Mondo Marcio: «Il mio “Credo”? È sempre stata la musica»
Con il nuovo album in uscita il 25 aprile, il rapper milanese invita a godersi il presente, a seguire la propria strada e cercare la propria stella, restando fedeli a ciò in cui si crede davvero

Mondo Marcio (fonte: ufficio stampa)
Mondo Marcio torna a scavare nel profondo del proprio universo emotivo con il nuovo album Credo in uscita il 25 aprile, dando voce a un disagio collettivo più attuale che mai, in un momento storico segnato da incertezza e inquietudine. La sua musica è ancora oggi una terapia, uno specchio crudo e sincero di ciò che vive dentro e fuori di lui. È maturato, certo, ma non ha mai tradito quello spirito originario con cui ha iniziato a fare musica.
Credo è un sistema di valori che ha guidato Mondo Marcio in tutti questi anni, la bussola che gli ha indicato la strada nei momenti più incerti. Il titolo stesso richiama l’idea di un credo personale, fatto di convinzioni profonde che spesso si scontrano con una realtà sempre più disgregata e polarizzata. In un’epoca in cui abbiamo accesso a infinite informazioni ma manchiamo di punti di riferimento condivisi, avere un credo – qualcosa in cui credere davvero – diventa fondamentale. Proveniamo tutti dalla stessa “pancia” come quella evocata nella copertina del disco, ma ciascuno sceglie una propria narrativa, un’attitudine differente con cui affrontare il mondo.
Il disco si muove tra introspezione e critica sociale, tra spiritualità e istinto, e affronta il bisogno viscerale dell’essere umano di trovare un senso, di affermarsi nonostante il caos. Anche se non è un concept album in senso stretto, Credo ha un filo narrativo forte e coerente: racconta un’evoluzione, un percorso esistenziale fatto di consapevolezza, dolore e scelta. “Seguire la propria stella”, così come diceva in un suo vecchio pezzo, oggi è fondamentale per non perdersi.
Sabato 10 maggio, Mondo Marcio sarà protagonista di una data evento al Fabrique di Milano, prodotta da Vivo Concerti. In occasione dell’uscita del disco, lo abbiamo incontrato per parlare di come è cambiata Milano, di come si è evoluta la sua rabbia, e di come ha finalmente trovato la sua dimensione artistica e personale.
Intervista a Mondo Marcio
Il tuo nuovo album si intitola Credo. È un punto di arrivo o di partenza?
In realtà nessuno dei due. Il disco ruota attorno all’idea di morte e rinascita continua. Non c’è un vero inizio, né una fine: c’è solo l’evoluzione costante. È un processo dove ti smonti e ti ricostruisci per diventare sempre qualcosa di meglio. È un modo nuovo per me di guardare alla vita.
Cosa significa per Mondo Marcio “Credo”?
Credo per me, è un sistema di valori. È un insieme di principi, di convinzioni che hanno guidato ogni passo del mio percorso. Il mio credo personale è sempre stato la musica, la mia bussola, il mio nord. Viviamo in un’epoca in cui l’accesso all’informazione è illimitato, ma mai come oggi siamo così confusi e divisi. In passato, pur con meno dati a disposizione, esisteva un terreno comune su cui confrontarsi. Oggi invece ognuno vive nella propria bolla, con la propria verità assoluta. In questo caos, avere una narrativa personale autentica, per me è diventato fondamentale, è l’unico modo per non perdersi.
Il disco si apre con Senza voce, una traccia che parla del presente e dove la critica sociale è forte. C’è ancora rabbia in te?
C’è, ma oggi è canalizzata. Quando ero più giovane era rabbia pura, verso tutto. Mondo Marcio è il riflesso di quello che Gianmarco vive, e ad oggi ho ancora cose che mi fanno incazzare, certo, ma ho imparato a trasformarle in musica.
Milano è sempre presente nei tuoi dischi. È ancora la “città del fumo”?
Purtroppo, è anche peggio. Milano è diventata dura, meno accogliente. E sinceramente questa cosa mi dispiace perché amo la mia città. Ho sempre avuto un rapporto di odio e amore per Milano.
Ne parli nel brano Col Fuoco negli occhi…
Col Fuoco negli Occhi è un pezzo dedicato a Milano, ma anche a chi arriva qui con la speranza di costruirsi un futuro migliore. Non parla solo della città, ma di un’attitudine: quella di avere fame, determinazione, voglia di farcela a tutti i costi. Milano è piena di storie di persone che sono partite da zero, ed è proprio quel fuoco che ho voluto celebrare. Il fuoco negli occhi è il simbolo del coraggio, perché non conta da dove vieni, ma dove sei adesso.
È cambiata Milano anche nel modo in cui accoglie gli artisti?
Prima c’era più musica dal vivo, ora è più difficile. Ma anche questo ti spinge a trovare il fuoco dentro di te. L’album è personale, anche se non è un concept album ci va vicino proprio perché è un disco molto concettuale. È un viaggio nell’esistenzialismo, nella fatica di trovare il proprio posto nel mondo.
Cosa pensi dell’evoluzione della scena in questi anni?
È sicuramente cresciuta. Oggi girano più soldi, c’è più attenzione. Ma è diventato anche una moda. Oggi tutti vogliono fare i rapper, spesso per motivi superficiali, mentre quando ero ragazzino io i miei coetanei volevano fare i calciatori o gli atleti. Il problema è che molta musica non dura. Se lo fai solo per la fama o i soldi, non reggi.
C’è il rischio di bruciarsi in fretta?
Assolutamente sì. Oggi la parola “artista” viene usata con troppa leggerezza, tutti si definiscono tali, ma non tutti lo sono. Per me, molti sono creator, nel senso che producono contenuti, ma creare contenuti non significa fare arte. La differenza sta nella sostanza. C’è sicuramente molta confusione là fuori, ma anche una sorta di selezione naturale. Alla fine, confido nel pubblico, sa distinguere, non è stupido.
Che consiglio daresti a un giovane artista che si affaccia oggi al mondo discografico?
Devi avere un tuo credo. Una motivazione vera. Il disco si chiama così perché io ci credo davvero. È stato il mio motore sin da bambino. Certo, con il tempo cambi, maturi, ma la tua bussola non deve mancare secondo me.
Hai rimpianti nel tuo percorso?
Qualcuno sì, come tutti. Ma non ci penso più tanto. Ho smesso di vivere nei “se avessi”. Ora sono molto più nel presente.
In che cosa ti senti cambiato rispetto al passato?
Prima vivevo proiettato nel futuro, nell’aspettativa. Oggi cerco di godermi il momento, di essere presente e grato. Ho trovato la mia dimensione, sia personale che musicale. Per tanto tempo ho inseguito qualcosa, ora mi sento centrato.
A cosa ambisce oggi Mondo Marcio?
A essere sempre in evoluzione. Sono in “work in progress” costante. Ma oggi ho più consapevolezza. So cosa voglio, e soprattutto mi diverto molto di più. Anche in studio.
C’è un pezzo del disco a cui sei particolarmente legato?
Probabilmente Lanzarote. L’ho scritto appena tornato da lì. Parla del ciclo della vita, della rinascita. È il cuore del disco. La pancia in copertina, il suono del bambino, il simbolo del cerchio, tutto si ricollega al ciclo continuo, essere presenti, seguire la propria stella, il proprio Credo.
Sabato 10 maggio ci sarà una data evento al Fabrique di Milano, puoi dirci qualcosa?
Sarà una data memorabile. La produzione con Vivo sarà una figata: visual, effetti, scenografie e poi suonerò con la band completa con cui suono da quindici anni. Suonare con la band è sempre un’esperienza incredibile. Sarà uno spettacolo da non perdere.