“Il dominio della luce” di Rodrigo D’Erasmo e Roberto Angelini è molto più di un libro e un album
È uscito il progetto musicale e letterario curato dai due artisti che include un disco strumentale e un libro al quale hanno partecipato numerosi scrittori e musicisti. Leggi il contributo di Vasco Brondi “Frammenti di un discorso luminoso”

Foto di Annapaola Martin
L’epoca contemporanea è predominata dal buio e il foro luminoso che dovrebbe fare da guida sembra sempre più stretto. L’arte, nella storia umana, ha sempre cercato di colmare ciò che mancava nel presente. Ecco che allora Rodrigo D’Erasmo e Roberto Angelini hanno scelto di dare corpo alla speranza con Il dominio della luce. Un progetto che unisce musica e letteratura e che è pensato per illuminare il mondo attraverso l’arte. «L’intento è quello di stimolare una riflessione condivisa sul concetto di luce, nei tempi oscuri e spaventosi che ci troviamo ad abitare» spiegano.
«Il desiderio condiviso di accendere ognuno una propria piccola luce» si realizza attraverso un album strumentale. «Una sorta di colonna sonora di un film immaginario, immaginato» – come lo descrivono i due artisti – unita a un libro che raccoglie il contributo di numerosi autori, filosofi, musicisti, registi e attori. Perché l’idea è che tutta l’arte possa illuminare la strada: «Con una fiaccola, un lume, un laser o un led, una poesia, un breve saggio o un racconto, un dipinto, una melodia di violino o un arpeggio vorticoso di chitarra, un drone di slide guitar o poche, delicate e solitarie note di pianoforte».
Il dominio della luce, uscito nella simbolica giornata di ieri (25 aprile), contiene tra gli altri degli scritti inediti di Gemitaiz, Francesca Mannocchi, Filippo Timi, Enrico Gabrielli e Vasco Brondi. In esclusiva di seguito, potete leggere un estratto scritto dal cantautore intitolato Frammenti di un discorso luminoso.
Frammenti di un discorso luminoso
Nel libro Niente di antico sotto il sole, il fotografo Luigi Ghirri racconta di quando decise di ritrarre la casa di Giorgio Moran di rimanendo colpito dal racconto del suo accompagnatore, che gli parlò dello sconforto del pittore per il restauro della facciata del condominio davanti al suo studio. La facciata, diceva, era stata colorata di “giallino” e alterava la luce che usava per dipingere le tele. La casa/studio in cui viveva Morandi, con le sue tre sorelle, è a Bologna in via Fondazza, che è una strada stretta. La parete a cui avevano cambiato colore era a pochi metri dalla sua finestra e il riflesso del sole adesso cambiava completamente la luce della sua postazione di lavoro.
Morandi non si avvaleva quasi di nient’altro, «non ha usato altra materia che la normalità: è tornato continuamente a ridipingere le stesse semplicissime bottiglie, bicchieri, vasi. Ho cercato di imparare la stessa essenzialità» scrive Ghirri. Morandi aveva scoperto che le cose hanno una loro voce: bisogna mettere in disparte la voglia di trasformare, e ascoltare questa lingua silenziosa. Basta che le cose siano illuminate e poi lasciarle così come sono.
Ci sono canzoni che sono come fuochi nella notte, canzoni che fanno luce e forse sono sempre state una reazione alla descrizione dei propri tempi come tempi bui. Mi vengono in mente i CCCP che citando provocatoriamente Mao dicevano «La situazione è eccellente» e lo dicevano negli anni Ottanta: c’era la lotta armata, c’era l’eroina, c’erano guerre vicine e guerre lontane, c’era la fine di ogni idea di rivoluzione culturale e sociale. Girava questa vignetta di Altan in cui scriveva: «Dopo il gelo degli anni di piombo godiamoci il calduccio di questi anni di merda». Era scandaloso dire «La situazione è eccellente» e i CCCP aggiungevano «Questi sono i nostri tempi e i nostri posti, non a Berlino ma a Carpi».
Come a dire che soltanto questi sono i posti e i tempi in cui siamo provvisoriamente vivi tutti assieme, solo da qui possiamo partire, non c’è alternativa, non potevano accettare che fossero considerati “tempi bui”. Così ecco canzoni piene di fuochi, fuochi di segnalazione, incendi nei boschi, fuochi interiori che tormentano e possono bruciare ma che possono anche essere usati per fare luce, per schiarire, per riscaldare. Si possono pensare le canzoni come fuochi nella notte, e cantarle per guardare in faccia il presente, per non averne paura. Il modo per non avere paura di un luogo buio è esplorarlo attentamente, entrare con un accendino o una torcia, farsi coraggio e fare luce, mettersi a cantare.
Il lago di Tso Pema nell’India del Nord è un lago sacro per gli indù, per i sikh, per i musulmani e per i buddhisti. In quel luogo ci sono templi di ognuna di queste religioni, il tempio buddhista ha la forma del Buddha in meditazione, è così grande che si entra proprio dalla base della statua. Quando sono arrivato, il Lama che aveva fatto costruire il tempio e che è stato uno dei più importanti del Tibet, tra i più vicini al Dalai Lama, era morto da quasi un mese e da allora era in uno stato di meditazione che si chiama di Chiara Luce. In quello stato il corpo non va in decomposizione anche se le funzioni vitali cessano. Resta seduto, in meditazione, per pochi giorni o anche un mese intero.
Un fenomeno incredibile per noi occidentali, quest’idea di un Lama o un Geshe che resta in uno stato intermedio dopo la morte fisica, questo corpo intatto che non va in decomposizione anche per molti giorni dopo che il cuore ha smesso di battere.
Il Lama era rimasto in meditazione una ventina di giorni, cosa considerata dagli altri monaci perfettamente normale. Quando sono arrivato era appena uscito dalla meditazione di Chiara Luce, la notte precedente era morto definitivamente e stavano preparando una celebrazione, senza apparente gioia, sconforto o trepidazione anche se era stato il maestro di questi monaci per decenni. Il corpo seduto in meditazione era appena crollato ed era stato rimesso seduto dentro quella che noi chiameremmo bara, ma che di fatto era una scatola, un parallelepipedo di legno per lasciare il Lama seduto a gambe incrociate. Sopra c’erano un suo ritratto e delle luci intermittenti. Le candele rovinavano con il loro fumo le superfici e così da qualche anno sono state sostituite con queste lucine colorate natalizie che sono ovunque nei templi buddhisti, in tutte le stagioni.
Sono rimasto seduto su un cuscino da meditazione, ero l’unico occidentale, a gesti ho chiesto a un monaco se potevo rimanere per la cerimonia e sorridendomi mi ha detto di sì. Non so se si trattava di una sorta di funerale, è arrivato un Lama a celebrarlo, quelli del paese hanno capito che doveva essere uno importante dalla macchina con i paramenti con cui è stato accompagnato.
Sono stato nei luoghi dove Michelangelo Antonioni ha girato Deserto rosso in provincia di Ravenna, raccontava che durante le riprese vennero dedicati tre giorni e tre notti a colorare di bianco un intero bosco. E a tutti i presenti, dal produttore, agli attori, agli imbianchini, ai passanti che gli chiedevano «Perché di bianco?» lui rispondeva solo «Perché di sì». Tra ammutinamenti, critiche, tempo, denaro e frustrazione il bosco bianco alla fine era pronto ma la scena non si girò più. Dopo tre giornate nuvolose, il mattino delle riprese c’era un bellissimo sole che rese impossibile filmare la parte di bosco dipinta di bianco. Il bosco era controluce e gli alberi sarebbero sembrati neri, la luce era totalmente sbagliata.
Del resto Antonioni ha sempre preferito la nebbia alla luce del sole. Racconta che da ragazzo quando ancora viveva a Ferrara nei giorni di nebbia usciva subito di casa e andava a camminare per la città, amava godersi il momento in cui questo fenomeno atmosferico faceva sparire tutto dalla sua vista, perché «Era il solo momento in cui potevo pensare d’essere altrove».
Calendario delle presentazioni
- 26 aprile ROMA Officina Pasolini, Viale Antonino di S. Giuliano 782, ore 21:30
- 27 aprile NAPOLI Foqus, Via Portacarrese a Montecalvario, 69, ore 18:00
- 28 aprile TARANTO Spazioporto, Via Niceforo Foca 28, ore 19:00
- 29 aprile BARI Nevermind Music Club, Via Mauro Amoruso Manzari 62/7°, ore 19:00
- 13 maggio BOLOGNA Frida Nel Parco, Parco della Montagnola, Via Irnerio 2/4, ore 20:30
- 14 maggio FIRENZE BRAC Via dei Vagellai, 18/R, ore 19:00
- 16 maggio ALBENGA (SV) Su La Testa Festival, Via Archivolto Del teatro 8, ore 21:00
- 17 maggio TORINO Salone del Libro, Lingotto Fiere, Via Nizza 294, ore 18:30
- 22 giugno TUORO SUL TRASIMENO (PG) Moon in June, Isola Maggiore, ore 21:00