In “Lazarus” risorge la potenza delle canzoni di David Bowie grazie a Manuel Agnelli
Ieri si è tenuta al Teatro Strehler di Milano la prima delle date della versione italiana dello spettacolo diretto dal regista Valter Malosti. Tante emozioni per questo “jukebox drama” dai toni gotici, e soprattutto nel sentire le voci di Manuel e Casadilego. Alcune perplessità sulla coreografia
Rispettando i crismi di una prima, il teatro Strehler era pieno. Nelle file centrali molti addetti ai lavori del teatro milanese, qualche celebrità e una rappresentanza più istituzionale della giunta comunale. Per Manuel Agnelli (nei panni di Thomas Jerome Newton) questa première meneghina di Lazarus ha peraltro un significato speciale, ovvio, e lo aveva dichiarato apertamente il giorno prima in conferenza.
Inutile soffermarsi troppo sulla trama che molti di voi avranno già letto. Ma ricordiamo che i grandi attesi in scena sono proprio i due cantanti, Manuel Agnelli e Casadilego, oltre al fatto che tutti sono curiosi di vedere la versione italiana dell’allestimento di uno spettacolo nato a New York.
La qualità della scenografia di Lazarus
Sono quasi due ore di spettacolo, forse un tempo eccessivo. Il pubblico delle prime è sempre sui generis, e si è scaldato con lentezza. Diciamo subito la prima nota positiva: la scenografia. Il regista, che da anni lavora anche con le installazioni/inserti video in scena, ci presenta un’ottima disposizione della band (ben sette elementi, risulteranno bravissimi nelle esecuzioni) ai due lati estremi di un palco complesso, dominato da una corona di piccoli schermi di cui uno più grande e centrale in alto che è in pratica un ulteriore quadro scenico di forte importanza narrativa.
Tutto è molto scuro, quasi gotico, ed è la prima grande differenza con la rappresentazione curata dall’olandese Ivo Van Hove per l’edizione americana del musical. Di solito noi italiani abbiamo un’eccessiva forma di riverenza nei confronti delle produzioni americane ma su quest’aspetto il lavoro del regista, che è anche il direttore di ERT è, a mio giudizio, molto più potente. Si comprende altresì che c’è stato un impegno economico non indifferente da parte della produzione italiana.
Una coreografia forse troppo invasiva
L’eccessivo tono gotico/dark è aumentato non solo dal buio estremo (che in effetti è funzionale alla visione degli schermi) ma da una coreografia un poco dissonante rispetto alle coreografie dello spettacolo originario ma soprattutto all’estetica bowieana.
A curare questo aspetto del Lazarus made in Italy c’è la coreografa e danzatrice Michela Lucenti. Nello spettacolo è anche Elly, una giovane donna in crisi sentimentale che s’innamora perdutamente di Thomas Jerome Newton. Lucenti lavora da molto tempo con Malosti. Assieme hanno anche messo in scena già due opere di Enda Walsh, Bedbound (2001) e Disco Pigs (2005).
Michela balla tantissimo, ma si muove eccessivamente e la sua “irruenza fisica” a volte sembra stridere con la quasi staticità in scena di Manuel Agnelli ed Elisa Coclite (Casadilego). Poi a dare un certo fastidio è la presenza delle tre “pseudo Mary Lou” (il perduto amore di Newton), tre ballerine con caschetto blu che ronzano sulla scena molto spesso.
Anche Dario Battaglia (nella scena è Valentine, uno squilibrato e serial killer), che è tra i migliori nella recitazione, risulta un personaggio troppo anni ’80, sembra una versione sadica di Capitan Harlock.
Manuel Agnelli e Casadilego in Lazarus
Ma veniamo all’altra grande nota positiva di questa prima milanese. Specifichiamo che lo spettacolo aveva debuttato al bellissimo Teatro Bonci di Cesena a marzo (per fortuna l’alluvione pare abbia risparmiato questo piccolo gioiello della Romagna) ed è ormai già ultra-rodato. Dopo lo Strehler, Lazarus concluderà il suo tour a Ferrara e Torino.
Manuel Agnelli non si muove con grande disinvoltura come attore ma appena intona le canzoni (sono ben 17 nella playlist di Lazarus) si capisce non solo l’amore per David Bowie ma anche una capacità di intonare con delle venature perfettamente fedeli al grande performer inglese.
Che dire della sua straripante, appassionata versione di Absolute Beginners! Agnelli sa trasformare Lazarus in un jukebox drama dai toni gotici e rende speciale una canzone del repertorio di Bowie che non è certamente uno dei gioielli del suo songwriting.
Manuel dona polvere di stelle a un brano che era rimasto nel dimenticatoio collettivo. Ma anche la finale Heroes (peccato che la canti morente in scena) è notevolissima. In questo caso, una canzone da tutti conosciuti e perfettamente arrangiata e performata. Chapeau Manuel.
Anche Casadilego si dimostra all’altezza nel canto. Noi addetti ai lavori sapevamo delle sue qualità canore. Fa piacere che anche una platea più legata al teatro conosca le sue qualità. Eccellente la sua versione di Life on Mars?.
In conclusione
Difficile poi pensare che il cast che accompagna i due cantanti possa essere di livello. Immagino che il regista sia stato cosciente di questo aspetto e secondo me qui si potrebbe aprire un dibattito. Quanto sono bravi gli attori italiani dei musical a cantare un repertorio anglosassone senza cadere nel provincialismo? Il settore dei musical nel nostro Paese è fiorente, per fortuna, ma poi dovremmo vedere a fondo la qualità degli interpreti. A voi le considerazioni del caso.
Lazarus è in definitiva un ottimo spettacolo con alcune sbavature e forse eccessivamente lungo. Farà felici gli amanti e, perché no, anche i puristi di Bowie grazie alle interpretazioni del leader degli Afterhours e di Casadilego. E per una volta la scenografia italiana batte quella originale.
In conferenza stampa Manuel Agnelli aveva detto: «Non definite la bravissima band una cover band». Ma con tutto rispetto non ci trovo assolutamente nulla di offensivo se definiamo queste versioni delle canzoni di David Bowie le migliori cover che abbiamo ascoltato dal vivo fatte da un italiano.