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La “Black British Music” di Jim Legxacy vi porterà altrove

Il producer e rapper di South London con il debutto in XL Recordings si conferma uno degli astri nascenti della scena UK, tra sample, chitarre emo e testi intimi

  • Il24 Luglio 2025
La “Black British Music” di Jim Legxacy vi porterà altrove

Foto di Tom Schwimmbeck

Jim Legxacy non ha trovato subito la sua strada, anzi, forse la sta ancora cercando. Quando ascolti i suoi pezzi è come se ti trovassi difronte a un collage in cui ogni frammento ti suscita un’emozione differente. Il nome d’arte l’ha scelto senza pensarci su troppo, solo con l’idea di voler lasciare un’eredità, perché se c’è una cosa sulla quale non James Olaloye, classe 1999, non ha mai avuto dubbi è che avrebbe lavorato creando qualcosa. Un modo per scappare dalla povertà, dal razzismo e dalla disciplina di un percorso di studi tradizionale. Quando si iscrisse all’istituto d’arte si rese conto che il disegno non era per lui, nonostante fosse cresciuto amando i fumetti, e optò per specializzarsi nel graphic design. E la musica? Solo a diciotto anni.

Cresciuto nel sud di Londra, a Lewisham, Jim Legxacy ha pubblicato lo scorso venerdì Black British Music (2025), il suo debutto per la XL Recordings. Un mixtape che è come se fosse un album a tutti gli effetti, un po’ come il precedente homeless n*gga pop. Un progetto che ha il sapore della rampa di lancio definitiva dopo le collaborazioni illustri. Dietro la hit Sprinter di Central Cee e Dave, infatti, c’è la sua mano di producer, mentre la sua voce compare nell’ultimo album di Fred Again.. Ten Days nel brano Ten.

Il fatto che abbia firmato per l’etichetta che produce artisti come Radiohead e Fontaines D.C. è un primo indizio della sua peculiarità. Di certo il legame più forte è con la scena hip hop londinese ma nei suoi brani non trovi un singolo genere. Con sample, chitarre acustiche ed elettriche, synth e beat, James si muove tra rap, UK Garage, emo e afrobeat. Essere produttore, oltre che autore delle proprie canzoni, enfatizza il suo eclettismo e lo rende libero di alternare al flow anche il suo caratteristico cantato.

Life’s not been easy

Il primo mixtape del 2023, homeless n*gga pop, era un insieme di spaccati di vita di strada londinese. Il titolo faceva espressamente riferimento alla realtà vissuta da James che in quel periodo non aveva una casa. Allo stesso modo il titolo Black British Music è strettamente collegato ai temi personali del nuovo progetto. Per mettersi in pari con la sua vita basta ascoltare il primo brano, context: una intro in cui Jim Legxacy parla a cuore aperto di quanto sia cambiata la sua esistenza nell’ultimo biennio. Dal lutto per la morte di sua sorella, i problemi di salute di sua madre che hanno ritardato il disco, la mancanza di una figura paterna e l’ambizione di prendersi la scena musicale inglese di seconda generazione grazie alla sua originalità.

«I’m on a mission» dice in stick, uno dei brani che meglio riassumono le sue potenzialità. Due minuti e venti – questa la durata media delle quindici tracce del disco – in cui melodia e drum machine si fondono come rap e vibrato. Il tono personale e confidenziale è una delle costanti di tutto il disco. In issue of trust, dove un arpeggio costruisce l’atmosfera intima, James parla a cuore aperto «I’ve always been scared of being myself / Of letting my heart speak before I speak». La produzione evolve con l’ingresso di cori gospel, archi e un tocco di distorsione di chitarra elettrica.

Il lato più emotivo di Legxacy emerge quando parla di sua sorella, una mancanza incolmabile e ricorrente che tenta di esorcizzare immaginando scenari musicali sempre diversi. Come nella ritmata, ma sempre dominata dall’acustica, 3x con Dave che lo rassicura dai dubbi: «Told Jim, you already did your sister proud». La chitarra, come avveniva nei suoi progetti precedenti, è un fil rouge che torna e lega i suoi pensieri più profondi. Viene frammentata, ostacolata quasi, in brief. Altre volte è centrale come in sun. E c’è una connessione tra la profondità del suo storytelling e la pulizia del suono delle cinque corde. Una cosa che era emersa in uno dei primi successi, cold lewisham roses e che ritorna in dexters phone call (dove c’è il featuring con un’altra personalità urban emergente, dexter in the newsagent).

Music designer

Nelle poche interviste concesse finora Jim Legxacy ha sempre precisato un aspetto. Lui non va alla ricerca di nuova musica, ma è quest’ultima che lo trova. Può passare mesi senza ascoltare nulla di nuovo. Sembra paradossale per un artista come lui che basa moltissimo il suo stile sui campionamenti, a tal punto che dal 2023 candy reign (!), il suo brano più ascoltato, non è disponibile sulle piattaforme di streaming per delle clearance non finalizzate.

I videogiochi, nello specifico FIFA e quelli di wrestling, sono la sua fonte principale. Elementi che tornano, come nel titolo tiger driver ’91 (il riferimento è a una pericolosa mossa che col tempo gli atleti hanno smesso di utilizzare) e nel brano più emo-punk, ’06 wayne rooney. Qui c’è una delle interpolazioni più interessanti di Black British Music (2025), quando nel ritornello chitarristico viene citata Hey Ya! degli OutKast. Da graphic designer a music designer, Jim Legxacy è abilissimo nel giocare con gli stili e nel combinare frammenti. Più che il Kanye West di Graduation, viene in mente Jai Paul e Leak 04-13. Uno dei punti più alti è new david bowie con una rielaborazione di WASH di Jon Bellion.   

Quando ascolti la musica di Jim Legxacy ci trovi un po’ di tutto dentro, da Lil Durk agli American Football, ed è questo il bello. Il suo modo di interpretare e produrre non si pone limiti. Il genere musicale con lui cessa di esistere. Inaccessibile e accessibile a tutti allo stesso tempo.

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