La pop-opera di Marco Mengoni ci ricorda quanto è bello e faticoso essere umani
Siamo stati allo stadio Diego Armando Maradona di Napoli per Lo show, ispirato alla tragedia classica greca, è complesso, straniante e taumaturgico

Siamo di poco oltre la metà del concerto quando per la prima volta Marco Mengoni rompe la barriera invisibile con i 45mila fan allo Stadio Maradona di Napoli. È sulla pedana mobile che lo rende più vicino e visibile ai suoi fan e canta Due vite. Qualche minuto prima la registrazione della sua voce, al posto di quella narrante che accompagna le prime sezioni del concerto, spiegava tutto: «La musica è il mio modo [di affrontare i demoni] e il motivo per cui faccio quello che faccio».
La montagna, la camera iperbarica dei pensieri e la riscoperta della paura: tutte queste immagini sono metafore della sua anima e di quella della società attuale. A volte «la vita esagera» e negli ultimi mesi Marco si è rifugiato nella preparazione del suo spettacolo. Una pop-opera ispirata alla forma della tragedia greca, frutto di un profondo percorso artistico e personale che non si esaurirà nel tempo di una data. Come una coazione a ripetere che da inconscia si fa consapevole, ogni show sarà una scalata taumaturgica che lo condurrà lassù in cima dove la speranza è più forte.
Nella seconda metà dell’Ottocento il classicismo romantico, su tutti Giacomo Leopardi, vedeva nel recupero della classicità e del rapporto con la natura e l’armonia una via per la felicità. Mengoni sembra essersi riappropriato di questa filosofia e ha reimmaginato la sua musica come un’opera, ispirandosi alla tragedia greca. «Mi ha sempre affascinato e ho pensato che fosse il modo migliore per far entrare il pubblico nella mia visione» spiega. Più che entrare, il pubblico assiste dall’esterno a una messa in scena elaborata e complessa. Pur senza scenografie mozzafiato, grazie ai visual, alla struttura geometrica che cambia significato nel corso della serata e soprattutto ai dieci performer, si pone a metà strada tra un kolossal e, appunto, una rappresentazione teatrale classica.
Lo spettatore non si trova a vedere un classico concerto, ma uno spettacolo guidato straniante e coinvolgente. L’idea di trasporre la tragedia non si esaurisce solo nella divisione dello show in, prologo, parodo, episodi, stasimi, esodo e catarsi. Neppure negli abiti caratteristici e nelle maschere indossate sul palco. Gli arrangiamenti e l’ordine delle canzoni sono funzionali al tipo di show. Con Giovanni Pallotti e Francesco Fugazza i brani cambiano pelle e si adattano. La band enfatizza le componenti rock e soul. La presenza degli ottoni, della viola e del violoncello, rende tutto, a turno, più epico o più leggero. Ma non basta perché la scaletta tiene conto delle onde emotive tanto quanto di quelle concettuali. Ecco perché brani che uno si aspetterebbe sul finale, Ti ho voluto bene veramente e Guerriero, di colpo, hanno più senso messi all’inizio, tra le macerie del mondo moderno e dell’anima.
Dal prologo agli episodi
Lo spettacolo di Marco Mengoni inizia con il buio e un sipario che copre i maxischermi. C’è la già citata voce narrante che introduce il concept e che guiderà il pubblico per gran parte del live. «Il pubblico di Napoli è speciale per il calore, ma soprattutto per l’attenzione con cui osserva ciò che accade sul palco» dirà il cantante sul finire dello show. Non c’è da stupirsi se questa presa sul pubblico sarà una costante in tutti gli appuntamenti negli stadi. Le rovine al centro del palco, le figure che entrano e lo circondano e il suo modo di esibirsi attirano inevitabilmente il pubblico. Marco per la prima ora e mezza, tolto qualche brevissimo saluto, è immerso pienamente nel personaggio. Vaga in un mondo alla deriva, rappresentato da visual post-apocalittiche e fantascientifiche.
Nel Parodo, la seconda parte, la ricostruzione passa attraverso un sound più rock. La valle dei re inaugura le numerose citazioni che allargano lo spettro musicale e semiotico dello spettacolo. Black Hole Sun dei Soundgarden, Mi fido di te di Jovanotti e Ordinary World dei Duran Duran sono solo alcuni degli esempi. Proprio a livello di significato, la città di cristallo che prende corpo a partire dagli Episodi (il terzo capitolo) è una metafora del suo stato d’animo, ma anche del mondo che ci circonda.
«C’è qualcosa di malsano nella società di oggi» dice a fine concerto nella pancia dello stadio. Durante il concerto i riferimenti alla tesa e tragica situazione mondiale si fanno via via più diretti. Prima a livello di sceneggiatura, poi nelle sue parole e azioni sul palco: «Se accettiamo uno sterminio perché in fondo non ci riguarda, è il nostro silenzio che lo sta permettendo».
Con Fuoco di paglia e Luce – una delle migliori prove vocali della serata – gli Episodi trascinano la performance di Mengoni nel territorio del soul, della black music e del gospel. Il tema del nemico da trovare a tutti i costi porta alla consapevolezza che solo la condivisione e la collaborazione tra più individui possono portare al cambiamento. I pezzi sono i più corali anche nella messa in scena. Le suggestive mani che ricoprono gli schermi durante Un’altra vita conducono a Tonight e al momento cruciale del live.
Verso la catarsi
Lo stupore per una cosa naturale e normale a un qualsiasi concerto è segno che, al di là di una lentezza nel ritmo dovuta certamente al fatto che siamo agli inizi del tour, è indice che il percorso narrativo è quello giusto. Quando Marco Mengoni si eleva, in tutti i sensi, prima sulla pedana, poi imbracato a mezz’aria, è come se abbracciasse e si rendesse finalmente conto di tutti i fan. Dopo le due canzoni con cui ha vinto Sanremo, dialoga per la prima volta col pubblico. Accetta persino i «sei bellissimo». E i fan sembrano entusiasti per ciò che hanno visto, ma anche perché dagli Stasimi in poi, le riflessioni verso la catarsi e la liberazione sono senza barriere. Più aperte, corporali e colorate, come il completo con cui Marco chiude il concerto. Come dice la sua voce: «Ho tirato fuori la testa dall’acqua, da un’apnea crudele».
E allora il finale, quello della catarsi, è dedicato al movimento, alla gioia di fare musica insieme. Mandare tutto all’aria, Pazza musica e Ma stasera si susseguono una dietro l’altra mentre le macerie a centro palco, ormai cristalli, creano un gioco di specchi e luci. Il percorso, una sorta di autoanalisi in forma teatrale classica, si è concluso e Marco Mengoni, quasi sollevato, si sente libero di parlare. Lo fa a cuore aperto, come un fiume in piena. Stavolta però non chiede scusa come a Lignano per non aver scritto nuova musica ed essere rimasto in silenzio. Ringrazia e lancia un monito: ricordarsi di essere umani e credere negli esseri umani, come recita il ritornello della canzone che chiude il concerto. «Continuiamo a ripeterlo, magari arriva a quelle teste di ca**o» esclama con la bandiera della Palestina.
Ripetere, ritentare, continuare a cantare e suonare, camminando tra le macerie e riordinandole per costruire qualcosa di nuovo come può essere uno spettacolo che unisce il pop alla tragedia. Marco Mengoni lo sta facendo e lo continuerà a fare ancora nei prossimi messi, tra stadi, palazzetti e club europei. Perché «la musica, la condivisione e il contatto con le persone aiutano ad accendere delle lucine» anche nei luoghi più bui. Che siano esse in quella camera dal vuoto incolmabile o in una striscia di terra martoriata dalle bombe e dai proiettili.
Le date negli stadi
21 giugno 2025: Lignano Sabbiadoro, Stadio Comunale G. Teghil (Data Zero)26 giugno 2025: Napoli, Stadio Diego Armando Maradona- 2 luglio 2025: Roma, Stadio Olimpico
- 5 e 6 luglio 2025: Bologna, Stadio Dall’Ara
- 9 luglio 2025: Torino, Stadio Olimpico
- 13 e 14 luglio 2025: Milano, Stadio San Siro
- 17 luglio 2025: Padova, Stadio Euganeo
- 20 luglio 2025: Bari, Stadio San Nicola
- 23 e 24 luglio 2025: Messina, Stadio San Filippo
Live in Europe 2025
- 8 ottobre – Torino, Inalpi Arena
- 12 ottobre – Milano, Unipol Forum
- 21 ottobre – Pesaro, Vitrifrigo Arena
- 22 ottobre – Pesaro, Vitrifrigo Arena
- 24 ottobre – Bologna, Unipol Arena
- 28 ottobre – Firenze, Mandela Forum
- 29 ottobre – Firenze, Mandela Forum
- 2 novembre – Eboli, Palasele
- 8 novembre – Roma, Palazzo dello Sport
- 9 novembre – Roma, Palazzo dello Sport
- 19 novembre – Ginevra, Arena
- 21 novembre – Stoccarda, Hanns-Martin-Schleyer-Halle
- 22 novembre – Düsseldorf, Mitsubishi Electric Halle
- 24 novembre – Zurigo, Hallenstadion
- 26 novembre – Francoforte, Festhalle
- 27 novembre – Monaco di Baviera, Olympiahalle
- 30 novembre – Bruxelles, Forest National
- 1 dicembre – Utrecht, TivoliVredenburg
- 3 dicembre – Parigi, Salle Pleyel
- 5 dicembre – Esch-sur-Alzette, Rockhal
- 7 dicembre – Londra, O2 Forum Kentish Town
- 10 dicembre – Madrid, Palacio Vistalegre