Fiori meccanici, AI e tanta voglia di vivere: il ritorno dal vivo di Jovanotti è un inno alla gioia
Siamo stati alla prima del PalaJova 2025 alla Vitrifrigo Arena di Pesaro. Il nuovo show mette al centro le canzoni: un palco “pulito”, una band di tredici solisti, una scenografia ad alta quota e delle visual coinvolgenti che sfruttano l’intelligenza artificiale. Il vero protagonista però è lui, sempre carico, generoso e rassicurante

Foto di Michele Maikid Lugaresi
Dall’ultimo concerto del 2022 erano passati quasi tre anni. Nel mezzo sono accadute tante cose, troppe, persino per uno abituato alla vita come lui. Il corpo umano che cede, che deve essere ricostituito e che infine si trasforma in un album. La vera prova però era la dimensione live. Quella per cui Jovanotti è pronto a donare tutto: ieri sera, alla Vitrifrigo Arena di Pesaro è partito il PalaJova 2025 che lo porterà in giro per un totale di quarantanove date. Un numero che farebbe paura a qualsiasi artista, che come lui affronta gli show anche a livello fisico, e che viene da un infortunio problematico come il suo.
Sono bastati dieci minuti: il tempo della sigla di Conan il ragazzo del futuro – con i profetici versi «Dai Conan! Tutto deve ricominciare / Dai Conan! Mettici tanto amore, più che puoi» – e del brano di apertura Montecristo. Un vero shock, per certi versi, perché Jovanotti l’ha cantato da fermo, davanti all’asta, mentre il gremito palazzetto di Pesaro si scaldava con il primo boato. Il “riscaldamento” è finito quando la J Band, composta da tredici elementi tra musicisti e coristi, ha dato il via a L’ombelico del mondo. Jova ha afferrato il microfono e ha cominciato a saltare da una parte all’altra del palco pronunciando una parola che ha rassicurato tutti: «Partiamo!».
Sono seguite oltre due ore di canzoni cantate e ballate da un pubblico come di consueto molto variegato. Famiglie, bambini, coppie, gruppi di amici e una buona quantità di cappellini che dagli spalti si scorgevano nel parterre come piccoli funghi colorati. Tutti per celebrare dal vivo una festa e il ritorno alla musica di un amico. Ed è proprio riguardo all’amicizia che Jovanotti ha fatto uno dei suoi discorsi. Prima della sorpresa in scaletta, Un bene dell’anima, dedicata ad Alessandro Baricco e Gianmarco Tamberi presenti sugli spalti.
Lo spettacolo che aspetta tutti i fan che nelle prossime settimane andranno a uno degli appuntamenti del PalaJova 2025 è qualcosa di diverso da quanto ci si potrebbe aspettare. Non è il più grande spettacolo dopo il Big Bang, ma uno show dallo stile più essenziale: pochi fronzoli che lasciano ancora più spazio ai brani e alle parole. Non c’è da preoccuparsi: Jovanotti è sempre quel “ragazzo fortunato” che, nonostante l’esperienza, non perde l’innocenza di chi ha ancora tanto mondo da esplorare.
Tra fiori e AI
Quando Jovanotti ha presentato il tour nei palazzetti è partito da una poesia di Mariangela Gualtieri: Che cosa sono i fiori?. I fiori, scelti come simbolo di spontaneità e meraviglia, sono l’unica componente scenografica dello show. Dopo qualche minuto dall’inizio del concerto, si è spinti a guardare verso l’alto. Sul soffitto sono installati dieci fiori meccanici con pod rotanti – pesano più di una tonnellata l’uno – che si schiudono e richiudono a loro piacimento e scorrono per cinquanta metri, abbassandosi fino a quindici. All’occorrenza si capovolgono pure. Il piedistallo che li sorregge si illumina trasformando l’atmosfera in una sala da ballo come in Tensione evolutiva o in un’«astronave senza pilota» durante Sabato.
Quella dei fiori meccanici è l’unica idea scenografica virtuosistica nel complesso di uno show per lo più minimale e “pulito”. Il progetto e la direzione artistica sono ancora di Jovanotti e Sergio Pappalettera, mentre il set design è stato curato da Giorgio Josh Geronim. Sul palco, dominato da un solo maxischermo lungo 22 metri, oltre che dalla band, c’era solo un tappeto. Lo stesso che si è visto nei video delle prove pre-Sanremo che Jovanotti ha pescato direttamente dal suo salotto. Un allestimento che è stato definito dall’artista “dritto”.
L’universo lo creano i suoi successi e le trame intrecciate sulle quali ogni tanto, quando non balla da una parte all’altra del palco, poggiano i suoi piedi. Tutto questo però non intacca il percepito di un concerto che mantiene la stessa vitalità degli show del passato. È ovvio, non c’è la spiaggia come ai Jova Beach Party, ma il caldo di quella stessa sabbia lo si sente quando partono L’estate addosso e Ricordati di vivere.
Gran parte dell’atmosfera generata è merito dell’accurato lavoro, sfruttando anche l’intelligenza artificiale, di Sugo Design, con la creative direction di Stefano “Steve” Polli. È questo l’elemento che ci ha stupito maggiormente del concerto di Pesaro, oltre alla rinnovata carica di Jovanotti. A partire dal medley funky, nello specifico da Tanto e Falla girare, i frame della diretta video sul mega schermo, grazie all’uso dell’AI, hanno cominciato a variare. Il viso di Lorenzo diventava quello di un pellerossa, poi di una donna e così via. Questo tipo di elaborazione grafica sulle immagini live è aumentata sempre di più nel corso della serata, fino al punto che sono state “coinvolte” anche le facce del pubblico.
Jovanotti è il vero protagonista
Si è detto del ruolo centrale lasciato alle canzoni, anche quando unite nei due medley che hanno diviso in due la scaletta. Il vero fulcro però, come prevedibile, è ancora lui. La sensazione che si è provata nel vedere muoversi Jovanotti sul palco, con tutta l’imprevedibilità e la spontaneità di chi è come se fosse la prima volta che si esibisce nei palasport, è stata coinvolgente e rassicurante. I suoi fan, ma anche chi era lì perché curioso o per accompagnare qualcun*, hanno constatato che lui, al di là di tutto, è carico e generoso. Non è scontato per qualcuno che ha conquistato le spiagge e attirato migliaia e migliaia di spettatori, tornare in una dimensione più “piccola”.
Invece, Jovanotti ieri sera era contento di esserci e di avercela fatta – non era scontato – e questo sentimento è arrivato dritto come la sua scenografia. A un tratto, prima di cantare A te, ha rivelato di aver chiesto a ChatGPT quali fossero le parole più utilizzate nei testi delle sue canzoni. Risultato: al primo posto c’è amore. Un concetto che per lui va oltre il senso stretto, ma è un generatore universale di mondi. Un metodo complesso per liberarsi al di sopra di tutto. Un po’ come accade durante gli Oh Yeah di Fuorionda, quando nello schermo si alternano e mescolano le immagini di Schlein, Meloni, Salvini, Trump, Biden, Putin e tutti gli altri.
Potrà sembrare semplicistico, a tratti persino autoassolutorio, ma Jova è sensazione pura. Prendere o lasciare. E anche se optate per la seconda, avete comunque la certezza che lui comunque, qualora cambiaste idea sarà ancora lì. A ballare Il corpo umano, a pensare positivo, ma soprattutto a donarvi tutto se stesso.