Gigi D’Alessio e Mavi, e la sorpresa di Tony Effe e l’annuncio di una data evento all’Ippodromo di Agnano il 25 luglio del prossimo anno) con cui ha restituito completamente alla sua Napoli l’amore incondizionato con cui lo travolge ogni giorno.

Perché questa è la vera ricchezza di Emanuele: la sua comunità che ieri sera lo ha incoronato come nuovo piccolo grande re, senza invidia o risentimento, riconoscendone tutti i meriti, spingendolo a non cercare successo altrove, ma a rimanere saldamente ancorato alle sue radici (vivendo ad esempio sempre nello stesso rione) perché è da quelle che non può prescindere e perché Dio lo sa: nessuno è profeta in patria. Nessuno, tranne Geolier.

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