Top Story

40 anni di skateboard in Italia, tra etica punk, libertà e tanta musica

Lele Lutteri, autore del libro “Nessuna Regola”, ci racconta come sia cresciuto il fenomeno dello skateboarding in Italia, partendo con la citazione di una canzone dei californiani Sucidal Tendencies

Autore Tommaso Toma
  • Il28 Novembre 2023
40 anni di skateboard in Italia, tra etica punk, libertà e tanta musica

I Suicidal Tendencies, foto di Lele Lutteri

Lele Lutteri ci ha provato (e ha fatto benissimo) a dare un anniversario, ideale certamente, alla presenza dello skateboard nel nostro Paese. Ovvio che non esista una data unica e inequivocabile, ma non c’è nessuna cosa ovvia e inequivocabile. Cos’è esattamente, un gioco? Uno sport? Uno stile di vita? È tutto questo, probabilmente molto di più.

La cosa affascinante di Nessuna regola, che esce per Agenzia Alcatraz nella loro interessante collana Fair Play, è che Lele Lutteri ci racconta dello skateboard come un universo particolarissimo, frutto di contaminazioni tra culture nate sulla strada. Custodito e difeso gelosamente dai suoi protagonisti, ma proiettato inevitabilmente verso una fruizione sempre maggiore, facendo attenzione però a tenerne le radici ancora ben salde alle origini. Come si evince dal titolo, ma anche dalla vita vissuta nel mondo degli skater, all’interno delle varie comunità non ci sono mai state regole. Lo skateboard è nato così, senza nessuno che ti dicesse cosa andava bene e cosa no.

Insomma, un’attitudine e una visione d’insieme molto simile al Do It Yourself, ereditato direttamente dal mondo della musica punk e delle autoproduzioni. Ed è anche per questo motivo che il legame con la musica è indissolubile e sarà eterno.

Lele Lutteri

Lele Lutteri ci racconta Nessuna regola

È un libro che parla di skateboard. di come sia arrivato per la prima volta nel nostro Paese sul finire degli anni ’70, e di come, da quella prima sporadica apparizione sia diventato un fenomeno complesso, radicato, contaminante e contaminato da tante altre forme di espressione, arte e lifestyle. Grazie soprattutto al mastodontico lavoro fatto da chi non si è limitato solamente a spingere la propria tavola, contribuendo in prima persona allo sviluppo di questa disciplina.

Nessuna Regola prima di cominciare a raccontare la storia di queste persone e di questo mondo, comincia citando la canzone Possessed to Skate dei californiani Suicidal Tendencies. Per quale motivo aprire un libro che parla di skateboard con un brano musicale? Semplice, perché, a mio parere, nelle parole cantate da Mike Muir c’è tutto. Tutto quello che è stato lo skateboard negli anni in cui era una cosa sola con l’hardcore, il punk e l’attitudine del DIY, tanto cara a quel mondo. C’è insomma, tutto quello che ha portato tanti ragazzi in ogni angolo del pianeta a dedicare la propria vita allo skateboard. “Seemed like such an innocent toy, got a skate at eight years old, he was the All-American boy. Now the story can be told, Beware he’s possessed to skate!”.

Skate e musica, da sempre legati a doppio filo

La cultura “dell’arrangiarsi e del fare da sé”, passò in un attimo dal mondo musicale delle autoproduzioni e dei centri sociali a quello dello skating, dove nei primi anni, soprattutto in Europa e in particolare in paesi come l’Italia, mancava tutto: skateboard, strutture, accessori, canali di informazione dedicati, contest. Poi perché il vertical skateboarding, quello che esordì nelle pool di Los Angeles svuotate a causa della siccità che colpì la California nel 1975, è nato grezzo, veloce e fuorilegge proprio come i riff e i testi di band come Suicidal Tendencies, Black Flag, Nofx, Agent Orange. Colonna sonora perfetta per ogni session, sia che fosse clandestina, nel backyard di qualche ignaro Angelenos lontano da casa, o collettiva, tra le strutture dei park, l’hardcore e in seguito il thrash metal, hanno accompagnato generazioni di skaters. Pompandoli, gasandoli e invogliandoli a spingersi oltre il limite.

Ma metal e punk non sono stati gli unici generi musicali che negli anni hanno sfondato i timpani di tanti appassionati e fruitori della tavola. Lo skate, come la musica, da sempre è stato un fenomeno aperto alle contaminazioni. Sul finire degli anni ’80 e negli anni ’90 rap, hip-hop e break dance arrivano in maniera massiccia nel nostro Paese, cavalcando un’onda partita dalla costa opposta rispetto a quella metal e hardcore californiana.

