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La musica nel cinema e nelle serie: tra artisti, sync e diritti, come funziona?

Capita spesso di scoprire o innamorarsi di un brano grazie a un film o una serie, ma chi c’è dietro le scelte musicali? Ce lo siamo fatti spiegare da Roberto Genovese, Sync & Brand Partnership Director di Warner Music Italia, e Gabriele Lilli, responsabile musicale di Groenlandia

  • Il14 Luglio 2025
La musica nel cinema e nelle serie: tra artisti, sync e diritti, come funziona?

Christian Bale in American Psycho (2000)

Il 14 agosto 2011 andava in onda la quinta puntata della quarta stagione di Breaking Bad. In Italia sarebbe arrivato un anno dopo. L’autolavaggio è un episodio spartiacque della serie, quello in cui inizia il legame stretto tra Jesse e Mike, ma anche per un’artista franco-cilena di nome Ana Tijoux. In una delle scene che mostra i due protagonisti in auto nella loro attività di riscossione in giro per il New Mexico, irrompe il brano 1977. La canzone hip hop, pubblicata un anno prima, complice anche l’inserimento nel videogioco FIFA 11, inizia a fare i numeri. Dal Sudamerica, dove aveva conquistato le classifiche, arriva in Italia e nel resto del mondo nel giro di quaranta minuti di episodio.

Una storia questa assimilabile a molte altre – come la crescita di fama degli IDLES dopo la quinta stagione di Peaky Blinders – avvenuta più di dieci anni prima della case history che viene in mente a chiunque quando pensa a serie tv o film usciti al cinema che hanno rivitalizzato o reso una canzone una hit. Running Up That Hill di Kate Bush, ri-esplosa con Stranger Things 4 è stato il culmine di un fenomeno che c’è da sempre, ma di cui erano consapevoli soprattutto i professionisti dietro le quinte.

STRANGER THINGS. Sadie Sink as Max Mayfield in STRANGER THINGS. Cr. Courtesy of Netflix © 2022

Di chi parliamo? Dei Sync manager o dei music supervisor che affiancano le produzioni, i registi e gli sceneggiatori nella ricerca del brano perfetto. Professioni che esistono da sempre, ma di cui il grande pubblico, gli amanti del cinema, delle serie Tv e della loro musica, sa poco o nulla.

Il primo rappresenta le etichette e gli editori, la parte che detiene i diritti dei brani che finiranno nella colonna sonora non originale. «Il Sync manager coordina le attività di identificazione, negoziazione e alla fine licenza dei diritti, per quanto riguarda il repertorio di propria competenza» spiega Roberto Genovese Sync & Brand Partnership Director di Warner Music Italia. «Il mio lavoro non è omogeneo perché ogni canzone ha un suo DNA e potrebbe avere anche diritti editoriali (o edizioni) divise tra più editori musicali. Una cosa che accade soprattutto nel mondo urban, dove alcune volte ci sono anche sei o sette editori oppure c’è un campionamento di un brano del passato che porta a includere altre piccole percentuali».

L’altro attore del processo di sincronizzazione di un brano – così è chiamata in gergo tecnico l’attività per cui si acquistano i diritti per un film, una serie o uno spot – è il music supervisor, o come ci spiega Gabriele Lilli, il responsabile musicale. «Il mio ruolo è di supporto al regista, allo sceneggiatore e al montatore, anche facendo da consulente quando è necessario consigliare. Poi, nella fase successiva, tratto e negozio con il Sync manager» spiega. Si tratta di una figura ibrida che può lavorare all’interno di una casa di produzione, come Groenlandia nel caso di Lilli, o essere un freelance e lavorare a progetto.

La sincronizzazione

Gabriele Lilli ha capito che poteva esistere una professione come la sua grazie a Guy Ritchie. «Ai tempi del liceo, guardando i suoi film, così ricchi di canzoni, basta pensare a Snatch, mi chiedevo sempre: “Ma c’è qualcuno che aiuta e consiglia il regista per la musica?”». E a tutti gli effetti la figura del music supervisor fa anche questo. Tuttavia, come ci spiega lo stesso Gabriele, non segue mai tutto lo stesso sentiero.

