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Cinque cose che abbiamo capito dal concerto di Jovanotti a Roma

Siamo stati a uno dei dodici concerti, all’insegna del sold out, che Lorenzo sta tenendo al Palazzo dello Sport di Roma: ecco com’è andata

  • Il2 Maggio 2025
Cinque cose che abbiamo capito dal concerto di Jovanotti a Roma

Jovanotti a Roma, foto di Michele Maikid Lugaresi

Chissà in quanti avrebbero scommesso, nel 1987, sulla lunga e fortunata carriera di quel ragazzo dinoccolato, vestito con l’immancabile cappellino Boy, il chiodo, i jeans sdruciti e le scarpe da basket, che cantava brani leggeri e spensierati come È qui la festa? Gimme Five. Sono passati quasi quarant’anni dal suo debutto discografico e Jovanotti oggi ha lasciato spazio a Lorenzo Cherubini, artista e uomo maturo, che ha trovato un perfetto equilibrio tra il desiderio di divertire il pubblico, la capacità di esprimere i propri sentimenti e la voglia di lanciare messaggi importanti attraverso la musica, facendo muovere all’unisono gambe e cervello. Dopo la data zero a Pesaro, siamo stati a uno dei dodici concerti, all’insegna del sold out, che Jovanotti sta tenendo al Palazzo dello Sport di Roma, dove si esibirà ancora il 24, il 25, il 27 e il 28 maggio.

Il PalaJova 2025 ha l’impatto di un tour negli stadi, ma calato nella dimensione più raccolta dei palazzetti dello sport, con un muro del suono fornito dalla J Street Band, il vero motore del concerto, guidato con sapienza, nei suoi saliscendi emotivi, da “maestro di cerimonia” Jovanotti. Ecco cinque cose che abbiamo capito dopo aver assistito a due ore e mezza di concerto, con una carrellata di hit, tra ballad e brani trascinanti, che pochi artisti in Italia possono vantare.

È qui la festa

Lorenzo è stato ed è ancora un dj, prima di dischi, oggi di emozioni. La trasversalità del suo pubblico è il diretto riflesso del suo eclettismo musicale: dai brani più dance che pompano bassi e casse elettroniche tipicamente EDM alle romantiche ballad, dalle sonorità latinoamericane ai ritmi sincopati dell’hip hop e del reggaeton, dal funky alla James Brown fino all’electropop anni Ottanta. I suoi concerti, e in particolare quest’ultimo, sono una grande festa collettiva in cui, per una sera, si mettono da parte le preoccupazioni quotidiane e ci si immerge completamente nel mondo policromo, hippy, ecumenico e gioioso di Lorenzo, in cui le sigle dei cartoni animati si alternano con naturalezza a riflessioni filosofiche e sociali.

La forza dei concerti di Jovanotti è soprattutto nel repertorio che, per quantità e qualità, ha davvero pochi rivali in Italia. Anche chi non è un suo fan di stretta osservanza non può rimanere indifferente di fronte a 10.000 persone che cantano, ballano e si emozionano per due ore e mezza, senza mai un calo di tensione per tutto il concerto.

“Il corpo umano” è un album di rinascita

Nei concerti degli artisti con diversi lustri sulle spalle, spesso i nuovi brani sono vissuti dal pubblico quasi come una formalità necessaria per arrivare finalmente ai grandi classici del passato. Non è stato così per l’esibizione di ieri di Jovanotti a Roma, dove i nuovi brani del riuscito album Il corpo umano, già metabolizzati e imparati a memoria dai fan, si amalgamano alla perfezione con gli evergreen della ricca produzione discografica di Lorenzo. La serata è stata aperta da Montecristo, un reggaeton introspettivo e malinconico ispirato al celebre romanzo di Alexandre Dumas, che lancia un messaggio di autenticità: «Diventa quello che sei /Non come vogliono loro».

Ha suscitato grande entusiasmo Fuorionda, anche per la carrellata di meme sul maxischermo, un brano in cui sente molto il tocco di Dardust nel travolgente sound elettropop, mentre il testo, come molti nella discografia di Lorenzo, parte da un fatto personale, l’incidente in bici, per abbracciare temi universali, come quello delle guerre in varie parti del mondo. Sono stati accolti molto bene anche 101, uno dei brani più riusciti dell’album per il sound coinvolgente, tra echi mediterranei, Northern Soul anni Sessanta e rap, e la romantica Un mondo a parte, accompagnata dalle torce dei cellulari nel buio e dal coro del pubblico femminile.

Un curioso (e riuscito) esperimento tra sirtaki greco e big beat è la title track Il corpo umano, collocata in scaletta come primo bis, un’ode festosa alle varie parti del nostro organismo e all’uso che possiamo farne, che dal vivo è uno dei momenti più liberatori del concerto.

Jovanotti e l’arte di scegliere i migliori musicisti

Jovanotti, in diverse interviste, ha sottolineato di essersi ispirato, per il PalaJova 2025, alla E Street Band, il leggendario gruppo che da decenni accompagna Bruce Springsteen nelle sue maratone rock. Una dichiarazione certamente altisonante, che ha suscitato sul web diverse ironie, eppure, alla prova del live, è evidente che la sua non è stata una sparata per fare clickbait, ma una scelta artistica ben precisa. Seguiamo da anni Lorenzo dal vivo e mai come adesso la band è al centro del concerto, anche perché tutti gli strumenti vengono suonati dal vivo, senza preset, dando vita a un “wall of sound” di grande impatto che tanto sarebbe piaciuto al controverso produttore Phil Spector.

Quando in un brano Sophia Tomelleri suona il sax appoggiata alla schiena di Lorenzo mentre lui imbraccia la chitarra, l’omaggio al compianto Clarence Clemons della E Street Band è più che evidente. Il basso tridimensionale di Saturnino, da 35 anni al fianco di Lorenzo, ha trovato un perfetto complemento della sei corde virtuosa e ricca di sfumature di Adriano Viterbini, uno dei migliori chitarristi italiani, mentre i fiati sono guidati sempre con gusto dal trombonista jazz Gianluca Petrella. Completano la band Christian “Noochie” Rigano alle tastiere, Leo di Angilla e Kalifa Kone alla ritmica, Carmine Landolfi alla batteria, Franco Santarnecchi al piano, Camilla Rolando alla tromba, Micol Touadi e Jennifer Vargas ai cori, Moris Pradella ai cori e seconda chitarra.

L’ingegnere del suono è sempre il fidato Pino “Pinaxa” Pischetola, che riesce a creare un sound corposo e pulito anche in una struttura non semplice da gestire come il Palazzo dello Sport di Roma.

I brani funky e dance sono il suo superpotere

Jovanotti ha fatto dell’eclettismo e dell’energia i topoi della sua carriera, un vitalismo che, tra alti (molti) e bassi (pochi), ha sempre attraversato e guidato la sua discografia. Non è un caso che i momenti di maggiore coinvolgimento del concerto a Roma siano stati il medley funk (Questa è la mia casa / Mani in alto / Una tribù che balla / Oh, vita! / Muoviti muoviti / (Tanto)³ / Falla girare / Megamix), che ha fatto alzare in piedi per ballare tutti gli oltre 10.000 spettatori del palasport, l’EDM di L’estate addosso, Sabato e Ti porto via con me, la world music de L’ombelico del mondo e il soul/funky trascinante di Penso positivo.

Nessuno, come Lorenzo, è in grado di far allentare i freni inibitori del pubblico per trascinarlo insieme in una danza scatenata, liberatoria e quasi ancestrale, facendolo uscire dal concerto madido di sudore, ma con un grande sorriso stampato sul volto e l’impressione di essere stato a una festa piena di amici, più che a un concerto.

La forza della fragilità

La proverbiale energia di Jovanotti, apparentemente inesauribile, si è interrotta bruscamente nel luglio del 2023, a Santo Domingo, quando una rovinosa caduta in bici gli ha procurato la frattura del bacino e della clavicola. Due operazioni, un batterio che ha aggredito il suo femore, accorciando una gamba di 4 centimetri, il rischio di morire di setticemia, una lunghissima riabilitazione in cui ha dovuto letteralmente reimparare a camminare, la lenta risalita, culminata con un nuovo album e un tour nei palazzetti italiani con oltre cinquanta date.

La fragilità, lo smarrimento, la paura della morte o, comunque, di non tornare più quello di prima si avvertono, a un occhio più attento, dietro agli sgargianti abiti di scena, alle luci stroboscopiche e alle sorprendenti immagini create senza sosta sul maxischermo dall’Intelligenza artificiale. Lorenzo sa di aver rischiato tanto e sa che non può più chiedere al suo organismo, a quasi sessant’anni, ciò che poteva fare una decina di anni fa, ma ciò non pregiudica minimamente la generosità della sua performance, in cui ce la mette davvero tutta per far divertire il suo pubblico.

Jovanotti oggi calibra di più le energie, si concede diverse chiacchierate con gli spettatori tra un brano e l’altro, dà molto spazio agli assoli della J Street Band. Tutto ciò, se da un lato limita la sua esplosività, dall’altro conferisce maggiore spessore alla sua interpretazione e al messaggio delle sue canzoni, che hanno sempre quella tensione verso il futuro tipica di chi non si accontenta mai di dove è arrivato, ma già sta guardando verso la sua prossima sfida, il suo prossimo album, il suo prossimo tour.

Articolo di Gabriele Antonucci

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