Dopo Venice era il turno del Bronx di fare alzare il volume qui da noi. Quello che succede nel mondo dello skate ci fa capire quanto questa sia sempre stata una realtà e una cultura pronta ad arricchirsi da tutto quello che la circondava, piuttosto che un mondo chiuso e restio al cambiamento. Skaters e breakers si ritrovano a condividere gli stessi “terreni di gioco”, in quanto marmi e superfici lisce sono l’ideale per praticare entrambe le attività. Ad esempio, il Muretto di Milano (un celebre spot a due passi da Piazza del Duomo, lastricato da marmo liscissimo e coperto da un lungo portico) diventa il perfetto calderone dove tavola e street culture si possono influenzare a vicenda.

Le vestibilità negli skaters diventano abbondanti. Loose fit, baggy pants, t-shirt oversize e snapback cap si affiancano alle maglie dei gruppi metal e alle camicie a scacchi. Nelle casse e nelle cuffiette dei walkman cominciano a passare band come Beastie Boys, Public Enemy, Run Dmc. Gruppi che della contaminazione musicale hanno sempre fatto la loro bandiera. Poi le Posse nostrane, Dj Gruff, Frank Hi-nrg. I centri sociali diventano ancora di più “casa”, ospitando tante tra le prime strutture costruite per skateare al chiuso, al riparo della pioggia e dal freddo, e dando spazio alle rap battle e a concerti di ogni genere, dall’hardcore dei torinesi Negazione alle barre di Esa e degli Otierre.

L’evoluzione del fenomeno nel nuovo millennio

Con l’arrivo del nuovo millennio, qualcuno ai piani alti decide però che lo skate non è più una cosa da sfigati ed emarginati. Grazie soprattutto all’immenso lavoro fatto da chi ci ha creduto fin dall’inizio, quella tavoletta con quattro rotelle sotto, comincia ad essere vista come un oggetto cool, di tendenza, qualcosa insomma da cui trarre finalmente profitto. Le cose, quindi, cominciano a cambiare: in bene o in male, non sta a me deciderlo.

Passati gli anni cupi e depressi del Grunge, torna l’hardcore. Meno diretto, meno incazzato, grezzo e sporco, ma con tanta voglia di divertirsi e fare baldoria. Sono gli anni degli Offspring, dei Millencolin, dei No Use for a Name. Ai festival come il Vans Warped Tour vengono montate mastodontiche rampe e strutture per lo skate, con i pro-skaters che si alternano alle band sul palco. Lo skate diventa per tutti anche la musica in parte segue questa tendenza. Il pop (inteso non solo come musica, ma nella sua accezione più ampia di cultura popolare) ci mette il suo zampino, ammorbidendo toni e atmosfere. Ma ripeto, oramai lo skate è affare di tutti e, ok, ci può stare.

Perché in fondo quello che è successo nel binomio skateboard-musica è importante per capire tutto il resto di quello che è successo da quando la tavola è arrivata nel nostro Paese. Perché sarebbe banale, semplicistico e riduttivo considerare lo skateboard solo come un semplice giocattolo per bambini. Oppure la moda del momento, da abbandonare a prendere polvere nell’armadio dopo qualche mese o dopo il primo ginocchio sbucciato. Per molti è stato sicuramente così, per altri no. Per tanti lo skate ha rivoluzionato la propria vita, è stato aggregatore, scintilla di amicizie fortissime e infinite. Per alcuni è diventato poi un lavoro, un timone per la propria passione. Che fosse il filming, la fotografia o la voglia di raccontare, prima su carta e poi sul web, questo fantastico mondo.

Perché al primo ginocchio sbucciato, o alla prima caviglia slogata, ognuno di loro ha capito che è così che funziona. Che cadi, fa male, ma ti rialzi e ricominci a spingere e a provarci, finché quel trick non lo chiudi. Così funziona nello skate, così funziona nella vita. Non ci sono regole, c’è solo da provarci, cadere e rialzarsi. Nessuna regola racconta questo dello skateboard e delle storie di chi ha contribuito a renderlo quello che è oggi.

La copertina di Nessuna Regola di Lele Lutteri

Lele Lutteri nasce a Milano nel 1974. Sin dal 1999 – fondando Kokusbaum, il suo primo brand di abbigliamento – si è occupato di design e grafica legata al mondo dello skateboard. Dipinge anche su tavole da skate, rigorosamente rotte, rigorosamente teschi. Il libro di Lele Lettieri sul fenomeno dello skateboard in Italia, Nessuna regola, è disponibile a questo link.

Share: