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Non chiamatela popstar, Olivia Rodrigo è probabilmente molto più rock di voi

Il concerto all’Ippodromo SNAI San Siro della cantante statunitense ha confermato la sua unicità. Un live essenziale ed energico che, come la sua musica, avvicina i più piccoli a sonorità e immaginari da recuperare. Uno dei migliori degli I-Days Milano Coca-Cola 2025

  • Il16 Luglio 2025
Non chiamatela popstar, Olivia Rodrigo è probabilmente molto più rock di voi

Olivia Rodrigo ha tutte le credenziali per essere una popstar. Un passato nella fucina di Disney che, al netto di possibili esperienze al limite, forgia sempre degli animali da palcoscenico, un’esplosione precoce con due album che a soli 23 anni l’hanno portata in vetta alle classifiche mondiali. Addirittura a diventare headliner di festival come Glastonbury o a duettare con miti come David Byrne e Robert Smith. E poi il pubblico che è tendenzialmente molto giovane, si parte dai dodici anni e non si arriva oltre i quaranta: i più grandi spesso sono i genitori che hanno accompagnato figli e figlie. All’Ippodromo SNAI San Siro, fin dai set di girl in red e Wet Leg, prima che Olivia Rodrigo salisse sul palco degli I-Days Milano Coca-Cola, erano facilmente distinguibili tra i cappelli e le bandane violetto e la grande quantità di t-shirt dall’estetica anni ’90-00.

Ho giocato a immaginarmi i loro pensieri durante le varie esibizioni. Il rock sfacciato e sbarazzino della band inglese, fresca di pubblicazione del secondo album moisturizer di sicuro li avrà divertiti e stupiti. Mai quanto l’ingresso e l’inizio del live di Olivia. obsessed e ballad of a homeschooled girl hanno messo subito in chiaro una cosa. Stasera si canta, si salta e ci si sfoga con ritornelli pop-punk. L’artista californiana corre per tutto il palco. Imbraccia la chitarra elettrica, si sposta al pianoforte per poi ricominciare di nuovo a muoversi a destra e sinistra. I papà e le mamme che non si erano documentati troppo avranno capito che no, non sarebbe stato il classico concerto con ballatone e hit pop.

Teen angst

«La cosa che amo di più fare al mondo è suonare dal vivo e scrivere canzoni» ha detto Olivia Rodrigo al pubblico di Milano. E se si dovesse trovare un termine che racchiude tutto il suo mondo, sonoro ed estetico, è l’abusata ma quanto mai precisa espressione teen angst. Un misto di rabbia, preoccupazioni e innamoramenti repentini e dolorosi che la cantante è incredibilmente capace di tradurre in canzoni catchy ma mai banali. Prendete vampire, con quel suo inizio acustico e quasi a cappella – da brividi dal vivo – che la fa sembrare una ballad da radio e che poi si trasforma in un pezzo energico e trascinante.

I brani dei suoi due dischi da record, SOUR (2021) e GUTS (2023), dal vivo rendono il triplo. Grazie all’apporto di una band affiatatissima e senza l’ostacolo di un’impalcatura scenografica ingombrante che consente alla cantautrice di fare ciò che vuole sul palco, rivive in parte quel mondo magico di fine anni ’90 dove il rock, spesso il punk, si mescolava col pop. Con la differenza che qui è il presente. jealousy, jealousy, bad idea right? o la conclusiva get him back!, cantata con il megafono rosso ormai diventato una costante dei suoi live, raccontano uno spaccato (post)-adolescenziale. Si lotta con se stessi, con il mondo che non ci comprende e ci si rassegna al casino dei sentimenti incontrollabili.

Olivia Rodrigo porta sul palco, oltre che nelle sue canzoni, tutto il bagaglio di influenze che non sono altro che quella musica che i millennials adoravano e scoprivano su MTV. È impossibile non tornare con la testa ad Avril Lavigne e simili. Ed è anche per questo che non sono solo i ragazzi e le ragazze, i bambini e le bambine in alcuni casi, a cantare a memoria i testi e a saltare nei ritornelli. I ventenni e i trentenni riabitano per la durata del concerto la loro cameretta tappezzata di poster. Saltano di nuovo sul letto a ritmo di basso e chitarra. Sognano un grande palco.

Futuri possibili

Nel momento in cui sono comparse le fiamme durante brutal, o quando esplodeva il ritornello di all-american bitch, la mia immaginazione è volata di nuovo. Ho visto una marea di tredicenni e sedicenni iniziare a pogare. Una fantasia perversa, appunto, ma un’immagine che non avrebbe stonato nel contesto sonoro. Al di là di queste considerazioni che lasciano il tempo che trovano, è bello vedere un pubblico così giovane essere affezionato e trascinato da determinati suoni e immaginari ai quali oggi si appiccica spesso l’etichetta “nostalgia”. Sì, ci sono driver license, traitor e i brani più innamorati, sofferti e lenti, ma sempre cantati da dio dal vivo. Ma ciò che rimane dopo il concerto sono più la carica e la voglia di muoversi.

Olivia Rodrigo ha un approccio da rockstar sul palco e da idol con il proprio pubblico. Quando durante il bel momento chitarra e voce di enough for you i fan organizzatissimi hanno sollevato diversi cartelli con i versi di lacy «You’re made of angel dust» lei, stupita, ha ringraziato e ha preso appunti. Risultato: sul finale è tornata a sorpresa sul palco e ha aggiunto il brano alla scaletta. Le piace stare esibirsi, non le pesa e soprattutto non sembra avere paura di nulla. Scenografie inesistenti e una canzone dietro l’altra, con qualche breve dialogo col pubblico, e la dimostrazione che la durata di un concerto non è un indicatore di qualità. In un’ora e mezza ieri Olivia ha convinto tutti. Non è la classica popstar che ti aspetteresti. No, è la popstar rock che piace ai bambini, agli adolescenti e anche ai genitori che li accompagnano.  

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