Top Story

Risvegliare la propria anima con i Mumford & Sons

La band britannica è tornata a esibirsi all’Unipol Forum di Milano dopo sei anni e ci ha regalato un show da greatest hits condito da diversi brani inediti tratti dal loro prossimo album “Prizefighter”

  • Il22 Novembre 2025
Risvegliare la propria anima con i Mumford & Sons

Foto di Scott Dudelson/Getty Images

Ripercorrendo le varie fasi della loro carriera il primo pensiero che viene in mente è che non se lo meritavano. Sembra strano, ma è la verità. I Mumford & Sons, vincitori di un Grammy per l’album dell’anno nel 2013 con Babel, sono amati a dismisura dai propri fan sparsi ovunque in tutto il mondo: non lo testimonia il sold out di ieri sera all’Unipol Forum di Milano, che fa il tris con quello all’Arena di Verona della scorsa estate e con quello del 2019 sempre nel capoluogo lombardo. Basti pensare ai loro tour mondiali, tra cui quello in Sudafrica da cui nacque l’EP Johannesburg.

Eppure, ripescando le prime impressioni della critica britannica risalenti ai loro primi due dischi, ma anche a seguire, è sempre trasparito uno sguardo dall’alto verso il basso. Nonostante i riconoscimenti e i premi, Marcus Mumford, Ben Lovett e Ted Dwane hanno dovuto fare i conti, soprattutto in patria, con un criticismo ingeneroso.

Dopo qualche anno di pausa, dovuto in parte anche all’abbandono repentino del gruppo di Winston Marshall, la band è tornata tornati alle origini con RUSHEMERE: un disco che prende il nome dal laghetto nel sudovest di Londra dove i Mumford & Sons si sono conosciuti da ragazzi che ieri sera a Milano, come nel resto del tour, sembra già relegato un po’ al passato. Questo perché la pausa ha contribuito alla scrittura di ulteriori nuovi brani che confluiranno nel sesto album Prizefighter in uscita il prossimo 13 febbraio. Il primo singolo, Rubber Band Man con Hozier, è uscito circa un mese fa ed è probabilmente una delle canzoni più riuscite del gruppo dal 2018. Nel disco ci sarà anche un feat. con Gracie Abrams.

Nel corso dello show i brani presentati in anteprima, tratti dal nuovo progetto, hanno avuto una posizione di rilievo. L’apertura è stata dedicata a Run Together, la chiusura, subito dopo il classicone immancabile I Will Wait, al brano Conversation With My Son (Gangsters & Angels). Nel mezzo anche Here, un pezzo che si immerge nel folk e che nell’album vede la partecipazione del maestro del genere Chris Stapleton.

Uno show da greatest hits e un Marcus in formissima

Che i Mumford & Sons amino l’Italia è risaputo. Lo ribadiscono anche Ben e Ted nel backstage poco prima di salire sul palco del palazzetto di Milano. Il loro obiettivo è suonare in luoghi sempre più caratteristici dopo il live di Verona. Rispetto al tour di Delta, che prevedeva un palco a 360° in posizione centrale, stavolta si è tornati al classico stage frontale. Il trio lo sfrutta tutto, facendosi anche accompagnare da una folta schiera di musicisti. Tra questi anche gli ottoni che consentono loro di riprodurre pezzi come Hopeless Wonderer e Roll Away Your Stone in maniera ancora più fedele rispetto all’originale.

La sensazione che traspare per tutto il concerto è che la band si diverta davvero tanto a cantare le proprie canzoni. Marcus Mumford vocalmente è ancora una certezza, ma anche a livello di fiato. In questo tour è infatti tornata in scaletta Ditmas e i fan più esperti sanno cosa vuol dire questo. Il frontman che corre per tutta l’arena fa gli scalini e canta in mezzo al pubblico. Il tutto senza far trasparire il minimo sforzo e senza rimanere, incredibilmente, a corto di fiato. I pezzi che fanno saltare tutto il palazzetto rimangono quelli di Sigh No More e Babel. Alcune le infilano subito, come Little Lion Man e Lover of the Light, quasi a voler scaldare il pubblico e prepararlo a una serata di festa. Altre arrivano poco prima del finale, su tutte The Cave.

Tutti coinvolti

Sospese sopra il palco sono tornate le lucine che accompagnavano il gruppo nei tour precedenti, ma a stupire sono i saliscendi meccanici delle forme luminose davanti al main stage. Sì, perché a un concerto dei Mumford & Sons, compreso quello di ieri di Milano, non manca mai il momento in cui il gruppo si sposta in un’altra zona della venue per suonare dei pezzi in acustico. Stavolta è stato il turno della stupenda Ghost That We Knew, di Guiding Light (unico brano suonato da Delta) e della cover di Simon & Garfunkel The Boxer.  

La bravura della band britannica dal vivo si manifesta in due modi. Il primo è la gioia di suonare, il secondo è quello di rendere partecipe chiunque si trovi all’interno del palazzetto. Il pubblico, molto variegato, ma principalmente composto da millennials cresciuti con i loro pezzi, non può fare a meno di cantare, saltare e commuoversi. Ogni concerto dei Mumford & Sons è un concerto per i fan. Questo magari può penalizzare chi, colpevolmente, li ha conosciuti con gli ultimi dischi, ma la realtà è che rimarrà subito stupito nello scoprire il coinvolgimento e la bellezza che offrono alcuni dei loro primi brani. Il culmine è sempre Awake My Soul, cantata come una preghiera e un augurio. Ecco, mantenere sveglia l’anima. Forse è proprio questo il vero pregio dei Mumford & Sons.

Share: