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Gli Oasis il giorno del loro primo concerto a Milano: «”(What’s The Story) Morning Glory?” sarà il nostro penultimo album»

Vi proponiamo la storica intervista che fece Carlo Villa quando i fratelli Gallagher vennero per la prima volta in Italia il 3 luglio del 1995. Fu bellissimo e già da quel concerto si capì che tipini fossero questi mancuniani

Autore Billboard IT
  • Il29 Agosto 2024
Gli Oasis il giorno del loro primo concerto a Milano: «”(What’s The Story) Morning Glory?” sarà il nostro penultimo album»

Foto di Kevin Cummins

Oasis sì, Oasis no: dopo 15 anni si riuniscono. Sulla carta una buona notizia (ma lo faranno per soldi?), e da giorni sui social è tutto un florilegio di hater e fan che si scontrano sul tema. La cosa fa un po’ sorridere, anche perché quando la band di Manchester debuttò nel ’94 non mancarono altrettante critiche. Molti giornali commentarono in senso dispregiativo: “Sono arrivati i cloni dei Beatles”. Personalmente ho scoperto gli Oasis con il loro primo singolo (Supersonic uscito l’11 aprile del 1994).

Eravamo in piena esplosione Britpop e capii immediatamente che a band che andavano per la maggiore quali Blur e Suede, si sarebbero affiancati dei veri e propri leader della scena. A riprova di questo fui invitato a partecipare come giornalista alla loro prima apparizione a un festival inglese. Fine giugno 1994, la band suonò un memorabile concerto presso l’iconico Glastonbury Festival.

Lì Noel, Liam e compagni presentarono dal vivo i brani il loro debut album Definitely Maybe che in realtà sarebbe uscito solo il 30 agosto e oggi viene celebrato con una nuova edizione limitata che presenta alcune chicche. Come i brani registrati e poi scartati dalla sessione di registrazione ai Monnow Valley Studios. Insieme agli outtake dalla versione definitiva dell’album registrati ai Sawmills Studios in Cornovaglia.

Dal quel momento in poi iniziò la loro inarrestabile cavalcata verso il successo, culminata poi nel 1995 nella famosa “battaglia del Britpop”: Oasis vs Blur. Una sfida a colpi di vendite lanciata grazie alla copertina del settimanale NME sui rispettivi nuovi singoli in uscita. Che periodo e che bei ricordi… Spesso ancora oggi mi fa piacere pensare a quell’epoca evocando le parole di un’intervista fatta dal The Guardian a Noel Gallagher. “In quegli anni sembravamo una vera comunità che esprimeva l’esigenza dei giovani di allora. Ragazzi e ragazze che vivevano la musica del momento. Poi non è stato più così. Da un certo punto in poi è diventata più una cosa per maschi amanti di football, birra e r’n’r”.

Non per niente i loro documentari si fermano sempre ai concerti di Knebworth del ‘96. In quegli anni mi è capitato ancora varie volte di vedere la formazione dei fratelli Gallagher che sicuramente hanno dato il meglio nel periodo dei primi due dischi. Proprio per questo rimango legato alla loro prima esibizione italiana a Milano che si tenne il 3 luglio del 1995. Forse memori dei successi inglesi il promoter italiano di allora pensò bene di farli suonare al vecchio Palalido (struttura capace di accogliere fino a 3.000 persone e che aveva una acustica devastante).

Purtroppo visto il periodo estivo e, diciamolo pure, una certa ritrosia del pubblico italiano per certe “next big thing” d’Albione la data fu spostata al meno capiente Rolling Stone. Nel pomeriggio ci fu anche un incontro con la band al Marriott Hotel dove Liam la fece da padrone, da vero spaccone. L’articolo che leggerete è del 1995 e fu pubblicato all’epoca dal quotidiano Il Manifesto (ringrazio Francesco Adinolfi per averci concesso la pubblicazione integrale).

L’intervista agli Oasis del 4 luglio 1995

Ecco gli Oasis. È la prima volta in Italia per la band che con un solo album, Definitely Maybe del ’94, ha impresso la svolta decisiva nel cambiamento della musica UK, sancendo il ritorno in classifica delle sonorità autoctone.

Nata a Manchester nel 91, la formazione comprende: i fratelli Liam e Noel Gallagher (il cantante e il chitarrista ex roadie degli altri mancuniani Inspiral Carpets), oltre a Paul Arthurs (chitarra ritmica), Paul McGuigan(basso) e Alan White (il nuovo batterista). È il gruppo che maggiormente aspira a ricoprire il ruolo che fu dei Beatles (e perché no dei Sex Pistols). Vogliono portare il pop britannico a una dimensione planetaria perché – come dichiara Liam durante un incontro avvenuto prima del loro concerto milanese – “siamo attualmente la più eccitante band al mondo: un gruppo che sa scrivere brani che saranno ricordati tra 10 anni. Un po’ come i Rolling Stones, i Kinks, gli Who o i Beatles”.

Ma gli Oasis sono profondamente immersi negli anni ’90: “Una svolta decisiva” – continua Liam – “si è avuta con band come Stone Roses, Happy Mondays e Inspiral Carpets. Mentre sul versante americano, a parte i Nirvana, non vedo un granché di interessante. Forse dipende molto dall’attitudine negativa che ha ispirato il fenomeno grunge”.

La band è in tour per presentare il nuovo album che uscirà in settembre. S’intitolerà (What’s The Story) Morning Glory? – prosegue Liam – e forse sarà il nostro penultimo album. Penso che tre sia il numero perfetto per una band a metà tra rock e pop”. In serata il Rolling Stone è stracolmo per questo unico show nazionale del gruppo.

Lo spettacolo è diviso tra materiale nuovo e vecchi hit. Si parte con l’inedito strumentale ’The Jam’ e la successiva b-side ’Acquiesce’. Ma qualcosa non va. La band non è in serata di grazia. Liam è stato male nel pomeriggio e Noel è arrivato solo all’ultimo momento per problemi legati al missaggio del nuovo album. Suoni decisamente pessimi. Si prosegue con Supersonic e la nuova Hello giocata su un ritornello caro a Gary Glitter. Poi ancora Some Might Say, Shaker Maker più lo stupendo nuovo singolo Roll With It.

E qui c’è la svolta: un impeccabile Slide Away apre la seconda metà del concerto in un crescendo impressionante. Ora ci sono: l’audio migliora e lo spettacolo cresce di spessore di minuto in minuto. Ancora inediti. Morning Glory, e Don’t Look Back In Anger cantata da Noel con Liam che abbandona il palco, all’insegna dello scarso feeling che c’è tra i due. E così via con gli inni all’eterno mito del rock (Live Forever e Rock & Roll Star) fino all’apoteosi finale con la cover dei Beatles I’m The Walrus.

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