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Soundcheck

“Now and Then”, pro e contro dell’ultima canzone dei Beatles

L’inedito uscito il 2 novembre è un gioiello. Sarebbe un vero e proprio capolavoro se il minimalismo della demo originaria di Lennon non si scontrasse con una tendenza alla sovraproduzione della versione finale. Nella nuova puntata di Soundcheck, un’opinione a freddo e sincera sulla “last song” dei Fab Four

Autore Federico Durante
  • Il7 Novembre 2023
“Now and Then”, pro e contro dell’ultima canzone dei Beatles

I Beatles a Londra nel 1968 © Apple Corps Ltd.

Ora che ci siamo dati qualche giorno di tempo per ascoltarla e riascoltarla, passato l’hype iniziale della release, possiamo concederci qualche considerazione a freddo. A scanso di equivoci, diciamo subito che Now and Then, la canzone inedita dei Beatles uscita il 2 novembre, è stupenda e commovente.

Naturalmente contano non poco l’attesa e l’emozione di assistere nel 2023 al lancio di un nuovo brano dei Fab Four, anche se perentoriamente presentato come “the last Beatles song”. Ma non si tratta solo di questo.

Nella nuova canzone dei Beatles ci sono le perfette invenzioni melodiche di Lennon, le brillanti soluzioni armoniche e le modulazioni, i cambi di tempo, l’ampio respiro dinamico delle loro grandi canzoni orchestrali. C’è l’inevitabile fattore nostalgia dato dalla doppiezza del testo, che può essere interpretato tanto come fine di una storia d’amore quanto come appassionata lettera agli ex compagni di band (con quel verso “if we must start again” che contiene in cinque parole una miriade di implicazioni).

C’è anche, certo, il tono sommesso e melanconico che rende davvero l’idea di un commiato definitivo del gruppo più grande di tutti i tempi.

Insomma, Now and Then è un gran pezzo, in pieno stile Beatles. Ma un’operazione del genere non può che presentare dei pro e dei contro, parlando da un punto di vista prettamente artistico e il più obiettivo possibile. I problemi della canzone dipendono inevitabilmente dalla sua genesi lunga e stratificata, motivo per cui è utile ripercorrere la storia del brano.

La storia di Now and Then dei Beatles

Fase 1. La prima versione grezza di Now and Then dei Beatles sta in una demo registrata da John Lennon alla fine degli anni ’70, quando soggiornava al Dakota Building di New York con Yoko Ono e il figlio Sean. Era una semplice demo casalinga su cassetta, piano e voce.

Fase 2. Nel 1994 Yoko Ono consegna ai Beatles superstiti la preziosa cassettina contenente anche le demo di quelle che diventeranno Free As a Bird e Real Love. Queste canzoni verranno poi effettivamente completate e pubblicate come singoli per l’ampio progetto The Beatles Anthology. Paul, George e John lavorano anche su Now and Then insieme al produttore Jeff Lynne, ma la scartano per l’impossibilità di ottenere una traccia vocale di John sufficientemente pulita (coperta com’era dal suono del pianoforte).

Fase 3. Nel 2021, per la celebre docu-serie Get Back, il regista Peter Jackson lavora con la tecnologia audio “MAL”, basata su intelligenza artificiale e machine learning, con cui riesce a isolare le varie parti strumentali e le singole voci delle conversazioni in studio dei Beatles. Jackson e i suoi sound engineer applicano la medesima tecnologia alla demo originaria di Now and Then e riescono finalmente a isolare la voce di Lennon in una traccia limpida e utilizzabile per un mix.

Fase 4. Paul e Ringo riprendono in mano il brano per completarlo. La nuova Now and Then comprende così: la voce originale di John Lennon, ripulita con l’assistenza dell’AI; le parti di chitarra elettrica e acustica registrate da Harrison nel 1995; le nuove parti di batteria di Ringo e di basso, chitarra e piano di Paul, che suona anche un delizioso assolo in slide nello stile di George; una corposa sezione di archi scritta da Giles Martin (figlio del celebre George), Ben Foster e Paul stesso.

Quella di Now and Then è una piccola, sorprendente odissea discografica. Con una stratificazione di diverse versioni e piani temporali che farebbe la gioia di un filologo.

I contro di Now and Then

Proprio in virtù di questa eccezionale complessità, la nuova canzone dei Beatles presenta inevitabilmente alcune pecche di fondo, su tre livelli almeno.

La voce di John Lennon è stata sì estratta, ripulita e “restaurata”, ma nonostante tutti gli arricchimenti a posteriori si sente che si tratta della performance di una demo, di un appunto sonoro, di una bozza. Si percepisce chiaramente che quella di Lennon non è l’interpretazione piena di una registrazione pensata per una pubblicazione a tutti gli effetti. Forse l’AI poteva tentare di correggere questo aspetto.

A livello di melodie e testo, si sente che la canzone è un embrione e non un prodotto finito. Tanto le prime quanto il secondo si rivelano estremamente essenziali e anche ripetitivi, cosa tipica – appunto – delle primissime demo di un brano. È evidente che gli altri Beatles e i produttori che si sono avvicendati hanno fatto del loro meglio per farla suonare più completa. È il caso della ricca sezione di archi, senz’altro molto suggestiva ma anche eterogenea in un pezzo che per altri aspetti è così minimalista.

A livello di produzione, infine, un orecchio attento avverte subito la stratificazione di diverse epoche e registrazioni. La voce quasi sussurrata del John Lennon degli anni ’70 convive con un basso e una batteria che suonano inequivocabilmente moderni. Da questo punto di vista si salvano semmai le parti di chitarra di George Harrison, più vicine a un classico sound alla Beatles.

I pro della canzone

Tuttavia Now and Then rappresenta anche un eccellente “case study” per il futuro. Oltre ad essere, come dicevamo, una bellissima “uscita di scena” dei Beatles, il brano è un ottimo precedente in tema di utilizzo virtuoso dell’AI.

In questo caso l’intelligenza artificiale è davvero funzionale a un’operazione simile al restauro di un affresco. Uno strumento in più nelle mani di un produttore, anziché un rimpiazzo in toto della creatività umana, come molti oggi temono.

È facile immaginare che Now and Then spianerà la strada ad altre analoghe operazioni “post mortem” (da sempre uno degli sport preferiti della discografia). Chissà che un giorno, neanche troppo lontano, non sbuchino fuori le “last songs” di altri giganti, da David Bowie ai Queen con Freddie Mercury. O, perché no, anche di Battisti, Dalla, De André. La differenza fra contenuto di pregio e becera operazione commerciale la faranno la coerenza con la storia dell’artista e il rispetto della sua visione. Entrambi elementi senza dubbio presenti nel caso di Now and Then dei Beatles.

Comunque l’AI non è la soluzione a tutto. È bello che la tecnologia abbia potuto restaurare la voce di John e consentire a questo pezzo di vedere la luce. Ma è ancora più bello (e commovente) che l’assolo di chitarra sia stato creato non da un algoritmo addestrato a suonare “in stile George Harrison” ma da un essere umano (e chi poteva farlo meglio di Paul?). Per fortuna ci sono sfumature espressive che l’AI non è ancora in grado di riprodurre. Come la raffinata modulazione dinamica nel tocco delle note in slide, con quel Mi finale appena udibile che sta lì a sussurrarci che tutte le cose belle prima o poi svaniscono.

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