Si parte dalla sceneggiatura, dove spesso sono citati i brani scelti per la singola scena, oppure in fase di montaggio. Da lì il responsabile musicale si muove e inizia a trattare. In altri casi, è lui a suggerire alternative, nel caso la trattativa non vada a buon fine o quando non ci sono già idee chiare. «Rispetto all’estero il mio compito è più rivolto al supporto e meno coinvolto nella parte artistica come avviene all’estero, anche per la colonna sonora originale. Per questo io preferisco il termine responsabile musicale».

Il rapporto con registi, montatori e sceneggiatori, anche a livello umano, è fondamentale in questo caso. «Il lavoro per un film è molto diverso rispetto a quello per una serie proprio per tale motivo. Nel secondo caso è tutto molto più intenso, lungo e complicato. Non solo perché banalmente ci sono più puntate, ma anche perché non si tratta più di un progetto a quattro mani. Ci sono almeno due registi, più montatori, il committente, la produzione e bisogna trovare la soluzione con tutte queste parti» rivela Lilli.

Una volta selezionato il brano, entra in gioco il Sync manager. «Nel mio caso, il primo passo è cercare di ottenere quante più informazioni possibili. Si va dal progetto in generale alla scena specifica in cui si vuole utilizzare la canzone» spiega Genovese. Nel migliore degli scenari, se la trattativa va a buon fine, la produzione del film o della serie acquista i diritti. «Di solito in un film i diritti di un brano vengono licenziati per tutto il mondo in modo perpetuo. È uno standard che garantisce maggiore rapidità e completezza nel processo di negoziazione e licenza e permette a produttori e distributori di prevedere la distribuzione in più territori a monte, soprattutto in un’epoca di piattaforme streaming dalla copertura internazionale».

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Elia Nuzzolo e Matteo Oscar Giuggioli (foto di Lucia Iuorio)

Il lavoro “attivo” per cinema e serie tv

Cosa succede se la prima idea non va in porto? Può accadere infatti che il budget a disposizione non sia sufficiente per acquistare la licenza o che, scenario molto diffuso, che l’artista non conceda l’autorizzazione. In tali situazioni entra in gioco l’abilità creativa di entrambe le figure, sia quella del Sync manager che quella del responsabile musicale. L’obiettivo è trovare una soluzione che accontenti entrambi.

«Si cercano delle alternative proponendo altre opzioni che siano adeguate a quel film e a quella scena. Quando abbiamo l’opportunità di mettere sul piatto il nostro gusto, la nostra esperienza e la nostra creatività è bellissimo. Ci sono registi che ti ascoltano, accolgono un tuo consiglio e ne viene fuori un risultato bello e inaspettato» racconta Genovese. «Rispetto al nostro lavoro in passato, c’è tutto un lavoro attivo in cui promuovi, spingi, proponi sia brani molto adeguati che vengono dal passato, sia canzoni nuove che regista e la casa di produzione non conoscono».

Dal lato del supervisor musicale il discorso è simile e, per certi versi, ancora più improntato alla creatività. «L’approccio ai film e al cinema, rispetto alle serie è un po’ diverso. La serialità ha molta più musica, quindi questo scenario si ripropone più spesso. Prendi Euphoria per esempio. La musica è una necessità di racconto e di ritmo. L’obiettivo però rimane il medesimo: far sì che lo spettatore rimanga stupito» spiega Lilli. «Da un punto di vista più filosofico e romantico è proprio per creare quell’effetto sorpresa che alla fine finisci per dare vita a un tormentone come Running Up That Hill. Ritirando fuori un pezzo che era dimenticato oppure facendo esplodere un brano che non era mai sbocciato del tutto».

Come detto in precedenza, il lavoro attivo, sul lato della produzione cinematografica o seriale, è in mano al regista. Un punto che ha chiarito molto bene Jeymes Samuel che nella sua carriera ha svolto entrambi i ruoli. Musicista, regista e anche music supervisor per Baz Luhrmann ne Il grande Gatsby. «Devi passare in rassegna una marea di musica, di canzoni e di artisti e devi scegliere ciò che è più adatto e che meglio rappresenta il progetto al quale stai lavorando» ci ha raccontato in un’intervista. Un lavoro che compie anche quando è dietro la camera, con più “potere” decisionale e maggiori possibilità.

Il volere degli artisti

Chiedendo a Lilli quale siano state le sincronizzazioni di cui va più fiero si ottengono due tipologie di risposte. Quelle che tengono conto dell’intuizione creativa e quelle che sono da ricordare per la la negoziazione. «Inserire i Coldplay in Smetto quando voglio è stata una trattativa molto lunga. Non concedevano una sincronizzazione da anni. È stata una gran fatica e, ripensandoci, uno dei miei più grandi successi» ricorda. «La stessa cosa vale anche per King di Florence + The Machine sul finale della prima stagione de La legge di Lidia Poët».

Perché ovviamente non è solo una questione economica, spesso conta moltissimo il volere dell’artista. Senza il suo placet, non bastano tutti i soldi del mondo. «Dipende dallo specifico utilizzo che si fa del brano. Per esempio, le cose cambiano se la musica è diegetica, e quindi nel contesto della narrazione del film (ad esempio viene trasmessa dalla radio o dalla tv in scena), o extra-diegetica e quindi utilizzata come sottofondo a dei momenti particolari o delicati.» spiega Genovese.

Lidia. Matilda De Angelis as Lidia Poet in episode 101 of Lidia. Cr. Lucia Iuorio/Netflix © 2022

È uno degli aspetti che sono cambiati maggiormente negli ultimi anni, ora che il pubblico e gli artisti stessi si sono resi conto di quanta potenzialità, in positivo o in negativo, abbia un prodotto cinematografico o televisivo. «I brani del passato o il grande catalogo che si spinge agli anni 60-70 è più libero. Le sincronizzazioni non erano così rilevanti come ora e non erano centrali neppure nei contratti. Oggigiorno tutti gli artisti sono molto attenti perché è una parte importante anche dei loro introiti e incide sulla loro comunicazione». 

La mediazione in questo caso spetta proprio al Sync manager. «Far comprendere magari negli Stati Uniti, dove lavorano con budget e standard hollywoodiani, della bontà di un film italiano con un costo che proporzionalmente diverso e un regista che non conoscono, è un lavoro complesso e stimolante». Poi bisogna tener conto anche della sensibilità dell’artista in questione. «Se la musica viene utilizzata in una scena delicata che magari include sesso, droga, politica, violenza o qualsiasi argomento che tocchi la sensibilità umana, oppure di un regista controverso, è sempre opportuno e giusto andare confrontarsi con loro e in alcuni casi con gli eredi».

Da Morricone e Wes Anderson ai Tears For Fears ed Elisa: due case history

Alla fine, ci siamo fatti raccontare da Genovese e Lilli due loro progetti che per fatica e risultato li rendono tuttora orgogliosi. Gabriele, tenendo fede al suo mantra creativo, basato sulla sorpresa, cita la serie Romulus. «Con Matteo Rovere abbiamo osato e credo che la nostra ambizione sia stata premiata. Per la sigla volevamo un brano famoso, che creasse un contrasto con l’ambientazione storica della serie, vestito in maniera diversa. Quindi abbiamo optato per Shout dei Tears For Fears cantato da una voce femminile splendida come quella di Elisa» racconta. Un esempio di come il lavoro del responsabile musicale possa anche avere a che fare con la ricerca di artisti e brani da scrivere o coverizzare.

La storia che ci racconta Roberto Genovese è ancora più romantica. Una storia da film, nello specifico The French Dispatch di Wes Anderson. «È stata l’ultima sync approvata in vita da Ennio Morricone. Una trattativa non facile anche perché la musica serviva anche per il trailer. La negoziazione con i figli e poi il suo benestare li ricordo con piacere anche perché è stata una licenza particolare: un regista di prima fascia con una scelta creativa peculiare perché quello non era uno dei brani più popolari del repertorio di Morricone. Era una delle gemme nascoste».

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